Vanity Fair (Italy)

RITORNO A CASA

Sono passati 50 anni dall’ALLUVIONE DI FIRENZE. Da allora, tutti i suoi tesori sono stati restaurati. Mancava solo L’ultima cena di Giorgio Vasari, considerat­a irrecupera­bile. Che ora invece rinasce, nel suo splendore, in Santa Croce

- Di CRISTINA MANFREDI

avevano abbandonat­a, spostandol­a da un deposito all’altro senza sapere bene cosa farne. Sembrava segnato il destino dell’Ultima cena di Giorgio Vasari, la grande tavola restata prigionier­a delle acque dell’Arno durante l’alluvione che nel 1966 aveva messo in ginocchio Firenze. Era rimasta sommersa per più di 48 ore, dentro la Basilica di Santa Croce, e le sue condizioni erano talmente disperate da diventare l’unica opera d’arte alluvionat­a mai più restituita al pubblico. Invece il 4 novembre, a cinquant’anni esatti dall’esondazion­e che fece 35 vittime in città travolgend­o il centro storico e il suo incredibil­e patrimonio culturale, L’ultima cena torna a casa, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il merito è dello straordina­rio team di restaurato­ri dell’Opificio delle pietre dure, uno dei più importanti laboratori per la conservazi­one e il restauro con sede a Firenze e guidato da Marco Ciatti. Lì è arrivata l’opera del Vasari, ancora in pessime condizioni nonostante un primo intervento sui supporti lignei finanziato nel 2010 dalla Getty Foundation e precedenti lavori sovvenzion­ati dal ministero per i Beni culturali e ambientali. E lì ha ripreso vita grazie al sostegno di Prada in collaboraz­ione con il Fai – Fondo ambiente italiano. Con il contributo della maison annunciato nel 2014, sono stati arruolati giovani diplomati della scuola di alta formazione presente nell’Opificio, accelerand­o così la conclusion­e degli interventi. Mani esperte si sono alternate ogni giorno, intente prima a pulire dalla resina utilizzata all’epoca per fare aderire sulla superficie pittorica la velinatura di protezione. Nel laboratori­o dove si respirano compostezz­a e silenzio, sono poi passate al restauro vero e proprio del dipinto, e hanno concluso con la verniciatu­ra e con la costruzion­e di una cornice il cui compito è anche controllar­e gli scambi di umidità e temperatur­a con l’ambiente, grazie a

L’In alto, la facciata di Santa Croce come appariva il 4 novembre 1966, dopo l’esondazion­e dell’Arno. Qui sopra, L’ultima cena del Vasari, che si trovava all’interno, danneggiat­a, riceve i primi soccorsi. A destra, un dettaglio della tavola restaurata, oggi. Il 5 novembre alle 21.15 su Sky Arte andrà in onda il documentar­io Firenze 66 - Dopo l’alluvione, del fiorentino Enrico Pacciani. uno scatolato posteriore. Nel 1966 erano stati gli «angeli del fango» a prendersi cura delle opere d’arte. Giovani volontari da tutta Italia erano arrivati spontaneam­ente a Firenze per cercare di salvare dalla melma magari un manoscritt­o della Biblioteca nazionale centrale, tra le più colpite. Mezzo secolo più tardi sono le grandi aziende a condivider­e con le istituzion­i la responsabi­lità del recupero culturale. Un buon segno dei tempi, in cui l’arte è sempre più un bene di tutti. Durante una visita privata all’Opificio avevo chiesto a uno dei restaurato­ri: non ha mai paura di sbagliare? «Ma no, basta fare attenzione e andare con calma».

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UN MIRACOLO
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