Vanity Fair (Italy)

MA ALLORA È TUTTO VERO»

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La sua infanzia invece come è stata? «Ho ricordi felici, anche se i miei genitori hanno vissuto momenti difficili: entrambi sono scappati da Berlino Est poco dopo la costruzion­e del Muro. La famiglia di mia madre finse di andare a trovare dei parenti a Ovest ma si dovette dividere in tre gruppetti per non dare nell’occhio alla frontiera. Mio padre, che all’inizio aveva creduto nel sistema socialista, fuggì appena prima della chiusura totale, lasciando i suoi genitori, aiutato da un amico che lo aveva invitato dall’altra parte come testimone del suo finto matrimonio. Arrivarono qui a Monaco senza niente. Mio nonno materno, che era stato un noto commercial­ista, prese in gestione una lavanderia dove mise a lavorare tutta la famiglia». Lei quindi è cresciuto nelle ristrettez­ze? «In realtà no, perché mio padre ha trovato lavoro nelle assicurazi­oni e mia madre come maestra d’asilo. Però abitavamo qui vicino nel quartiere dei rifugiati, una distesa di palazzine da otto piani, tutte uguali. Penso sempre a questo quando si parla dei profughi siriani. Sono tanti, è vero, e richiedono risorse all’Europa. Ma se negli anni Sessanta i tedeschi dell’Ovest avessero ragionato così, io oggi non sarei qui. Tutti a criticare la Svizzera perche all’epoca del nazismo ha chiuso le frontiere a migliaia di persone che cercavano salvezza, peccato che oggi molti Paesi europei si comportino allo stesso modo». Da bambino veniva con la sua famiglia a fare le vacanze in Italia. Che ricordi ha? «Giocavo a calcio sulla spiaggia e gli altri bambini erano convinti che fossi italiano. Quando mi hanno sentito parlare in tedesco con mia sorella, non potevano crederci: per loro i tedeschi erano solo biondi con gli occhi azzurri. Anch’io ogni tanto ho il sospetto di avere sangue italiano, ma per il carattere: da voi mi sento a casa». So che è appassiona­to della nostra cucina. «Ho una lista dei ristoranti migliori, città Il nuovo dvd contiene le esibizioni di Jonas Kaufmann nei Pagliacci e in Cavalleria rusticana, opere che nel 1926 alla Scala andarono per la prima volta in scena

abbinate. per città. Posso farmi un’ora di macchina per mangiare la pizza con il lievito giusto». E come fa a mantenersi così in forma? «Sono fortunato, non ho mai dovuto fare una dieta. Mi basta cantare: anche quella è aerobica». Non si direbbe: le cantanti liriche sono piuttosto in carne. «Non tutte. E se lo sono, non dipende certo dal mestiere: i chili non servono alla voce». In effetti, anche nella lirica oggi è richiesto il physique du rôle. E lei, che ce l’ha, è considerat­o un sex symbol. «È una cosa che mi fa molto ridere, ma anche molto piacere. La verità è che la concorrenz­a nel campo dell’intratteni­mento, con il cinema per esempio, è grande: devi essere credibile se vuoi convincere gli spettatori, i giovani soprattutt­o, che l’opera è uno specchio della loro vita». Sul palco mette sempre molta passione. È solo un bravo attore, o a volte il trasporto verso la partner è sincero? «Sono un passionale e sul palco metto tutto me stesso, infatti è capitato che alcune partner abbiano frainteso, che ci abbiano letto qualcosa di più, un’intesa anche fuori dal palco. Una situazione parecchio imbarazzan­te da gestire». Può sempre dire che è sposato. «Ma ora non lo sono più...». È comunque impegnato: la sua nuova compagna è la regista Christiane Lutz. «Fa un certo effetto rinnamorar­si a 45 anni: non pensavo, dopo tanto tempo passato con la stessa donna, che le emozioni potessero tornare a essere le stesse di quando sei giovane. È qualcosa che all’inizio mi ha anche spaventato, dover ribaltare completame­nte la mia vita. Questo sentimento nuovo mi ha preso all’improvviso, non ricordavo neppure che esistesse il colpo di fulmine. L’amore è fatto di cliché, ne canto sempre, e poi quando succede davvero dici: ma allora è vero, e ogni parola è quella giusta, è pazzesco».

La sua compagna ha 36 anni e nessun figlio. Si sentirebbe di diventare di nuovo padre? «È prematuro pensarci, non stiamo insieme da tanto tempo. Vedremo dove ci porterà la vita». L’ha cambiata, come artista, essere innamorato? «Più che altro credo mi abbia migliorato come uomo. Ho riflettuto molto su quello che ho sbagliato in passato e ho capito che l’amore è come una pianta, si deve annaffiare. Se ti dimentichi di farlo, muore. E non rinasce più».

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