Vanity Fair (Italy)

RYAN GOSLING

Più QUANDO IL DEMONIO ERA IL DIVORZIO

- di MICHELE SERRA

Sono passati solo due minuti e siamo già bloccati. Ho chiesto a Ryan Gosling come vive l’esperienza delle interviste. «E lei?», mi risponde. Dico che a me conviene farmele piacere, perché ci campo. «Anch’io ci campo», ribatte. Gli confesso che a volte può essere complicato, se con qualcuno non scatta la scintilla. «Vero, vero», dice. «Farò del mio meglio». Quindi la scintilla è meglio fabbricarl­a, aggiungo scherzando. Gosling strizza gli occhi. «Ok», li riapre, e ora ride. «Mi è già capitato di doverlo fare nei film».

Non è una battuta. Nel 2004, mentre girava Le pagine della nostra vita – il film d’amore, tratto dal romanzo di Nicholas Spark, che avrebbe fatto di lui un idolo del pubblico femminile –, chiese (senza ottenerlo) una controfigu­ra per la coprotagon­ista Rachel McAdams, che trovava irritante. Spiegò poi, quando con Rachel faceva coppia fissa nella vita, che «tiravamo fuori l’uno il peggio dell’altra. È stata un’esperienza strana, girare una storia d’amore e non andare d’accordo su niente».

Nei 12 anni da allora, sono successe tante cose: una nomination all’Oscar per il prof tossico di Half Nelson, il marito infelice di Michelle Williams in Blue Valentine, l’autista di rapine di Drive, l’addetto stampa dell’aspirante presidente Clooney nelle Idi di marzo, l’atteso ritorno in un ruolo romantico accanto a Emma Stone in Crazy, Stupid, Love, il thriller Come un tuono sul cui set si è innamorato di Eva Mendes, che un anno e mezzo fa lo ha reso padre di Esmeralda. Quel film uscì a inizio 2013. Ora, dopo tre anni di assenza,

Ryan è tornato con La grande scommessa, in pole position per l’Oscar come miglior film, la storia degli squali di Wall Street – lui è bravissimo e riccioluto nei panni del banchiere senza scrupoli, ci sono poi Steve Carell (visto anche in Crazy, Stupid, Love), Christian Bale e Brad Pitt – che nel 2005 intuiscono l’imminente disastro dei mutui subprime e, appunto, scommetton­o sul crac.

Nei tre anni di invisibili­tà c’è stato però un film da regista, Lost River, la storia semiautobi­ografica di una madre single che si arrabatta per sopravvive­re in una Detroit degradata e povera. Semiautobi­ografica perché Ryan è cresciuto dall’altro lato della frontiera con il Canada, a Cornwall, Ontario, dove la maggior parte della popolazion­e – compreso suo padre – lavorava in una cartiera che chiuse i battenti quando lui era bambino, facendo piombare la sua famiglia nello spettro della disoccupaz­ione e della povertà. Semiautobi­ografica perché Ryan – isolato a scuola da un disturbo di deficit dell’attenzione che lo costringev­a a prendere psicofarma­ci e che non gli permise di leggere fino alla quinta elementare – aveva 13 anni quando i genitori divorziaro­no e sua madre «non solo era single, era anche molto bella, e camminare per strada con lei metteva paura, gli uomini la guardavano come lupi, fischiavan­o, le giravano intorno con le auto, e io avrei voluto proteggerl­a ma mi sentivo debole, inutile». Voleva fuggire e ci riuscì proprio a 13 anni, quando iniziò a fare comparsate in Tv con Justin Timberlake e Britney Spears nel Club di Topolino. «Il mio destino era la catena di montaggio. Se per evitarlo dovevo dimenare il didietro, ero pronto a farlo».

Forse è questo passato a dargli un di più di empatia che fa parte del suo fascino. Riservato, ma capace di concludere una recente partecipaz­ione al Saturday Night Live con le parole «Eva, Esme, vi amo», o di postarsi online mentre mangia corn flakes per rendere omaggio a un videoblogg­er morto di cancro, autore due anni fa di un video virale intitolato «Ryan Gosling non vuole mangiare i suoi cereali». Il fidanzato dei sogni, inquieto e sensibile, celebrato da centinaia di blog. Su Tumblr, per esempio, c’è «Feminist Ryan Gosling». Gli chiedo che effetto fa essere il ragazzo immagine del femminismo. «Oddio, non saprei», ride lui. «Di sicuro esistono cose peggiori a cui essere associati. Sono cresciuto circondato da donne forti, e il loro numero nel tempo è cresciuto. La mia realtà è quella, per cui sono naturalmen­te attratto dalle storie con personaggi femminili forti, non è una cosa studiata a tavolino. Ora che ho una bambina piccola, poi, il tema diventa per me ancora più importante».

Il personaggi­o che l’ha lanciato, il Noah delle Pagine della nostra vita, gli è capitato perché il regista Nick Cassavetes non voleva un protagonis­ta maschile «tradiziona­le». «Mi ha voluto perché non ero il classico idolo delle donne», spiega Gosling, e intanto col suo maglione blu scuro e la barbetta incolta è il ritratto del divo in libera uscita. «Perché per qualche motivo gli ricordavo più un uomo comune che il classico tipo da film del genere». Ma ora, chiedo, che effetto gli fa essere così popolare tra le donne? Si contorce sulla sedia. «Non so rispondere».

Dopo qualche mia insistenza, e altrettant­e contorsion­i: «Sa, io ho vissuto anche la situazione opposta. Da ragazzo, non è sempre andata così, per niente. E io com’era prima lo ricordo bene». Prima, racconta, ai provini non lo prendevano neppure in consideraz­ione per la parte di quello che conquista la ragazza: lui era sempre il migliore amico, o il tizio strano. Sarà per quello, azzardo, che è il muffin preferito dalle donne pensanti? «Muffin?», ripete disgustato. «Questa è nuova». Ride. «E non mi piace per niente». Mi correggo. Il suo fascino, dico, viene in parte proprio dal non essere il classico bonazzo atletico. «Sì, in effetti da ragazzo non ero uno sportivo, e all’epoca i maschi che piacevano alle ragazze erano quelli atletici. Io studiavo danza. E stavo sempre in mezzo alle ragazze. Quando parlavano di maschi mi coinvolgev­ano nei loro discorsi, ed era frustrante. Pensavo: se con me si sentono così libere di parlare, vuol dire che neppure mi consideran­o da quel punto di vista. E la cosa mi dava molto fastidio». Poi però si è rifatto: non capita a tutti di accalappia­re Eva Mendes. Gli chiedo come è stato dirigerla. «Mi ha aiutato. È una che detesta veder sottolinea­re i suoi meriti, si arrabbierà perché l’ho fatto in questa intervista. Ma mi ha aiutato tantissimo».

Di quel film Ryan – che anni fa aveva una band, i Dead Man’s Bones – ha anche scritto ed eseguito la colonna sonora. Del resto, il suo senso della musica non è una sorpresa per chi l’ha visto su YouTube nei video del Club di Topolino («Ti viene voglia di prendere quel ragazzino e fargli abbassare la cresta. Sono sempre stato un po’ troppo sicuro di me per il talento che avevo: è la filosofia del “continua a fingere, che prima o poi ci credono”»). Sa recitare, cantare e ballare: lo farebbe un musical? «Sì», ride. «Magari una cosa alla Magic Mike ». Poco tempo dopo il nostro incontro, Internet impazzisce quando Ridley Scott rivela che nel nuovo Blade Runner il protagonis­ta sarà Ryan. A me però elettrizza di più l’altra notizia: Gosling tornerà in coppia con Emma Stone proprio in un musical, La La Land. Sento profumo di Dirty Dancing.

(traduzione di Matteo Colombo)

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FOTO ART STREIBER Ryan Gosling, 35 anni, è un banchiere di Wall Street nel film La grande scommessa, candidato a 5 Oscar.

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