ZERO ASSOLUTO, RITORNO A SANREMO
Alla vigilia del suo terzo Festival, MATTEO MAFFUCCI degli Zero Assoluto ha deciso di confessarsi con il «suo» giornale. Tramontata l’era dello «scannatoio», è arrivato il tempo dell’amore. Ma anche dell’indignazione, del barbiere settimanale e, «quando s
Per quando un single spensierato – in genere maschio – di lungo o lunghissimo corso decide finalmente di fidanzarsi, esistono due scuole di pensiero. C’è la mozione «ha messo la testa a posto»: stufo di storielle e dell’ormai trita libertà da scapolone, il ragazzo sente la mancanza di una storia «seria» et voilà, appare all’orizzonte una fortunata. E c’è, viceversa, la lettura fatalista: «Ha incontrato quella giusta», e il cambio vita è solo merito di quell’incontro. Se sulla svolta interiore del protagonista sono basati interi romanzi di Fabio Volo, il suo quasi coetaneo, Matteo Maffucci, 37 anni – metà degli Zero Assoluto, fondati nel 1995 con il compagno di scuola Thomas De Gasperi, nonché giornalista per Vanity Fair e scrittore – non ha dubbi: «Questo è l’unico campo in cui regna il fato, decidere a monte è triste e impoetico. Ti puoi programmare una partita al calcetto, non l’incontro con Cupido. Le persone che lo fanno, le donne che dicono “cerco un fidanzato”, ammazzano la poesia. Anche perché poi l’amore è un lavoro: attenzione ai tempi e agli orari dell’altro, complicità, rispetto. Queste cose si costruiscono, mica vengono da sole». Una bella svolta, per uno che nemmeno tre anni fa, sulle pagine di Vanity Fair, raccontava a Chiara Gamberale le gioie della vita da scapolo e dello «scannatoio» in condivisione con l’amico di sempre Andrea, ribadendo che «sarò un po’ adolescente fino a 80 anni»; e che oggi, appunto, vive invece «con una donna che mi capisce, che tollera i miei ritmi e pur facendo un lavoro diversissimo, perché ha una società che organizza eventi, accetta che io, per esempio, d’estate non la porto al mare ma sono in giro per concerti. L’importanza di queste cose la capisci non a 21 anni, ma a 35, però ti cambia la vita. A me del mio passato non manca niente». Nemmeno lavorativamente: gli Zero Assoluto tornano a Sanremo per la terza volta con Di me e di te. E con la cover di Goldrake, la sigla del cartone animato che ha cresciuto quasi tutti i nati negli anni Settanta e Ottanta. «Delle canzoni è inutile parlare prima di suonarle, ma vorrei solo dire che in queste crediamo moltissimo. E grazie, dirà lei. Ma queste hanno superato a pieni voti il test degli “ascoltatori zero”».
E chi sarebbero? «Per Goldrake, il parere più lusinghiero è del maestro Vince Tempera, che ha scritto l’originale. Ci ha mandato un sms con la sua benedizione, prima ancora di averla ascoltata. Invece per i brani scritti da noi abbiamo un gruppo d’ascolto di genitori, sorelle, nipoti under 12 che non sbagliano un colpo. Tra i più fidati c’è il mio amico Andrea, gentile ma severissimo. Capisco se un pezzo è deboluccio se lui dice “carino”, ma poi non ne vuole una copia da sentire per sé. E anche il mio barbiere Renato, dove vado tutte le settimane, che è anche il primo lettore degli articoli che scrivo per Vanity. Se non lo convincono, cambio sempre qualcosa». Il barbiere settimanale. Che rito vintage. «Irrinunciabile. E ne ho uno ancor più vintage e ancor più irrinunciabile: mi compro, e leggo, quattro quotidiani al giorno. Sono di quelli che salda il conto con l’edicolante ogni sei mesi, che ritaglia gli articoli che gli piacciono e li mette in una cartellina. Che si incazza a ogni pagina per le notizie che legge». Per esempio? «La finta rinfrescata dell’establishment. Tutti giovani, tutti freschi, ma appena entri in politica impari l’arte del compromesso, come i vecchi. L’opposizione che è una recita, che non esiste. E Renzi ci prova anche a essere sul pezzo, ma poi la lentezza con cui arrivano i fatti, le riforme, è disperante. Al contrario della gente comune, che è attiva, piena di iniziative, anche grazie alla crisi. Sono circondato da persone che si inventano nuove vite, nuovi lavori, che si offrono persino di pulire la città dove vivono perché gli amministratori non lo fanno. Le sembra giusto?». È senso civico. «Forse, ma è svilente. Io a Roma sto in una bella zona, dietro a Villa Ada. Ma il problema monnezza l’abbiamo pure noi. Quelli del mio condominio si sono radunati per organizzare turni di pulizia, ma non paghiamo già le tasse per questo? E anche per i mezzi pubblici, che praticamente non esistono? Roma, mi spiace dirlo, è una suburra invivibile. Il ritratto che ne danno i media quasi non è abbastanza. Marino doveva resettare tutto, non ha resettato nulla. La città è sfiorita, tutto è concentrato a Milano: l’editoria, le case discografiche... Ti viene voglia di andartene pure tu». O di scrivere una canzone «impegnata». «Difficile. Alla fine l’ispirazione non ci visita mai sulle cose politiche. Ogni tanto viene un guizzo e ci mettiamo lì, ma poi il tema più forte, quello che trattiamo con più serietà, sono gli stati d’animo, le relazioni. Anche nei miei romanzi finisco sempre a parlare di quello». Nel 2008, a trent’anni, aveva appena firmato il quarto. E dice
va: «Mi mancano due esami alla laurea e vorrei fare una tesi su YouPorn». Com’è finita? «Sono un po’ cresciuto. Gli esami mancano sempre, ma magari la tesi la farei su altro. Oddio, siti come quello hanno cambiato molte cose. Tolto molte ansie ma anche molti brividi. Se a 16 anni avessi avuto Netflix, la Playstation e il porno sul cellulare.. forse non avrei combinato niente. Non invidio i ragazzini di oggi. Ma soprattutto non invidio i loro genitori. Già è sempre stato un lavoro complicato, oggi mi sembra un’impresa». Parla a titolo personale? «No, dico solo che la fortuna fa la sua parte: tu puoi anche essere un bravissimo genitore, ma perché un figlio cresca bene serve anche una dose di culo. Detto ciò, io adoro i bambini. Non ne abbiamo per ora, ma non ho paure o preclusioni, anzi. Però anche loro, come gli amori, non li decidi. Arrivano quando è il caso».