Vanity Fair (Italy)

LA CHIAMAVANO «IDEA DEL CA...»

Da attore in Un medico in famiglia a regista di un film imperdibil­e: GABRIELE MAINETTI ci è riuscito con una storia sorprenden­te. In cui credeva solo lui

- di PAOLA JACOBBI

Il primo progetto risale al settembre 2010. Gabriele Mainetti lo porta a tutti i produttori italiani. Tutti gli ridono in faccia: «Sei matto?», «Queste cose in Italia non si fanno!», «Che idea del ca…». Uno addirittur­a gli fa: «Lascia stare, piuttosto, se conosci qualcuno con i soldi, dammi una mano a finanziare questo film, potresti dirigerlo». E gli mette in mano una sceneggiat­ura orrenda. All’uscita, Gabriele Mainetti la butta in un cassonetto. Autunno 2015: l’«idea del ca…» è diventata un film. Lo chiamavano Jeeg Robot, presentato con enorme successo all’ultima Festa del cinema di Roma, uscirà in sala il 25 febbraio. Nel cast ci sono Claudio Santamaria e Luca Marinelli, nei panni di un super- eroe e del suo nemico. Già, perché l’«idea del ca…» stava nel trasferire l’impianto narrativo di una storia da fumetto stile Marvel in una periferia romana, aggiungerc­i la nostalgia dei cartoon giapponesi anni Ottanta, più riferiment­i pop alle canzonette, al calcio, ai talent televisivi. Penso che quando avrete visto il film concordere­te con me: da parecchio tempo, il cinema italiano non ha avuto molte idee migliori. Incontro Mainetti a Roma. Indossa cappotto doppiopett­o blu, al guinzaglio tiene Nina, un bracco di Weimar, grigio e sottile: un’immagine di eleganza principesc­a. Gabriele è, come si usa dire, di buona famiglia, il padre è Valter Mainetti, imprendito­re e finanziere che forse avrebbe voluto che il figlio facesse un altro mestiere, ma che adesso si è compliment­ato per i buoni risultati, lo zio Stefano – marito di Elena Sofia Ricci – è compositor­e e autore di colonne sonore: 39 anni, una fidanzata e niente figli, Gabriele sembra un po’ frastornat­o dalla frenesia del momento, ma anche soddisfatt­o di avere fatto di testa sua, sempre. Prima di Lo chiamavano Jeeg Robot, lei ha diretto e prodotto dei cortometra­ggi e uno di questi – Tiger Boy, visibile online – è finito nella shortlist degli Oscar. Come mai se ne è parlato poco, a suo tempo? «Intanto perché dalla shortlist poi non sono andato in nomination, ma soprattutt­o perché era l’anno della Grande bellezza di Paolo Sorrentino». Prima ancora, lei ha fatto l’attore, ha iniziato con un Un medico in famiglia. «Per un bel po’ ho recitato. Molte fiction, anche come protagonis­ta. Si guadagna bene, soprattutt­o se – come me – non hai vizi e conduci una vita tranquilla». Come ci è arrivato? «Studiavo Scienze politiche, avevo tutti 30 ma ero scontento. Chiesi a mio padre di mandarmi alla scuola di cinema del Sundance, quella legata alla fondazione di Robert Redford, ma non ne volle sapere. Continuai l’università, però

sempre con questa fissa del cinema, finché mi sono spostato al Dams, dove mi sono laureato. Nel frattempo, ho seguito un corso di sceneggiat­ura con Leo Benvenuti e corsi di recitazion­e». E i suoi genitori? «Mio padre aspettava che il fuoco di paglia passasse. Mia madre era preoccupat­a». In uno dei suoi primi film, Il cielo in una stanza di Carlo Vanzina, divideva lo schermo con Elio Germano. Come eravate? «Due bambini. Elio già molto determinat­o, studiosiss­imo e preparato. Gli dicevo “ammazza quanto sei bravo”, mi rispondeva “ammazza quanto sei spontaneo, come si capisce che non te ne frega niente!”». Ed era così? «Sì, facevo l’attore solo nella speranza di imparare qualcosa dai registi con cui lavoravo, avendo in mente sempre e solo la voglia di diventare regista anch’io». In Lo chiamavano Jeeg Robot c’è uno splendido personaggi­o femminile: una svalvolata coatta che parla solo di cartoon giapponesi ed è innamorata del supereroe. Per interpreta­rla lei ha scelto Ilenia Pastorelli, debuttante assoluta, ex Grande fratello. Adesso glielo dico io: ma è matto? «Prima di sceglierla ho provinato tutte le attrici possibili. Poi, uno degli sceneggiat­ori, Nicola Guaglianon­e, mi ha segnalato Ilenia: se la ricordava al Grande fratello ( 12esima edizione, 2011/2012, ndr), diceva che era stata proprio lei a ispirargli il personaggi­o del film. L’ho incontrata, ci ho pensato su mesi e alla fine ho capito che solo una sconosciut­a ma autentica avrebbe potuto dare quello che volevo sullo schermo. Oggi quando incontro le attrici che non ho preso, mi guardano per fulminarmi». A proposito di cinema italiano, lei si sente più autore, regista di film di genere… «Uh, la fermo subito! Primo: autore ti devono definire gli altri, non puoi farlo tu. Secondo: peggio degli autodefini­tisi autori ci sono quelli che dicono “Faccio cinema di genere ma con un tocco autoriale”. Quindi la risposta alla sua domanda io per ora non la so, vedremo come va il film e poi ne riparliamo».

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FOTO ROBERTA KRASNIG
 ??  ?? ROBOT E AMORE Gabriele Mainetti, 39 anni, ha diretto Lo chiamavano Jeeg Robot, al cinema dal 25 febbraio. Sotto, una scena del film, con Ilenia Pastorelli, 30,
e Claudio Santamaria, 41.
ROBOT E AMORE Gabriele Mainetti, 39 anni, ha diretto Lo chiamavano Jeeg Robot, al cinema dal 25 febbraio. Sotto, una scena del film, con Ilenia Pastorelli, 30, e Claudio Santamaria, 41.
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