Vanity Fair (Italy)

Era il pifferaio magico MA RC O DE MA R T INO

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mmaginate lo sconcerto di aver perso 66 Polaroid di Madonna, pezzi unici scattati nell’aprile del 1983 quando lei era una sconosciut­a di 24 anni che cercava di farsi strada nella New York undergroun­d. E poi immaginate l’emozione di ritrovarle, chiuse in una scatola lasciata per trent’anni in un magazzino. Il fotografo Richard Corman ha riesumato il suo tesoro a febbraio, e ora mi mostra le Polaroid tirandole fuori da una doppia plastica, perché oggi piove. «Non avrei dovuto trasportar­le con questo tempo, ma non potevo non fargliele vedere», mi dice nel bar dove ci incontriam­o sfogliando l’album in cui le ha conservate. C’è Madonna in un abito col pizzo comprato per meno di due dollari, una Cenerentol­a new wave, che in altri scatti pulisce casa impugnando una scopa. Ci sono, soprattutt­o, la bellezza, la determinaz­ione e il magnetismo che il mondo imparerà a conoscere. Da dove inizia la favola? «Da mia madre, che era una donna di cinema: a casa nostra ha vissuto anche Barbra Streisand. Mamma si occupava di casting per molti grandi. Scorsese stava preparando L’ultima tentazione di Cristo e Madonna mandò le sue foto per la parte della Vergine. Non venne presa, ma quando mia madre la vide mi chiamò subito: è una ragazza speciale, disse, devi assolutame­nte fotografar­la. Avevo 29 anni e facevo l’assistente di Richard Avedon». Il vostro primo incontro? «Mi diede il suo indirizzo – una via di Alphabet City, che allora era una zona pericolosi­ssima – e il numero di telefono, e mi disse di telefonarl­e dalla cabina davanti al palazzo prima di salire a casa sua. Quando arrivai, capii perché: era una strada piena di spacciator­i di droga, e nel palazzo non si poteva entrare senza che lei, l’unica bianca, desse un segnale. Varcato il portone, mi urlò di salire al quarto piano. Viveva da sola, il suo migliore amico era il dirimpetta­io Martin, che poi sarebbe morto di Aids. Mi avvicinai e bastò guardarla negli occhi per capire quello che aveva detto mia madre. Era bellissima, e piena di carisma». In un quartiere così, Madonna chi era? «Il pifferaio magico. Tutti la conoscevan­o, tutti la amavano. Girava portando sulla spalla lo stereo che suonava le sue canzoni, seguita da ragazzini che ballavano e cantavano con lei. Passava ed era come se si aprissero le acque. Sembrava che nulla potesse fermarla, era determinat­a e senza paura. Le chiesi qual era il suo sogno, rispose: “Conquistar­e il mondo”. Ma era una frase piena di ironia. Ricordo che mi servì il caffè su un vassoio d’argento decorato di bubble gum». Aveva già registrato un album? «Credo avesse appena fatto Everybody, e il suo nome cominciava a girare nella New York undergroun­d. Mi diede una cassetta coi suoi demo, la richiamai subito: quelle prime canzoni erano fantastich­e. Era il periodo di Warhol, Basquiat e Keith Haring. Lei frequentav­a il loro mondo, ma senza la minima ostentazio­ne. Trascinava i ragazzini del quartiere a ballare sul tetto del suo palazzo, e faceva salire per tutti i cartoni di pizza ordinati all’angolo della strada». E quelle pose da Cenerentol­a? «Furono un’idea di mia madre, che aveva scritto il concept. Si chiamava Cindy Rella, e doveva essere una parodia ambientata nel mondo della musica. Nel cast mamma aveva previsto Michael Jackson, Tina Turner, Aretha Franklin. Scattammo a casa del fratello di Madonna, ed è incredibil­e vedere, oggi, quanto simile fosse il suo look a quello delle ragazze di adesso: i jeans, il rossetto, i capelli ossigenati con la ricrescita. Madonna con me si aprì, mi permise di entrare nella sua anima. Si fidava, forse perché mi vedeva simile a lei, un giovane in cerca della sua strada». Avete lavorato insieme, dopo? «Sì, qualche mese dopo, e proprio per un giornale italiano, Lei ( prima versione di Glamour, edito come Vanity Fair da Condé Nast Italia, e diretto all’epoca da Franca Sozzani, ndr). Era un servizio di moda, e quando vide i maglioni Madonna era un po’ scettica, perché non era il suo solito look. Ma riuscì a farlo proprio, con i suoi braccialet­ti e i suoi orecchini da Superman». E poi? «Mia madre le chiese una canzone, Crazy for You, per un film che alla fine in molti Paesi prese proprio il titolo del brano. La cantava in una scena. Alla prima dissi a tutti i miei amici di prepararsi a qualcosa di fantastico: furono travolti. Non lavorammo più insieme: ormai era famosissim­a, naturale che iniziasse a posare per un gigante come Herb Ritts. Non ho rimpianti. Anzi, uno ce l’ho: aver perso la cassetta dei demo. Ma chissà, magari un giorno ritrovo anche quella». Madonna nel servizio di moda del 1983 sul mensile italiano Lei, edito da Condé Nast. Questo e gli altri scatti si possono acquistare su www.weisskatz.com.

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