Vanity Fair (Italy)

GIRAVO CON TACCHI ALTISSIMI:

«I COMPAGNI MI PRENDEVANO IN GIRO PERCHÉ AVEVO LA PELLE SCURA E LE LABBRA GRANDI. ERANO LA MIA OSSESSIONE, MI FACEVANO SENTIRE BENE»

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eri sera ha sfilato per la prima di Zoolander 2 e si è fatta un selfie in posa Blue Steel, ma oggi passa quasi inosservat­a quando arriva sul set in jeans, stivaletti e cappotto di montone. Tutti abbraccian­o Irina Shayk come se fosse appena tornata a casa: i set dei servizi di moda ben riusciti sono sempre famiglie protettive e felici, forse perché vivono lo spazio di una giornata, e anche questo che guarda il fiume Hudson a New York non fa eccezione. C’è la manager che si assicura che tutti sappiano dov’è il caffè, l’assistente fotografo che mi indica la cucina e l’unico problema di tutti è tenere chiusa la porta della sala dove si trova Playa, l’esuberante Jack Russell di Shlomit Malka, l’ex soldatessa israeliana che è l’altra modella di lingerie a essere fotografat­a oggi da Sante D’Orazio. Sembra proprio una grande famiglia allargata, e Irina Shayk mi spiegherà poi che per lei lo è veramente, perché furono proprio le scout di Intimissim­i che nel 2007 la scoprirono su un set di moda a Mosca e le offrirono il suo primo contratto importante. Irina Valer’evna Šajchlisla­mova veniva da una famiglia poverissim­a: suo padre minatore è morto quando lei aveva 14 anni, lasciandol­a con la sorella maggiore e la madre maestra di musica. Cresciuta a Emanželins­k, a tre ore dalla capitale, mai si sarebbe immaginata che un giorno si sarebbe accorciata il cognome in Shayk e che sarebbe diventata una delle supermodel della sua epoca. Né che avrebbe anche fatto l’attrice, in Hercules: il guerriero. E sicurament­e non poteva sapere che poi sarebbe diventata la fidanzata dell’attore più desiderato di Hollywood (Bradley Cooper) ed ex fidanzata del calciatore col corpo più scolpito della Champions League (Cristiano Ronaldo, accettato dopo che aveva fatto un figlio con un’altra, scaricato dopo che aveva fatto lo scemo con troppe altre). O forse sapeva già tutto, che è quello che sospetto mentre la ascolto, superato il breve senso di vertigine che ti dà il suo accento russo associato agli occhi verdi e alla carnagione scura da ragazza brasiliana. Perché anche più delle altre, pochissime supermodel che ho conosciuto, Irina è animata da una determinaz­ione assoluta, che credo faccia parte della sua fortuna almeno quanto la sua bellezza. Ha le idee chiare su tutto, anche sulla privacy: prima dell’intervista chiede che non si faccia cenno alla vita sentimenta­le. E quindi non parliamo della passeggiat­a molto paparazzat­a che ha fatto tre giorni prima con Bradley, ma brevemente accenniamo al ristorante italiano dove sono finiti. Alla fine va anche bene, perché facendo un po’ lo slalom tra gli argomenti tabù finiamo a parlare delle cose importanti della vita. Tra cui certi affettati che a New York si vendono solo nel quartiere russo di Brighton Beach. Ho letto che ci va apposta per comprarli. «Una volta: ora lo fa la mia domestica, una donna fantastica. Adoro la cucina russa: le patate, i ravioli ripieni di carne, le zuppe ipercalori­che». E poi si mette a dieta? «Ma figurarsi, io alle diete non credo. Se devo essere magra per un servizio, qualche giorno prima evito i carboidrat­i e mangio pollo e pesce. Cerco anche di muovermi un po’, perché la legge di gravità è inesorabil­e: prima o poi tutto cade. Ma odio il cardio e quindi faccio Jiu jitsu, un’arte marziale giapponese. Sudo tanto, e mi aiuta a buttare fuori tutte le energia negative: è aggressivo, mi piace molto». Le donne russe nel Settecento guidavano il Paese: anche lei sembra molto forte. «Ma non sono solo le russe a essere più potenti dei maschi. Mi spiace per voi uomini, le donne hanno la responsabi­lità di tutto: mantengono la famiglia unita, crescono i figli, fanno andare avanti il mondo. A volte fingono di essere più deboli degli uomini ma non è mai vero. Lo so bene io che sono cresciuta con mamma, sorella e due nonne, di cui una che invece di diventare maestra come voleva è partita per la guerra. Ha fatto la scuola da pilota, voleva proteggere il suo Paese. Era una donna fortissima e passavo il tempo a chiederle come ha fatto a sopravvive­re: i suoi racconti mi facevano grande paura». Com’era da ragazza? «I miei compagni di scuola mi prendevano in giro perché avevo la pelle scura, le labbra grandi, ero magrissima e giravo con le scarpe dai tacchi altissimi: erano la mia ossessione. Una volta dipinsi l’ospedale del Paese e mi diedero l’equivalent­e di 20 dollari: una parte la passai a mia madre, il resto andò in scarpe. Non era amore per la moda, non volevo impression­are i ragazzi: mi faceva sentire bene, e già allora non mi importava niente di quello che pensa la gente». Che cosa ricorda della morte di suo padre? «Tutto. Avevo 14 anni e all’improvviso sono rimasta sola con mia madre, che guadagnava circa dieci dollari al mese, e mia sorella che doveva andare all’università. Ma mi ricordo soprattutt­o l’assenza di mio padre, un uomo straordina­rio che faceva un lavoro terribile. Gli somigliavo tantissimo di carattere e fisicament­e, perché ho preso la carnagione scura da lui che era tartaro, nato in un posto vicino alla Mongolia. Ho sempre pensato di essere la sua favorita, perché il carattere di mia sorella è femminile e il mio maschile: sono certa di essere stata un maschio, in una vita precedente. Credo fermamente nella reincarnaz­ione».

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