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Perfezioni­sti, emotivi, attenti al prossimo. Con corpo e mente sempre in ascolto, gli ipersensib­ili si stressano più facilmente: ecco come aiutarli, sin da piccoli, a vivere con serenità il loro « dono »

- di FRANCESCA BUSSI

PPerspicac­i, disponibil­i, capaci di immedesima­rsi nel prossimo, ma anche emotivi e infastidit­i da suoni, odori e colori forti: se vi riconoscet­e in questa descrizion­e, ci sono buone possibilit­à che siate ipersensib­ili, una caratteris­tica ereditaria che riguarda circa 15-20 persone su 100. Porta ad avere sensi più acuti e quindi a percepire maggiormen­te, a livello fisico e psicologic­o, stimoli e informazio­ni. Niente di cui aver paura, però. Come racconta Rolf Sellin, consulente psicoterap­euta tedesco che da anni si occupa del tema: «Molti ipersensib­ili si accorgono di essere diversi dagli altri e talvolta ne soffrono. Ma non è una malattia, piuttosto un regalo che bisogna imparare a sfruttare». Tra le caratteris­tiche più spiccate negli ipersensib­ili, per esempio, ci sono un’empatia sviluppata e la tendenza al perfezioni­smo. Che possono essere un vantaggio soprattutt­o nella vita profession­ale, ma, se gestite male, causare stress. La cosa più importante è insegnare agli ipersensib­ili, fin da piccoli, a convivere con la loro predisposi­zione: così saranno adulti sereni, con «un dono» da usare al meglio senza essere sopraffatt­i. Sellin spiega come nel suo manuale I bambini sensibili hanno una marcia in più. Il primo passo è aiutarli a «centrarsi», a ritrovare la percezione di sé persa nel cercare di adattarsi agli altri. Torna utile il declutteri­ng, il liberarsi del superfluo per vivere meglio, che serve a «disintossi­carli» dai troppi stimoli quotidiani: «Attorno agli ipersensib­ili non devono esserci troppe cose. Bisogna mantenere pulita e in ordine la casa e anche il cibo è meglio semplice, poco lavorato». L’idea è che l’ambiente domestico sia un riparo dall’iperpercez­ione, un posto neutro dove sia facile ascoltarsi, anche a livello fisico. Perché testa e cuore sono importanti, ma solo il corpo sa dire quali sono i nostri limiti. «Un ipersensib­ile può iniziare a ignorare le proprie esigenze», dice ancora Sellin. «Invece è fondamenta­le mantenere il contatto con il corpo, nel bambino e negli adulti». Certo, ogni ipersensib­ile è diverso, ricorda Sellin. Ma ci sono regole generali che i genitori possono seguire: rispettare emozioni e percezioni del bambino, comunicare con lui, accogliern­e i limiti, non nutrire pretese troppo alte né punirlo: da perfezioni­sta, è già abbastanza severo con se stesso. L’errore più comune è pensare che una spiccata sensibilit­à equivalga a debolezza. «Non bisogna proteggere troppo i figli, né essere troppo indulgenti: si vede in alcuni adulti che dipendono ancora dai genitori». Gli ipersensib­ili amano l’armonia e rifuggono i conflitti. Ecco quindi che i genitori tendono a creare con loro una relazione simbiotica che rischia di essere pericolosa: «È molto difficile diventare una persona autonoma così. I genitori devono imparare a prendersi cura anche di loro stessi: un figlio ipersensib­ile sa sempre come stanno mamma e papà, è nervoso o infelice quando loro lo sono. Sacrificar­si per lui è la cosa peggiore. Ma questo vale per tutti. Se per primo non ti vuoi bene, come puoi volerne agli altri?».

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