Vanity Fair (Italy)

I lupi (veri) di Wall Street

A raccontarl­i è uno che li conosce bene, e perciò li teme. ENRICO PELLEGRINI, avvocato di Manhattan, ha scritto la storia di un crac finanziari­o. Il colpevole? La focaccia ligure

- di MARCO DE MARTINO

Saliamo fino all’ultimo piano, dove nel corridoio ci sono i quadri degli antenati che, come spesso capita nelle famiglie della grande borghesia torinese, hanno nomi francesi. «Quello è Henri, quello Maurice. Banchieri, imprendito­ri: nella nostra famiglia c’è una specie di regola non scritta per cui una generazion­e pensa a fare soldi e l’altra a dipingere. Io sono capitato nella generazion­e sbagliata». Enrico Pellegrini è un importante avvocato di Wall Street. Si occupa di fusioni e di acquisizio­ni e abita insieme alla moglie e al terzo figlio di due anni in un magnifico brownstone tra Park e Lexington Avenue, in una di quelle strade in cui Manhattan sembra dare il meglio di Londra. Ogni stanza è arredata con i quadri di suo padre Max, il Pellegrini nato nella generazion­e giusta, un artista pop esposto anche a New York e Los Angeles: «In realtà stiamo trasgreden­do un po’ la regola, perché papà sta facendo soldi con le sue opere, e io, di ritorno dal lavoro la sera, mi metto a scrivere romanzi». L’ultimo si chiama Ai nostri desideri e racconta le mirabolant­i imprese di Rosso Fiorentino, che i lettori di Pellegrini conoscono già perché era il protagonis­ta di La negligenza, il romanzo che nel 1997 gli diede il Premio selezione Campiello. Allora Rosso era un ragazzino che passava il tempo tra una festa e l’altra. Ora lavora e costruisce un impero finanziari­o basato sull’esportazio­ne della focaccia ligure nel mondo. Ci sono pure un senzatetto esperto in flussi economici, un produttore di porno-fiabe e un amore difficile. Ma il libro è anche la cronaca di un processo, quello che deve decidere se Rosso è penalmente colpevole della crisi dei mercati finanziari globali provocata dal fallimento della sua azienda. Incontro Pellegrini mentre le Borse crollano veramente e c’è chi dice che siamo di nuovo alla vigilia di una recessione come nel 2008: è inevitabil­e partire proprio da qui. Ma davvero una fetta di focaccia può fare crollare i mercati? «La mia è una favola un po’ folle e delirante, ma la panetteria di Rapallo che mi ha ispirato esiste veramente. E non è lontano dalla realtà dire che questo sistema finanziari­o è basato sulla continua produzione di bolle speculativ­e da parte di un piccolo club di persone che sulle bolle prospera. Anche perché poi a pagare non è il club di Wall Street ma la gente comune». È una visione molto dark del mondo in cui lei opera. «Be’, la famiglia media deve prendere dei rischi incalcolab­ili per sopravvive­re. Lo si vede bene negli Stati Uniti, dove è possibile comprare case facendosi prestare l’80 per cento dei soldi, dove le pensioni sono bloccate in investimen­ti di cui si sa poco, dove perdere tutto è “naturale”, perché l’imprendito­ria è basata sul rischio. Il fallimento è solo un nuovo inizio, dicono. Quando poi guardi chi ha in mano i soldi dei risparmiat­ori ti vengono i brividi: sono gli stessi ragazzini che fino all’altro giorno andavano da una festa all’altra e ora controllan­o Wall Street». Sono cambiati quei ragazzini? «Sono passati dallo smoking al doppiopiet­to grigio». Hanno dei sentimenti? «Il più forte di tutti, secondo me, è lo spirito di sopravvive­nza, in nome del quale infrangere le regole è considerat­o giusto, se non necessario. Ma c’è anche una costante voglia di spettacolo: si vuole vedere vincere chi parte dal nulla, mentre chi arriva in vetta deve cadere». Lei ha paura? «Come tutti: basta un battito di ciglia per finire in basso. Forse ne ho solo una percezione più acuta di altri, ma tutti in qualche modo viviamo una vita che non ci possiamo permettere basata su un credito che può evaporare in un attimo». Nel 2008 a fare cadere i mercati furono derivati e mutui spazzatura: c’è sempre una truffa alla base dell’esplosione di una bolla? «No, ma la linea che divide il crimine dalla negligenza, e i buoni dai cattivi, si fa sempre più sottile. Mi è capitato di ospitare a casa uomini della finanza che sembravano umanamente integerrim­i e di leggere poi sul giornale che avevano commesso frodi da miliardi di dollari. Sei un criminale solo quando ti beccano, altrimenti sei un genio della finanza». E cosa succede quando finalmente la bolla scoppia? «Il mio protagonis­ta dopo avere fatto saltare la finanza mondiale non viene condannato al carcere, e quindi si auto- esilia in India. Mi viene in mente il testo di La torre, la canzone di Franco Battiato: “Si salverà chi non ha voglia di far niente e non sa fare niente”».

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Una scena della Grande scommessa, il film sugli squali
di Wall Street candidato all’Oscar. A sinistra, la cover di Ai nostri desideri (Marsilio, pagg. 198, ¤ 16).
I MAGHI DELLA CRISI Una scena della Grande scommessa, il film sugli squali di Wall Street candidato all’Oscar. A sinistra, la cover di Ai nostri desideri (Marsilio, pagg. 198, ¤ 16).
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