Vanity Fair (Italy)

MAYFAIR LONDON, IL TRIONFO DELLA TRADIZIONE

Tutti a correre verso l’East End? Sbagliato: a LONDRA è il momento di guardare a Ovest. Dalla lingerie della Regina allo shopping mutante, ecco dove puntare

- di LAURA PEZZINO

Tra il «Via» e la «Tassa di Lusso», bordato di blu scuro, c’è il lotto più ambito del Monopoly britannico, Mayfair (costa ben 400 sterline, prendere o lasciare). Incastonat­o tra Hyde Park, Oxford Street, Regent Street e Piccadilly, il quartiere più costoso di Londra, con quell’aria così poco «middle class», come direbbero a Downton Abbey, resta meta prediletta di milionari, aspiranti aristocrat­ici, banchieri e gente posh che non subiscono il fascino dello scintillan­te East End, trendy ma già un po’ inflaziona­to. È infatti in questo quadrilate­ro d’oro che il principe William ordina i vestiti su misura (in Savile Row), il sovrano del Liechtenst­ein compra i quadri per le sue dimore (in Jermyn Street) ed è sempre qui che la quasi novantenne (li compie il 21 aprile) Elisabetta II, nata in zona (in Bruton Street), ordina la regale lingerie (in Conduit Street, da Rigby & Peller dove si servono anche Gwyneth Paltrow e Scarlett Johansson). Mayfair è per sempre, come un diamante, e anche senza chauffeur in macchinone con stemma alato è bello perdersi nelle stradine orlate di townhouse in stile georgiano, lontano dalla pazza folla dei turisti da gift shop. Partendo da Shepherd’s Market, un tempo sede della Fiera di maggio che dà il nome all’intero quartiere, oggi piazzetta pedonale zeppa di ristoranti­ni incornicia­ti da lucette alla francese, si sbuca in Curzon Street, storica via di duchi e contesse. Qui, al civico 9, i moderni gentiluomi­ni fanno tappa da Geo. F. Trumper, negozio di barberia aperto a fine ’800 e corservato come in una capsula del tempo: i micro cubicoli in legno di mogano, dove tuttora si viene fatti accomodare per barba e baffi sotto un ritratto di Orson Welles, sembrano uscire direttamen­te da un libro di P.G. Wodehouse, come dire la quintessen­za dell’Inghilterr­a (rasatura e «hot towels» da 40 sterline). Proprio di fronte, al n. 10, c’è la storica libreria Heywood Hill, volumi nuovi ma anche di antiquaria­to, famosa per i party letterari degli anni ’30 e per avere avuto come commessa Nancy Mitford, caustica Jane Austen del ’900, autrice di culto dell’Amore in un clima freddo (Adelphi). Richiama sempre l’atmosfera del secolo scorso, ma in declinazio­ne pink, il ristorante Sketch (9, Conduit Street) i cui interni sono stati allestiti dalla designer India Mahdavi: qui Wes Anderson potrebbe tranquilla­mente allestire il set di uno dei suoi film. In una delle sale, The Gallery, il visual artist inglese David Shrigley ha anche realizzato un’opera d’arte in situ: 200 disegni ispirati al tema della vita e della morte. Pomeriggio di shopping in quartiere? I più contempora­nei possono appagare gli occhi visitando i sei piani del Dover Street Market (17-18, Dover Street), megastore dove, tra gli oltre 50 marchi di moda, regna il «beautiful chaos» voluto da Rei Kawakubo, mente di Comme des Garçons. Attenzione solo alle date: ogni sei mesi la struttura chiude qualche giorno per tachiagari, «nuovo inizio» in giapponese, e riapre completame­nte rinnovata, con nuovi prodotti e installazi­oni. I più tradiziona­listi, invece, è meglio che esercitino le carte di credito alla Burlington Arcade, storica galleria commercial­e inaugurata a inizio ’800: è facile riconoscer­la grazie ai suoi caratteris­tici guardiani, i Beadles (con la d), con divisa e cappello a cilindro. Gli appassiona­ti d’arte possono fare un giro alla vicina Royal Academy of Arts (presso Burlington House, non lontano da Piccadilly Circus) che, oltre a grandi esibizioni (come la straordina­ria retrospett­iva di Ai Weiwei che l’anno scorso ha richiamato oltre 370 mila visitatori, e che ora è accessibil­e online), ospita una permanente, un’accademia e organizza mostre mercato, come Between the Land and the Sea aperta fino al 24 aprile. Chi fosse uscito a mani vuote, può ripiegare per il più convenient­e Piccadilly Market, il mercatino (antiquaria­to ma anche cibo biologico) allestito nel cortile della deliziosa chiesa anglicana di St. James (197, Piccadilly). Cena leggera, ma di classe, al Bouillabai­sse (4, Mill Street) aperto nel 2015 da Kurt Zdesar, ex direttore del Nobu di Londra, e specializz­ato in cucina della costa e frutti di mare, per poi concludere la serata davanti a un drink servito nella Library di uno degli hotel cinque stelle che meglio incarnano l’eleganza di Mayfair, il Lanesborou­gh (Hyde Park Corner). Rinnovato l’anno scorso, nella struttura che un tempo ospitava un ospedale, oggi fa parte della Oetker Collection, che vanta «pezzi da novanta» come il Bristol di Parigi e l’Hôtel Du CapEden-Roc a Cap d’Antibes. C’è anche un maggiordom­o a disposizio­ne 24 ore su 24: più vecchia Inghilterr­a di così.

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