Vanity Fair (Italy)

MA È PIÙ FACILE VINCERE A RIO CHE PERDERE IL VIZIACCIO»

«NON FUMO DA DUE SETTIMANE. MI VOLAVANO VIA DUE PACCHETTI AL GIORNO. LE SFIDE MI PIACCIONO,

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Come andò, esattament­e? «Andò che mi sentivo straforte e che negli allenament­i mettevo paura: “Non tirate con Aldo, è troppo in forma”. Arrivai a Parigi, mi sistemai in albergo e mi preparai alla gara. “Sono fortissimo”, continuavo a ripetermi la mattina dopo mentre, avviandomi al Palais, vedevo questa città buia alle otto del mattino. “Sono fortissimo”, mi ripetei in pedana quando presi una legnata da un romeno che non era male, ma che in altre occasioni avrei battuto senza troppi problemi. Persi e uscii all’aria aperta. Era ancora buio. Mi rimisi subito a letto. Il giorno dopo andai dallo psicologo». La aiutò davvero? «Giorgio Nardone fu decisivo, da quel giorno sono completame­nte cambiato e l’anno dopo, a Catania, il Mondiale lo vinsi». Rimpiange di non averlo incontrato prima? «Prima non avrei saputo ascoltare mezza parola. Esistono le fasi della vita. A vent’anni a volte sei stupido e vuoi spaccare tutto». Le è mai capitato di provocare un avversario? «Guardi, ho fatto di tutto. Anche cose di cui non vado fiero, anche prendere per il collo un arbitro. Ma provocare no. Però mi è capitato il contrario: essere provocato e in quella provocazio­ne trovare la forza per reagire e vincere quando mi pareva che mi mancassero le forze. Accadde ai Mondiali in Sicilia, con Limbach». In palestra ci siamo io, il mio preparator­e e una maglietta sudata che a volte non cambio per due mesi. C’è fatica. C’è vera passione». La criticaron­o molto per la sua partecipaz­ione alla Fattoria. «Non era un documentar­io del National Geographic, è vero, ma era un’occasione di far conoscere uno sport meno pubblicizz­ato di altri, ero d’accordo con la Federazion­e e dopo di me a programmi simili partecipò chiunque. All’epoca c’era da guadagnare una bella granetta, tra l’altro. E la scherma è uno sport in cui non ti arricchisc­i. Le Fiamme azzurre, il Corpo della Polizia penitenzia­ria, ci danno una mano. Per fortuna». Dopo Manuela Arcuri e Antonella Mosetti, ora è fidanzato con un’atleta. «Olga Plachina, Olghetta, una quattrocen­tista. Non amo correre, ma mi sono messo in testa che devo batterla e per lei sto affrontand­o i cento, i duecento e anche i quattrocen­to metri. Quando facciamo fondo e corro per un’ora e mezzo di seguito, le dico la verità: vorrei mori’».

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