Vanity Fair (Italy)

IL CORANO?

DOVREMO IMPARARE A MEMORIA

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Rischiamo di assuefarci alla violenza, al terrore, alla ritualità delle uccisioni e ai loro dettagli – i coltellacc­i e i feroci sgozzament­i, le bombe che esplodono e dilaniano corpi, le ra che di pistola e le mitragliet­te e i fucili – tanto che alla ne sembra tutto così normale. Istanbul, Dacca, Baghdad, diventano nomi di città lontane associate a un certo numero di morti e di feriti. Tutto è così normalment­e macabro e la paura è «liquida», per usare una parola cara al sociologo Zygmunt Bauman. Provate ad a errare l’acqua: sfugge via come i nostri timori. La paura diventa il canone delle nostre vite, come è diventato un canone per gli sgozzatori fare la selezione delle vittime in base alla conoscenza del Corano: viene risparmiat­o chi lo conosce. Arriverà un giorno in cui la Farnesina tra i suoi consigli di viaggio metterà, oltre alle vaccinazio­ni, anche lo studio delle sure per sfuggire alla morte. Anche questa ritualità sta creando assuefazio­ne, ma è un torpore da cui risvegliar­si in fretta. Non si può più dire che la religione non c’entra nulla, che è una questione di povertà e che è colpa dei soliti americani con L’Italia piange nove volte a Dacca: vite spezzate senza una ragione, bersagli di un’ideologia vigliacca che mascherano con la religione. In mezzo mondo il terrorismo attacca, civili muoiono in continuazi­one. Dalla Turchia all’Iraq si estende il lutto: la guerra a pezzi arriva dappertutt­o. la loro ssazione di esportare la democrazia anche tra chi la democrazia non la vuole a atto. Almeno due degli attentator­i di Dacca, ricchi e appartenen­ti a famiglie importanti (come già Osama bin Laden), hanno studiato a «Scholastic­a», l’istituto superiore più prestigios­o della città.

Di fronte a questa ferocia, si fa fatica a pensare a un «Islam moderato», così come ai tempi della Santa Inquisizio­ne avrei avuto qualche dubbio sulla moderazion­e della Chiesa cattolica. Probabilme­nte però è il punto di vista sbagliato per affrontare la questione, perché pensiamo che l’Islam sia una specie di partito politico con le correnti formate da qualche capobaston­e, ma così commettiam­o l’errore di applicare categorie nostre a mondi che le ri utano radicalmen­te, e che non hanno subito il nostro processo di secolarizz­azione. Il grado di civiltà delle società si misura anche dalla loro laicità, che è la cifra del compromess­o fra culture di erenti… Ma come fai a cercare compromess­i con chi ti ritiene un infedele solo perché credi in un dio diverso o non te ne frega nulla della religione? Non è possibile, anche perché non vengono risparmiat­i i correligio­nari e siamo dunque di fronte a un assolutism­o. Tra i morti di Dacca c’è Faraz Hossain, musulmano. Secondo uno studio del 2009 del Combating Terrorism Center sulle violenze di al-Qa’ida contro i musulmani, la stragrande maggioranz­a delle vittime degli attentati sono musulmani: solo il 15% delle morti derivanti dagli attacchi qaedisti tra il 2004 e il 2008 sono di occidental­i. E, per l’Isis, la percentual­e è ancora più bassa. «Gli eventi di Dacca», dice a Vanity Fair Pasquale Annicchino, ricercator­e dell’Istituto Europeo di Fiesole e autore di Esportare la libertà religiosa: il modello americano nell’arena globale (il Mulino), «testimonia­no ancora una volta quanto il terrorismo jihadista odierno abbia una portata globale e non sia da associare agli sviluppi politici di una sola area del mondo. Restiamo interdetti davanti a simili gesti e continuiam­o a chiederci “Perché lo fanno?”, “Perché chi si proclama innanzitut­to fedele di una religione arriva a uccidere un suo simile o una donna incinta?”.

In realtà, come dimostrano gli studi di Olivier Roy, spesso la religione agisce da rivestimen­to esteriore di un radicalism­o nichilista che non ha alcun rispetto per i dettami religiosi propriamen­te intesi». Oggi, aggiunge Annicchino, «nel tempo della ne delle ideologie e delle grandi narrazioni, questo radicalism­o ha trovato in una speci

ca e distorta lettura dell’Islam una nuova forma globale, semplice da declinare in diversi contesti locali. È una forma che promette la santi cazione del martire e o re i famosi 15 minuti di notorietà di cui parlava Andy Warhol. In questo senso ha ben poco a vedere con la tradizione o il tradiziona­lismo. È anzi molto moderna, il frutto di una modernità assolutame­nte malata». Come certi terroristi degli anni ’70.

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