Vanity Fair (Italy)

SOLDATI SENZA ARMI

SIMONA, MARIA, NADIA, ADELE, CLAUDIA, MARCO, CRISTIAN, CLAUDIO, VINCENZO:

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Mi hanno sempre colpito gli italiani che incontri in giro per il mondo, quelli che lavorano all’estero, in posti lontanissi­mi. Ho notato che spesso arrivano da piccoli paesi o cittadine di provincia. Sono un esercito invisibile, come ha scritto Mario Calabresi su Repubblica, «che solca il mondo per lavorare, fare a ari o volontaria­to o, sempliceme­nte, per provare a reinventar­si una vita dove si spera ci sia spazio». Ho sempre avuto voglia di raccontarl­i, ci volevo fare un programma. Animum debes mutare non caelum – «devi cambiare stato d’animo, non cielo», la frase che Seneca riprese da Orazio per dire che dagli a anni non ci si libera viaggiando – non vale per quelli che cambiano cielo per lavoro. I nove italiani uccisi a Dacca non scappavano da loro stessi, lavoravano in Bangladesh come imprendito­ri, manager, rappresent­anti.

Molti stavano per rientrare in Italia no al prossimo viaggio d’a ari. Come Simona Monti, che dopo la laurea in lingue orientali ed esperienze in Francia, Cina e Perù era a Dacca da un anno ma stava per tornare a Magliano Sabina perché aspettava un bambino. Aveva 33 anni. Maria Riboli, di Alzano Lombardo, una bimba di tre, ne aveva 34. Anche Marco Tondat era a Dacca da meno di un anno e stava per tornare da sua glia di sei, avuta all’età di Simona. Era friulano, come Cristian Rossi, padre di due gemelle di tre anni. Quanti friulani s’incontrano per il mondo: lui si era messo in proprio quando l’azienda dove era impiegato era fallita. Aveva una glia di sei anni anche Claudio Cappelli, brianzolo, piccolo imprendito­re tessile, la stessa profession­e di Vincenzo D’Allestro, 46 anni, del Casertano, che per una volta non viaggiava con la moglie Maria Assunta. Non avevano gli, come non ne avevano le altre tre donne uccise oltre Simona e Maria, tutte cinquanten­ni: a volte il prezzo di una vita indipenden­te, come quella di Nadia Benedetti, l’imprenditr­ice di Viterbo più conosciuta a Dacca e datrice di lavoro di Simona, o di Adele Puglisi di Catania, o della torinese Claudia Maria D’Antona che aveva conosciuto suo marito in India tanti anni fa e da allora viveva con lui in Oriente, dove oltre a lavorare nel tessile collaborav­ano a una missione umanitaria per ridare un volto alle donne sfregiate. Lui, Gian Galeazzo, era uscito per fare una telefonata in giardino: si è salvato nascondend­osi tra i cespugli, ora si sente in colpa.

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