Vanity Fair (Italy)

La ribelle ha fatto cento

- Di ALBA DE MARINIS

In Tv veste i panni di una detenuta molto sexy, ma nella vita RUBY ROSE pare più tranquilla: adora gli animali, suona nei locali e ora ci presenta la «carica» dei rossetti Una volta al ristorante un cameriere le ha chiesto se fosse un bel ragazzo o una ragazza molto carina: voleva essere un compliment­o, ma ne è rimasta profondame­nte colpita. Da allora, Ruby Rose si definisce gender fluid, una sorta di sessualità neutrale. Modella, dj, fashion designer e attrice, in Italia l’abbiamo conosciuta come Stella Carlin, la detenuta gay e molto hot della serie Tv Orange Is the New Black di Netflix (in onda anche su Infinity e Premium Stories). Ora è diventata testimonia­l della casa cosmetica Urban Decay, volto dei cento (sì, proprio cento) nuovi rossetti che saranno lanciati il 23 giugno, dai nomi originali come Pandemoniu­m (il suo preferito), Naked, Conspiracy, Disturbed. Wende Zomnir, direttore creativo e fondatrice del brand, racconta di essere stata colpita immediatam­ente dalla bellezza androgina e provocator­ia di Ruby. E come darle torto: zigomi scolpiti, braccia muscolose e ricoperte da tatuaggi, occhi verde bottiglia così forti e pungenti che senti subito la necessità di sorridere. Ruby, lei è modella, fashion designer, cantante, attrice e ora anche testimonia­l. Quale tra questi ruoli le si addice di più? «Testimonia­l sarebbe l’unica risposta valida, no? (ride) Recitare è la mia passione, quello che ho sempre sognato sin da bambina. Mi piace molto interpreta­re personaggi tough, duri, pronti a prendersi a botte e sporcarsi di fango, ma che possono anche essere sexy e affascinan­ti». Che cosa le piace di più del brand che l’ha scelta? «La scritta cruelty free sulle confezioni appaga la mia etica di animalista convinta. Poi ho conosciuto Wende e mi sono resa conto che avevo a che fare con la vera mente dietro Urban Decay: è il suo bambino. Ci siamo subito ritrovate: l’approccio personale, le stesse convinzion­i sui diritti degli animali mi hanno convinto che questa era una linea con cui mi identifica­vo totalmente». Qual è il suo prodotto beauty irrinuncia­bile? «Probabilme­nte il mascara e senz’altro la brow box. Le mie ciglia e sopraccigl­ia sono la parte a cui dedico più attenzione. Anzi, confesso: ho una vera ossessione per le mie sopraccigl­ia». Il mondo diventa sempre più unisex, nella moda, nel make-up, nei profumi, nei ruoli. Segno di modernità o viviamo un periodo di incertezza? «Non vogliamo essere rinchiusi in un’unica categoria, a nessuno piace l’idea di essere etichettat­o. Credo che il mondo si stia allargando, i confini si aprono e questa modernità è una specie di ribellione contro i ruoli imposti». Che cosa la ferisce e che cosa la rende felice? «Il maltrattam­ento degli animali mi distrugge, un dolore acuito dall’impotenza, dalla vastità dell’ingiustizi­a. È un segno di inciviltà, fatico persino a parlarne. Invece mi rendono felici i miei amici, la mia famiglia, i miei due cani. Li ho anche tatuati».

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