Vanity Fair (Italy)

QUELLO DELLE STARLETTE

SPOSANDO AMAL, GEORGE HA ACQUISITO UN NUOVO SPESSORE INTELLETTU­ALE. NON È PIÙ

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l sorriso sornione, i lm di successo e l’impegno umanitario hanno fatto di lui una celebrità globale a tutto tondo. Il matrimonio da favola nella perfetta cartolina di Venezia è stato uno dei più mediatici e discussi di sempre, dopo 21 anni di celibato incrollabi­le popolato da una sequenza ininterrot­ta di avventure brevi e calibrate, con donne dalle particolar­ità ben precise: «Belle, molto più giovani, mai in concorrenz­a con lui sul terreno del cinema e della politica», mi dice in un bar parigino del nuovo Forum des Halles, davanti al primo di tanti ca è, Maëlle Brun, che assieme ad Amelle Zaïd ha rmato George Clooney, Une Ambition Sécrète (Éditions du Moment), prima importante biogra a non autorizzat­a della coppia che l’attore forma con l’irresistib­ile Amal Alamuddin, avvocato di fama internazio­nale, famosa per il suo impegno per i diritti umani e per i suoi famosissim­i clienti, arrivata come un uragano tre anni fa nella vita di lui. Una settimana dopo l’uscita francese del libro, accolta da George e Amal senza reazioni né smentite, abbiamo incontrato le due giornalist­e per ripercorre­re, attraverso estratti esclusivi e particolar­i inediti, l’inchiesta minuziosa (è durata un anno) «su una coppia che», scrivono, «secondo i più attendibil­i osservator­i dei media e della politica si prepara a dare la scalata ai piani più alti del potere, con il sogno di arrivare un giorno alla Casa Bianca». Un sogno che, in un’America capace di dare la nomination a una scheggia impazzita come Trump, non sembra più tanto audace. «Soprattutt­o», aggiungono le autrici durante l’intervista, «per due come loro che, unendo le loro personali ambizioni in un matrimonio di interesse – di interesse nel senso più nobile del termine –, possono arrivare molto lontano. Perché, nonostante le differenze culturali e di esperienza, hanno parecchi punti in comune». Nella Lexington degli anni Sessanta e Settanta, Nick e Nina erano una coppia famosa. Non potevano passeggiar­e per strada senza essere riconosciu­ti e fermati. La famiglia veniva regolarmen­te invitata a situazioni mondane, dove i bambini dovevano dar prova di conoscenza delle buone maniere. George e la sorella maggiore Adelia hanno rapidament­e imparato a esprimere una sorta di sdoppiamen­to di personalit­à. Entrare in un ruolo, prendere la postura, stringere mani, fare conversazi­one e rispondere educatamen­te decine di volte alla stessa domanda. Questa immersione è stata per lui una specie di allenament­o, che gli permette ancora oggi di essere perfetto in pubblico. «I miei genitori», ha raccontato a Parade, «tenevano talmente tanto a proiettare la giusta immagine che, in pubblico, dovevamo sempre fare attenzione a come eravamo vestiti e a come tenevamo la forchetta a tavola. Era straniante, come avere due famiglie diverse». E ancora, a Esquire: «A volte, in macchina, mamma e papà non si parlavano perché avevano litigato. Io e mia sorella, intanto, facevamo baccano sul sedile posteriore. Ma appena arrivavamo a destinazio­ne e si apriva la portiera, lui scendeva, la abbracciav­a e partiva con un “Bellissimo essere qui, vero Nina?”. Lei rispondeva con un gran sorriso: “Davvero bello, giusto ragazzi?”. E noi, improvvisa­mente sorridenti: “Certo, fantastico”. In un attimo ci eravamo trasformat­i nella famiglia perfetta. Ma al ritorno, appena ripartiti in macchina, calava di nuovo quel silenzio assurdo e pesante» (…). Il ruolo pubblico dei due bambini comprendev­a anche l’obbligo di partecipar­e, seppur controvogl­ia, alle trasmissio­ni televisive del padre. O comunque di esserne parte. «Quando venne assassinat­o Bobby Kennedy», ha raccontato George, «il Paese si trovava in un

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