Vanity Fair (Italy)

ALLA PRIMA SBERLA, SCAPPA

Ultimi casi, Molinella e Roma (due mogli uccise, due mariti arrestati): è ancora FEMMINICID­IO. Qui, l’incubo di una donna «scampata». Che ora, protagonis­ta di un libro, ha un consiglio da dare alle altre

- Di ISABELLA MAZZITELLI

Alla fine il messaggio è: non vergognars­i di chiedere aiuto… PERCHÉ NON È UNA COLPA. Grazie. La vera Emma». Arriva, questo sms, a intervista conclusa, come un’estrema sintesi. Siamo state al telefono quasi due ore. Impensabil­e incontrars­i, e anche sapere il suo vero nome, o dove vive, o che cosa fa sua figlia, che oggi ha 25 anni e per fortuna sta bene, è forte, saggia, amatissima. Ma, parlandole, capisco questo vincolo di riservatez­za: non vuole correre il rischio di essere attaccata dagli zombie del suo inferno di un tempo. D’altra parte, la sua storia è unica ma è anche la voce di un immenso tragico coro di donne vittime dei loro uomini. Isolate, percosse, violentate, segregate. Lei per sei anni – fino a una fuga geniale – in una casa sui monti, costretta anche ad abortire, in punizione ogni due per tre nel garage, con una ciotola per l’acqua come i cani, altrimenti al piano di sopra con gli scuri chiusi, i lucchetti e i chiavistel­li, le chiavi sotto al cuscino del marito, la figlia bambina ostaggio di un uomo malato, paranoico, innocuo solo quando nel bicchiere c’era sciolto il Roipnol. Emma è il nome che le ha regalato Sara Rattaro, premio Bancarella con Niente è come te. Un giorno, durante una presentazi­one, la scrittrice è stata avvicinata da una bella signora sui cinquanta: «Vorrei raccontarl­e la mia storia». Il romanzo che ne è nato, con solo pochi passaggi di fantasia necessari alla narrazione, si intitola Splendi più che puoi (Garzanti). Ha la potenza della vita vissuta, la mano sapiente delle parole di carta, la forza dei sogni che ci tengono in vita e ci fanno volare di nuovo, quando riusciamo ad aprire la gabbia. Le è piaciuto il libro che ha ispirato? «Non sono ancora riuscita a leggerlo tutto, mi faccio pena da sola. Ma sono felice: erano anni che riflettevo sul fatto che non si debba dimenticar­e, anche facendo una vita come la mia di oggi, più che normale». Chi era il suo ex marito? «Lo conobbi ventenne, affascinan­te, premuroso, famiglia in vista. Mi ha picchiato la prima volta in viaggio di nozze, col bastone dell’ombrellone. Avevo un bel lavoro, creativo. Nel giro di pochi mesi non avevo più niente, lui non lavorava, vivevamo dei miei risparmi». Sua figlia che cosa sa, che cosa ricorda? «Per fortuna ha rimosso tanto, ma purtroppo ha assistito alle violenze. Non le ho mai parlato male di suo padre, ho cercato di preservarl­e il ricordo di un papà affettuoso, come a volte era. L’ha incontrato, dopo la nostra fuga, in ambienti sorvegliat­i ma – passato un po’ di tempo – lui non si è più presentato. Lei lo ha cercato a 18 anni: dieci giorni invano sotto al portone. Dopo aver letto il libro, ha pianto lungamente: “Mamma, è vero che è malato, ma non tutti i paranoici picchiano le mogli. Credimi, sarebbe stato lo stesso un grandissim­o stronzo”. Lei ha mai provato a chiedere aiuto? «Stiamo parlando di più di 20 anni fa. Oggi sarebbe stato diverso: c’è il telefono 1522, c’è una rete, ci sono leggi che tutelano le donne. Ma io mi domandavo: e se vado dai carabinier­i e trovo uno che minimizza e mi riconsegna a mio marito? Quello mi ammazza». Lei dice che solo chi ci è passato può capire. «Sono vicende che ti mettono in uno stato d’animo eccezional­e, ed è difficile provare empatia per situazioni così estreme. Quando le vivi, sei prostrata, in preda a una paura cieca: di essere uccisa, che uccida i tuoi figli. Bisognereb­be scappare alla prima sberla, questo l’ho capito dopo. Il primo schiaffo è stupore, la prima bastonata la giustifich­i. Ero ingenua, ero cresciuta in una famiglia amorevole: mio marito all’inizio mi sembrava un uomo ferito, ero incredula di fronte ai suoi cambiament­i. In più, non volevo ammettere di essermi sbagliata, e temevo il giudizio della gente». Che cosa dice sua figlia, oggi? «Le ho chiesto: sembro proprio cretina, all’inizio del libro, eh? “Sì mamma, furba non eri. Ma quante sbagliano a sposarsi? Mica tutte rischiano la pelle, per un errore. Sei stata sfortunata, dai”».

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