FELICI AL LAVORO: CONVIENE
20 marzo. Giornata internazionale della felicità. Noi siamo andati a cercarla nel posto dove non sempre te l’aspetti: al lavoro. È anche questione di soldi: una forza lavoro felice aumenta la produttività del 12% (ricerca della britannica Warwick University) e infatti alcuni giganti americani, come Google e Zappos, hanno già un «manager della felicità» ( chief happiness o cer).
Inoltre esistono società di consulenza che aiutano le aziende a curare benessere e buon umore dei dipendenti, come la danese Woohoo (tra i clienti Microsoft, Shell, Ikea) o la globale Great Place to Work. E nel nostro Paese? Alessandro Zollo, Ceo di Great Place to Work Italia, valuta le aziende in base a quanto è bello lavorarci e ci spiega che sì,
anche qui da noi esistono u ci felici. Ci siamo fatti descrivere la ricetta di questa felicità. Portatela al vostro capo.
IL CASO VETRYA, LA GOOGLE DELL’UMBRIA
Ci sono due pianoforti. Quando si vuole, si fa una pausa e si suona. O ci si riposa nell’area
relax ( sotto). O si fa una corsa sulla pista di atletica, o si portano i panni nella lavanderia aziendale, o ci si concede una seduta dall’estetista sempre a disposizione. Non sono uffici in Silicon Valley, ma quelli di
Vetrya, media azienda italiana con sede a Orvieto,
«la Google dell’Umbria». Vetrya, che si occupa di distribuzione di contenuti digitali, ha 76 dipendenti ed è prossima alla quotazione in Borsa. Nella classifica di Great Place to Work
Best Workplaces 2016 è seconda tra le medie imprese,
ma la prima tutta italiana. Oltre a un campus da 7 mila metri quadrati, due palestre, i campi da tennis e di calcetto e il miniclub dove lasciare i bambini dopo l’asilo, ha orari flessibili: «I dipendenti possono autogestirsi
e arrivare anche alle 11 o tornare a casa a pranzo», spiega Katia Sagrafena, co-fondatrice e direttrice generale. «Il nostro è un lavoro di testa: risparmiare il tempo della lavanderia, o della posta, fa lavorare meglio». La buona notizia? Stanno assumendo: ingegneri,
programmatori, analisti ed esperti di comunicazione.
IL BENEFIT « SENSIBILE » «Fino a pochi anni fa, i benefit erano qualcosa da esibire. Ora devono essere sensibili,
risolvere problemi concreti e personali
del dipendente. Che magari non ha bisogno della macchina,
ma vuole essere aiutato nell’assistenza a un genitore malato». Luxottica o Barilla già lo fanno: il lavoratore
si compone da solo il pacchetto di benefit in base alle proprie esigenze.
IL MIO CAPO? LAVORA PER ME
Il manager di un ufficio felice coltiva le relazioni invece di misurare solo i risultati, è al servizio dei dipendenti e non viceversa. Tutto bello, per avere un buon capo bisogna
sperare nella fortuna? No, molte aziende hanno
cambiato il metodo di valutazione dei manager:
non solo gli obiettivi raggiunti o i rapporti del cliente ma anche
quanto è apprezzato da chi è gerarchicamente sotto di lui.
E ADESSO, UN PO’ DI SILENZIO
«L’open space esiste e non si torna più indietro. Ma ora deve essere moderato».
L’ufficio perfetto ha spazi dove trovare la concentrazione,
altri dove si può fare una telefonata in tranquillità, e divani per brainstorming. E per risolvere l’effetto
rimbombo, aziende come Microsoft e LinkedIn, anche per le loro sedi italiane,
usano materiali insonorizzanti
che assorbono il rumore. RISULTATI, NON MINUTI
«Se ti chiedo di fare una conference call alle 10 di sera, poi non ti stresso sull’orario
di arrivo la mattina». In un’azienda che sa gestire il benessere dei dipendenti,
contano gli obiettivi, non le ore sulla sedia:
«Se riesci a fare il tuo in quattro ore, puoi andare a casa». Il monte ore va misurato per legge, ma nell’era post-cartellino è il dipendente ad auto-certificarlo e l’azienda si fida.
E DITE GRAZIE!
Il benessere deriva anche da come si viene valutati. «Diverse aziende, come Accenture, hanno abbandonato le griglie di valutazione della performance». Oggi di un dipendente contano le relazioni che sa costruire.
Ci sono software per ringraziare i colleghi,
dettagli che poi sono valutati quando si tratta di distribuire premi e bonus: non solo al più bravo, ma anche al più apprezzato umanamente.