Vanity Fair (Italy)

IL SEXY RITORNO DI MAMMA MIETTA

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Davanti all’obiettivo si muove come un’attrice rodata. Smorfie, sguardi sexy, giochi di gambe, un ritocco alla scollatura perché non ecceda. Daniela Miglietta – che 8 Sanremo, un Trottolino amoroso e 10 album hanno reso per tutti Mietta – nei 46 anni del suo ritorno, con due film e un libro, si muove felice. E se dopo la nascita di Francesco Ian nel 2010 (Vanity Fair lo aveva annunciato con un servizio in pancione) e l’uscita dell’album Due soli… si era defilata dalle scene, adesso ha una gran voglia di raccontare come «ho imparato a piacermi, mentre prima avevo parecchie cose da modificare». Che cosa ha modificato, quindi? «Tante paure: verso le persone, verso gli uomini, verso la vita. Francesco mi ha fatto fare un grande salto di qualità, è l’energia che mi ha resa migliore e mi ha portata a diventare quella che ero prima». Prima di Mietta? «Sì. Da piccola hai un rapporto molto semplice con la vita, poi il tuo carattere lo “sporchi”, è un’evoluzione naturale: diventi qualcosa che non sei per piacere agli altri, per insicurezz­a. Io ne ho preso consapevol­ezza e ci ho lavorato sopra». Da sola? «Il mio miglior terapeuta sono io. Ho riscoperto l’intuizione che avevo da giovane, senza l’ansia di dover dire sempre la parola giusta ma sentendomi forte anche delle mie debolezze. E ho ritrovato la Daniela capace di visualizza­re cose che poi succedevan­o davvero». Per esempio? «A 14 anni, prima ancora di pensare che volevo cantare, ho visto me stessa a Sanremo. Ho visto che avrei conosciuto Prince, che adoravo, ed è successo. Sognavo persone che non vedevo da tempo e pochi giorni dopo le incontravo. È una parte di me che era andata persa: mi ero come smarrita, per anni avevo anche sofferto di attacchi di panico. Dopo il parto, era come se la Daniela donna non si trovasse più». La nuova Daniela sta sempre con Davide Tagliapiet­ra, il papà di Francesco? «La vita è ampia, l’amore c’è sempre». Quindi? «Stiamo insieme. Ma se racconto mi sembra di togliere qualcosa». L’arrivo di un figlio può anche travolgere la coppia. «Se stai bene con te, c’è sempre qualcuno che ti aspetta dietro la porta». Un’affermazio­ne da donna forte. «Sicurament­e sono più forte di quella che ero. Oggi mi voglio bene. Ero arrivata a non volermene affatto». In Ciao Brother, da poco uscito al cinema, ha una piccola parte e due canzoni. Una si intitola Non sei solo. «La vita è fatta per condivider­e, non per stare soli. Detto questo, ribadisco: è soprattutt­o su me stessa che faccio conto. Mi sono riappropri­ata di me e non ho bisogno di chiedere agli altri amore o sostegno. Quella è una debolezza che non ti perdonano». Eppure saper chiedere è importante. «Dipende. Se ti lamenti, nessuno ti ascolta volentieri. Prima di fare tutto questo lavoro su di me, ero chiusa in un mondo mio per il terrore che venisse fuori qualcosa di sbagliato. Ero tanto antipatica, perché la fragilità rende fastidiosi, ma a 40 anni mica puoi essere ancora antipatica. Cambiare mi dato sicurezza. Rispetto alla gelosia, per esempio». Era molto gelosa? «Lo ero perché non stavo bene». Aveva ragione di esserlo? «No, mai. Ma quando c’era un problema tiravo sempre fuori la gelosia come scusa». Dal punto di vista profession­ale, com’è la sua seconda vita? «Voglio recitare, ho sempre desiderato farlo però a un certo punto la musica ha preso il sopravvent­o. Dopo Ciao Brother, ho girato La fuga di Stefano Calvagna, dove faccio l’ispettrice di polizia». Più che una poliziotta, però, lei sembra una femme fatale: come cambia la sensualità negli anni? «Allo specchio appare qualche ruga in più. Però mi accorgo che prima gli uomini mi guardavano e vedevano una mamma, adesso che ho ripreso la mia sensualità in mano so di piacere». Continua a parlare del «prima». Quanto è durato, questo prima? «Un paio d’anni. Ma è finita. Ho anche scritto un libro, Tra l’acqua e l’olio: acqua perché io del mare vivo, e olio perché è il frutto della mia terra (Daniela è nata a Taranto, ndr). Ho ritrovato i riti che facevo con mia nonna, come la preghiera a Santa Monica per scoprire dai segnali lungo la strada – una porta che si apriva, un gatto che passava – il destino delle persone care». E la musica? «In questi anni è tanto cambiata, viaggia su piattaform­e digitali, i social sono determinan­ti, ci sono i talent... Vedremo. Per ora ho scritto le canzoni del film». Vista la sua passione per il cinema, come va con i rimpianti per non aver accettato 007 o non avere fatto Il postino? «Il secondo non è dipeso da me, il primo non l’ho preso al volo». Perché non l’ha preso al volo? «Per la paura di volare, e non è una battuta. La paura di salire su un aereo è una delle cose su cui sto ancora lavorando. Con un po’ di difficoltà». E un po’ di valium? «No, con il mio rosario. Pregare mi rimette in sesto». Guardiamo al futuro: nel personale come si visualizza? «Con mio figlio Francesco e con qualcuno che amo. Penso di essere sulla buona strada per arrivare a qualcosa d’importante». Aveva raccontato a Vanity Fair che ama le favole. Quali racconta a suo figlio? «Le invento. Per esempio quella di Merina, piccola come un fiammifero, che vive nella tasca del suo papà, finché un giorno si costruisce una casetta con l’aiuto dei suoi amici topolini».

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