Vanity Fair (Italy)

E ORA TOCCA A NOI

Una scrittrice ci invita a scalare le Pareti Domestiche (del cuore). Come fossero Cime Tempestose

- di CHIARA GAMBERALE

Se c’è una cosa che ho imparato dall’amore è che è un inganno. E una benedizion­e. Ma è pure l’unico modo che abbiamo per orientarci fra il pericolo e la verità: insomma, per fare quella cosa lì. Cambiare. Mai come adesso me ne rendo conto: così, adesso, ho scritto Adesso. Un libro nato proprio dall’urgenza di sostituire con le parole quella vertigine che confonde i nostri desideri con le paure. Lo sapete anche voi, vero? Quanto è naturale sentirla, specie se a essere felici ci avevamo provato una, magari due volte, e ormai abbiamo un rumore di cose che si rompono al posto del cuore. Va da sé che quello che più ci spaventa è proprio quello a cui aspiriamo. L’amore, appunto. E Adesso è il mio primo romanzo sfacciatam­ente d’amore: anzi, sull’amore. Sulla probabilit­à che fra sette miliardi di persone che in ogni istante s’incontrano, mentre una ne insegue un’altra e quella insegue se stessa: ecco. Tocchi di nuovo a noi. Non aspettavam­o altro? Sì. Siamo terrorizza­ti? Sì. Daremo il nostro meglio? Probabilme­nte. Daremo il nostro peggio? Sicurament­e. Fatto sta che i miei protagonis­ti, Lidia e Pietro, entrambi reduci da relazioni lunghe e controvers­e, anziché continuare a fuggire, adesso si fermano. Ma, attraverso loro, volevo che i veri protagonis­ti fossero i nostri cuori spappolati, i nostri corpi stanchi, le nostre mani, i nostri pensieri feriti proprio da quello che avrebbe dovuto ripararci per sempre – l’amore. E che, nonostante tutto, ci riprovano. Perché se al per- sempre abbiamo smesso di credere, di mai-più rischiamo di ammalarci: e allora, forza. Accogliamo quest’adesso che non è prima di niente e dopo niente, è solo adesso, dopo il dolore, prima del dolore, finalmente è adesso, un qualcosa in cui rimanere mentre c’è, senza fuggire, perché è una fuga in sé, senza sperare, perché è in sé una speranza. Accogliamo questo nuovo inganno, questa nuova benedizion­e. Anche se ci siamo già fatti davvero male e niente sarà com’è stato, proprio perché ci siamo fatti male e niente sarà com’è stato. Naturalmen­te non sono facili le cose per Pietro e Lidia, tanto che, esasperati dall’incertezza, arriverann­o a scambiarsi un curriculum sentimenta­le con tanto di referenze degli ex, e ogni volta che uno slancio li porterà più vicini, un timore, una riserva, un vizio che spacciano per abitudine rischierà di allontanar­li e di tirare fuori tutto quello che, di buio e lontano, ognuno dei due era impegnato a soffocare. Ma il mio tentativo è stato raccontare il tentativo di farcela. Perché ormai, dell’amore, abbiamo capito anche che non può fare tutto da solo. E che, anzi, più ci si ama e più è alto il rischio di perdersi, sempre pronti come siamo a evadere da quello che ci è più caro con una frenesia o un ricordo, l’iPhone in una mano, nell’altra un indirizzo dove non andremo mai, ma chissà. Insomma: a me pare evidente che le vere Cime Tempestose, oggi, siano le Pareti Domestiche. Non mi pare più così romanzesca l’impossibil­ità di stare insieme: mi pare romanzesca la possibilit­à. Di restare dove siamo mentre ci siamo. Di consegnarc­i a qualcuno, anziché darci in prestito a tutti, come insistono a fare i personaggi che circondano Lidia e Pietro e che, mentre scrivevo, sono stati necessari per ricordarmi quella smania comunque in agguato, da qualche parte di noi. Perché amarsi è un’impresa. Ma continuare a incrociare persone senza che nessuna abbia mai a che fare davvero con la nostra vita è una condanna, un’allucinazi­one. Forse quindi il momento per buttarsi di nuovo in quell’impresa arriva per tutti, prima o poi. Forse quel momento è adesso.

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