PA OL A J A COBBI
ra il 1994, quindi non avevo uno smartphone, quindi non ho fatto selfie né ho instagrammato l’indimenticabile piatto di lulas recheadas (seppie ripiene) che ho mangiato in una trattoria dell’Alfama. Ma ricordo che erano giornate bellissime, a Lisbona. Cielo terso e strade silenziose, un tiepido autunno. Il set era in una vecchia sala cinematografica, gli attori venivano illuminati direttamente dallo schermo che proiettava un vecchio film. Blasco Giurato, direttore della fotografia, provò a spiegarmi la tecnica e, con aria di finta modestia, disse: «Con questo trucchetto ci ho praticamente vinto un Oscar». Si riferiva a Nuovo Cinema Paradiso, ma io lo ascoltai distrattamente: ero concentrata in attesa del momento in cui avrei potuto intervistare Marcello Mastroianni, protagonista del film. Il film era Sostiene Pereira, tratto dal romanzo di Antonio Tabucchi che aveva avuto immenso successo, la regia era di Roberto Faenza. Fu uno degli ultimi girati da Mastroianni, e certamente l’ultimo di produzione italiana. Il personaggio di Pereira – un giornalista vedovo, pigro, triste, apatico – aveva una caratteristica fisica molto pronunciata che gli spettatori del film, già lettori del romanzo, si sarebbero aspettati di ritrovare sullo schermo. Pereira era un buongustaio, Pereira era molto grasso. Ma Mastroianni era tutt’altro che grasso. Dimostrava i suoi 70 anni e anche qualcosa di più, aveva la pelle che cominciava a diventare trasparente, come una tenda sollevata sulla vita che se ne va. Ci mettemmo seduti su due sedie all’aria aperta, davanti alla sua roulotte. Nessuno ci disturbò, nessuno pretese di stare ad ascoltare le mie domande. Erano altri tempi, anche dal punto di vista del controllo sull’informazione. Gli chiesi se avesse intenzione di fare come Robert De Niro per Toro scatenato, se volesse mettersi a mangiare come un matto per metter su pancia, quella pancia di Pereira che nel romanzo di Tabucchi veniva citata in continuazione. Lui mi rispose che non credeva a quelle cose da americani, che le trovava inutilmente faticose, che il lavoro dell’attore si può fare in tanti modi e che il suo non era lo stesso di De Niro, «per carità, bravissimo, ma io non sono il tipo». E poi, ormai era sul set e il film era iniziato e insomma sarebbe stato assurdo mettersi in testa idee del genere. Siccome, però, io insistevo con questa fissa di Pereira grasso, sbuffando allegramente, Mastroianni mi disse: «Aspetti un attimo, le devo presentare una persona». Si voltò appena, bussò alla porta della roulotte e ne uscì una signora, Angela Inzimani, la sua sarta personale da sempre. «Angela, mostriamo a questa signorina la magia del cinema. Falle vedere come faccio a diventare grasso». Angela sorrise, rientrò e riapparve un attimo dopo con in mano una cosa buffissima che non dimenticherò mai: un body di gommapiuma. Era quella la pancia del grasso Pereira. A Mastroianni piaceva Lisbona e piaceva il Portogallo, al punto che – finite le riprese di quei giorni – sarebbe andato fuori città a trovare Catherine Deneuve che stava girando I misteri del convento con Manoel de Oliveira. «Dovrebbe venire anche Chiara, così si sta un po’ insieme», mi disse. Ora, io non so se in quei giorni Mastroianni sapesse già di non stare bene, di avere davanti a sé quel poco tempo che poi ha avuto (due anni), anche se ho ben presente un suo sospiro rassegnato quando al ristorante scegliemmo il cibo e lui era in cerca di «cose che possibilmente non facciano troppo male». Poco dopo la lavorazione di Sostiene Pereira, con la complicità della sua ultima compagna Anna Maria Tatò, cominciò a girare quel documentario- testamento che è Mi ricordo, sì, io mi ricordo. Nel film ci sono anche le immagini del suo 72esimo compleanno, festeggiato proprio in Portogallo, di nuovo su un set, quello del suo ultimo film in assoluto, Viaggio all’inizio del mondo, diretto curiosamente dallo stesso regista con cui aveva appena lavorato Catherine, cioè Manoel de Oliveira. In Sostiene Pereira recitava anche Nicoletta Braschi e accadde che, proprio mentre io ero lì per l’intervista a Mastroianni, sul set arrivò Roberto Benigni, in visita alla moglie. In quel momento Benigni era un po’ il Checco Zalone dell’anno: in Italia era appena uscito Il mostro e stava facendo sfracelli al botteghino. A un certo punto, durante una pausa, ci trovammo seduti tutti insieme, con Mastroianni al centro. Mastroianni fece i complimenti a Benigni per il successo del Mostro, Benigni si schermì e poi parlammo di come stavano andando gli incassi della stagione in generale. Mastroianni raccontava soprattutto casi del passato che dimostravano come il cinema sia e sia sempre stato un business insicuro. Benigni lo ascoltava in silenzio e adorazione, direi persino con una traccia di timidezza. Ve lo immaginate Benigni timido? Ecco, il carisma di Mastroianni faceva quell’effetto lì. Mastroianni in Sostiene Pereira. Il film, tratto dal romanzo di Antonio Tabucchi e diretto da Roberto Faenza, uscì nel 1995.