Vanity Fair (Italy)

Felicità è fare il bucato

Il successo clamoroso di The Final Countdown. I soldi, i tour, gli elicotteri. Poi tutto finisce e gli EUROPE si sciolgono. Il cantante JOEY TEMPEST si trova a casa da solo (con qualche difficoltà a usare gli elettrodom­estici). Oggi che la band si è riuni

- di RAFFAELLA SERINI

C’è un conto alla rovescia partito trent’anni fa, e non ancora giunto al termine. Quello di The Final Countdown, la hit del 1986 che, con un riff inconfondi­bile e 12 milioni di copie vendute, ha consegnato alla storia della musica gli Europe, band svedese tutta rock e permanente, colonna sonora di quegli anni. Tre decenni e molti ricci dopo (ma la chioma è ancora folta, non temete), il leader del gruppo Joey Tempest – vero nome Joakim Larsson: Joey per fare l’inglese, Tempest in omaggio alla Tempesta di Shakespear­e – è un cinquanten­ne ancora in grandissim­a forma, che incontriam­o in un negozio di chitarre a Londra. Abita nella capitale inglese da sedici anni, qui ha messo su famiglia e dal 2003 – dopo un periodo da solista meno fortunato – è tornato a suonare con i suoi compagni di band: John Norum, John Levén, Mic Michaeli e Ian Haugland. Con loro, il 19 e 20 novembre sarà in Italia (all’Orion di Roma e all’Alcatraz di Milano) per ripercorre­re le tappe più importanti della carriera degli Europe (che no, non è fatta solo di Carrie e The Final Countdown). La prima domanda è inevitabil­e: lei che è svedese a Londra, sente che cambierà qualcosa dopo la Brexit? «Per quanto mi riguarda no: vivo qui da tanti anni, ho una moglie inglese, due figli, e ormai mi sento inglese anch’io. Già nel 1984 con gli Europe ci esibivamo un po’ ovunque, dalla Norvegia al Giappone, a parte i Paesi dell’Est che non erano ancora aperti. Ci siamo sempre sentiti cittadini del mondo ed europei, gli aeroporti sono la nostra seconda casa». Eppure il nome Europe non ha nulla a che vedere con il mito dell’Europa unita che nasceva in quegli anni. «Inizialmen­te ci chiamavamo Force, ma c’era un altro gruppo svedese, i Rising Force, e volevamo cambiarlo. È stato l’album Made in Europe dei Deep Purple a ispirarmi, quindi no, non ci sono ragioni politiche, anche se molti pensano che The Final Countdown abbia il significat­o della versione dei Laibach (cover anti-Nato del 1994, ndr)». A proposito, The Final Countdown compie 30 anni. Che effetto le fa? «Incredibil­e. Oggi molti gruppi rock invecchian­o e celebrano 40 o 50 anni di carriera, ma un tempo era un traguardo inimmagina­bile. La cosa bella è che a festeggiar­e sono le stesse persone che registraro­no

The Final Countdown trent’anni fa. Poche band possono vantare la formazione originaria». Il pezzo come nacque? «Da ragazzo frequentav­o una scuola tecnica, ero circondato da geek, fanatici della tecnologia: l’unico ad avere una vena artistica e a suonare uno strumento come me era Mic Michaeli (il tastierist­a degli Europe, ndr). Sulla sua tastiera, una sera nacquero i primi accordi di The Final Countdown. Capii subito che erano speciali». Che cos’è che rende questa canzone speciale ancora oggi? «Comunica la gioia di stare insieme, suonarla ci dà ogni volta emozioni fortissime. Persino ai festival heavy metal c’è gente che si precipita sotto al palco per cantarla. Ognuno la lega a un ricordo». Il suo qual è? «Gli anni ’80 per la musica sono stati folli, i soldi venivano prima di tutto, ma noi ci siamo divertiti: suonavamo nei locali più cool del mondo, avevamo guardie del corpo, elicotteri, eravamo sempre in tour. Nonostante il “circo”, però, non abbiamo mai perso di vista l’obiettivo: questo album è stato un successo, adesso concentria­moci sul prossimo. Per questo non siamo mai caduti nelle droghe o negli eccessi. A vent’anni ce la siamo spassata, dal terzo album abbiamo capito che dovevamo responsabi­lizzarci e lavorare sodo». L’oblio dopo il grande successo è stato deprimente? «Più che altro è stato strano. Nel 1992 ci siamo presi una pausa, perché avevamo bisogno di tornare alla normalità: dopo aver fatto quella vita per dieci anni, però, non sapevamo neanche come accendere la lavatrice. Così mi sono dato un nuovo obiettivo: scrivere canzoni e fare dischi da solista. Ho imparato ascoltando Neil Young e Bob Dylan». Nel ’92 ha anche conosciuto sua moglie. «Ero arrivato a Londra da poco. L’ho conosciuta per strada, aiutandola dopo che aveva perso il portafogli­o. Essermi imbattuto in lei proprio allora la considero una benedizion­e. Mi sentivo vuoto». I suoi figli hanno 9 e 2 anni. Sono piccole rockstar? «Ogni tanto li sorprendo a strimpella­re con batteria e tastiere, ma solo per gioco, com’è giusto che sia a quell’età. Anche per me è stato così: la passione per la musica è cresciuta con me a poco a poco». Test di svedesità: quanto impiega a montare un mobile Ikea? «Non sono velocissim­o ma ce la faccio. Sono come Michelange­lo: dopo aver letto le istruzioni ho una visione di ciò che verrà e la realizzo». Negli anni ’80 era famoso anche per i suoi capelli. Quelli come li scolpiva? «Nei primi tempi degli Europe uscivo con una parrucchie­ra. Le chiesi: “Aiutami ad assomiglia­re a Robert Plant”. I capelli lunghi li ho avuti da sempre, sin da piccolo: mia madre mi inseguiva per casa con le forbici cercando di dare una sfoltitina, non volevo tagliarli mai». Avrebbe potuto vivere dei soli diritti di The Final Countdown? In altre parole, la reunion è stata una scelta o una necessità? «Senza fare pazzie probabilme­nte ce l’avrei fatta. Ma siamo musicisti, e questo è l’unico lavoro che vogliamo fare. In Svezia mi hanno chiesto di fare il giudice a Pop Idol e The Voice, ma ho rifiutato. Non per principio: sono troppo preso da famiglia e Europe». All’Italia che emozione vi lega? «Fortissima, cerchiamo di venirci a suonare sempre: il pubblico è fantastico, chiassosis­simo e molto fedele. Due giorni fa, a un concerto a Londra, ho intravisto una ragazza italiana che viene a sentirci a ogni tour. Da più di vent’anni!».

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 ??  ?? CAPELLI DI SVEZIA Gli Europe. Da sinistra, oggi: John Levén (basso), 52 anni, Mic Michaeli (tastiere), 53, Joey Tempest (voce), 52, John Norum (chitarra), 52, Ian Haugland (batteria), 51. Sotto, nel 1991.
CAPELLI DI SVEZIA Gli Europe. Da sinistra, oggi: John Levén (basso), 52 anni, Mic Michaeli (tastiere), 53, Joey Tempest (voce), 52, John Norum (chitarra), 52, Ian Haugland (batteria), 51. Sotto, nel 1991.

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