Com’è sexy il rock
Figlia d’arte cresciuta nel mondo della musica, in Vinyl, la serie Tv sulla New York anni ’70, JUNO TEMPLE è una talent scout. E dal suo personaggio ha imparato qualcosa sulla forza delle donne
Figlia del regista Julien Temple autore, tra gli altri, del film Absolute Beginners e di un bel documentario sul festival di Glastonbury, Juno è così tanto cresciuta con la musica nel sangue che la sua presenza in Vinyl (dal 15 febbraio su Sky Atlantic HD, prima puntata in contemporanea con gli Stati Uniti alle 3 di notte e poi ogni lunedì alle 21) è quasi d’obbligo. Nella serie ideata e prodotta da Mick Jagger e Martin Scorsese (regista anche dell’episodio pilota di quasi due ore) sulla scena musicale newyorkese degli anni ’70 interpreta la spigliata Jamie Vine, scopritrice di talenti all’interno nella casa discografica guidata dal protagonista Richie Finestra (Bobby Cannavale). Ci racconti il suo personaggio. «Innamorata del lavoro e della musica, coraggiosa e senza paura di dire le cose che pensa. Ho imparato molto da lei». È la sua prima volta televisiva. Come è andata? «La cosa bella di una serie è rimanere col personaggio a lungo: è un’esperienza elettrizzante, così come scoprire ogni settimana che cosa gli succederà. L’altra cosa positiva è essere diretta da diversi registi: da ciascuno di loro impari qualcosa». Quanto sono importanti trucco e abiti in una serie ambientata negli anni ’70? «Fondamentali. E in Vinyl tutto è perfetto, l’attenzione per i dettagli è assoluta. Il modo in cui gli abiti dell’epoca fasciano il corpo, poi, mi ha fatto sentire ancora più sexy. Erano vestiti fatti per accentuare la femminilità: le donne scoprivano la pillola anticoncezionale e con quella un modo diverso di vivere la sessualità». Li considera anni interessanti anche dal punto di vista sociale? «Sì, soprattutto per le donne che, oltre al sesso libero, scoprivano anche di essere brave quanto gli uomini sul lavoro, se non addirittura migliori di loro». La musica di oggi le piace? O preferisce quella di Vinyl? «Non ascolto molta musica attuale, lo ammetto. La trovo inutilmente volgare, con tante parole dette solo per scioccare. Le canzoni anni ’70 raccontavano una storia, che parlassero di sesso, politica, droga, qualsiasi cosa. Ma pur sempre una storia».