Sento tutto
Perfezionisti, emotivi, attenti al prossimo. Con corpo e mente sempre in ascolto, gli ipersensibili si stressano più facilmente: ecco come aiutarli, sin da piccoli, a vivere con serenità il loro « dono »
PPerspicaci, disponibili, capaci di immedesimarsi nel prossimo, ma anche emotivi e infastiditi da suoni, odori e colori forti: se vi riconoscete in questa descrizione, ci sono buone possibilità che siate ipersensibili, una caratteristica ereditaria che riguarda circa 15-20 persone su 100. Porta ad avere sensi più acuti e quindi a percepire maggiormente, a livello fisico e psicologico, stimoli e informazioni. Niente di cui aver paura, però. Come racconta Rolf Sellin, consulente psicoterapeuta tedesco che da anni si occupa del tema: «Molti ipersensibili si accorgono di essere diversi dagli altri e talvolta ne soffrono. Ma non è una malattia, piuttosto un regalo che bisogna imparare a sfruttare». Tra le caratteristiche più spiccate negli ipersensibili, per esempio, ci sono un’empatia sviluppata e la tendenza al perfezionismo. Che possono essere un vantaggio soprattutto nella vita professionale, ma, se gestite male, causare stress. La cosa più importante è insegnare agli ipersensibili, fin da piccoli, a convivere con la loro predisposizione: così saranno adulti sereni, con «un dono» da usare al meglio senza essere sopraffatti. Sellin spiega come nel suo manuale I bambini sensibili hanno una marcia in più. Il primo passo è aiutarli a «centrarsi», a ritrovare la percezione di sé persa nel cercare di adattarsi agli altri. Torna utile il decluttering, il liberarsi del superfluo per vivere meglio, che serve a «disintossicarli» dai troppi stimoli quotidiani: «Attorno agli ipersensibili non devono esserci troppe cose. Bisogna mantenere pulita e in ordine la casa e anche il cibo è meglio semplice, poco lavorato». L’idea è che l’ambiente domestico sia un riparo dall’iperpercezione, un posto neutro dove sia facile ascoltarsi, anche a livello fisico. Perché testa e cuore sono importanti, ma solo il corpo sa dire quali sono i nostri limiti. «Un ipersensibile può iniziare a ignorare le proprie esigenze», dice ancora Sellin. «Invece è fondamentale mantenere il contatto con il corpo, nel bambino e negli adulti». Certo, ogni ipersensibile è diverso, ricorda Sellin. Ma ci sono regole generali che i genitori possono seguire: rispettare emozioni e percezioni del bambino, comunicare con lui, accoglierne i limiti, non nutrire pretese troppo alte né punirlo: da perfezionista, è già abbastanza severo con se stesso. L’errore più comune è pensare che una spiccata sensibilità equivalga a debolezza. «Non bisogna proteggere troppo i figli, né essere troppo indulgenti: si vede in alcuni adulti che dipendono ancora dai genitori». Gli ipersensibili amano l’armonia e rifuggono i conflitti. Ecco quindi che i genitori tendono a creare con loro una relazione simbiotica che rischia di essere pericolosa: «È molto difficile diventare una persona autonoma così. I genitori devono imparare a prendersi cura anche di loro stessi: un figlio ipersensibile sa sempre come stanno mamma e papà, è nervoso o infelice quando loro lo sono. Sacrificarsi per lui è la cosa peggiore. Ma questo vale per tutti. Se per primo non ti vuoi bene, come puoi volerne agli altri?».