UMBER T O E C O
Diario minimo,
ici Umberto Eco e pensi: Il nome della rosa. L’enciclopedico best seller ambientato in un monastero del Trecento, alimentato da una laurea in filosofia e da una vita di studi sul Medioevo, diventato un film con Sean Connery e un lasciapassare per la fama mondiale. E poi i romanzi che sono venuti dopo. Tutta l’inesauribile produzione intellettuale che gli attribuisce Wikipedia (a cui, peraltro, collaborava): la critica letteraria; lo studio dei mass media, compresi i social network di oggi; la semiotica, la semiologia, lo studio dei «segni» e della comunicazione; la carriera accademica internazionale. Difficilmente, se Umberto Eco non lo conosci bene e davvero, pensi: leggerezza. E invece Eco era un uomo estremamente spiritoso, e aveva approfittato del periodo passato in Rai negli anni Cinquanta, subito dopo la laurea, per tuffarsi nella neonata cultura pop. Molti, in questi giorni, hanno citato un suo saggio. È del 1963, si chiama Diario minimo ed è una raccolta di articoli che in modo intelligente e spassoso prendono di mira mostri più o meno sacri della cultura di tutti i tempi. James Joyce e Antonioni, Eraclito e il libro Cuore, la Bibbia – che un fantomatico editore respinge al mittente proponendo di togliere le parti noiose e pubblicare solo i primi cinque libri con il titolo I disperati del Mar Rosso – e Leonardo da Vinci – che, chiamato a dare un parere tecnico sulle caravelle durante una surreale diretta Tv dello sbarco di Colombo in America, si dimentica di «disattivare» la sua abitudine di parlare crittografato e dice: «Icvf ha davcid co cocokpf H cpa». Il brano che vi proponiamo, Nonita del 1959, è una parodia di Lolita, il capolavoro di Nabokov uscito solo quattro anni prima, storia scandalosa della passione del quarantenne Humbert Humbert per la sua figliastra dodicenne, Lolita appunto. Il frammento viene presentato come manoscritto abbandonato nel carcere comunale di un paesino del Piemonte da un misterioso prigioniero. L.D.