Vanity Fair (Italy)

CI FACCIAMO IN SETTE

Nel 1978 una dottoressa descriveva la sua impotenza di fronte alle MORTI DI PARTO, frequentis­sime in Africa. Molto è stato fatto, ma ancora oggi 1 mamma su 200 non sopravvive. Così, la più antica Ong italiana cambia passo

- Di TAMARA FERRARI

l mio cuore piange quando devo firmare un certificat­o di morte». Lo scriveva, nella lettera a fianco, Adriana Boschetto, la prima dottoressa italiana arrivata in Mozambico con Medici con l’Africa Cuamm, la più importante e storica organizzaz­ione non governativ­a italiana nel continente. Quarant’anni dopo, in Africa molto è stato fatto, ma una donna su 200 ancora muore di parto (in Italia è una su 25 mila) e un bambino su sei muore venendo alla luce (da noi 4 su mille, dati Oms). La causa? «Nei villaggi non c’è assistenza sanitaria e mancano strade e mezzi di trasporto: le donne devono camminare per chilometri prima di arrivare in ospedale», dice don Dante Carraro, il direttore del Cuamm, che è presente in sette Paesi dell’Africa subsaharia­na. Per questo, nel 2011, l’organizzaz­ione ha lanciato il progetto di sanità pubblica «Prima le mamme e i bambini», con l’obiettivo di raddoppiar­e in cinque anni, e in quattro Paesi (Etiopia, Angola, Tanzania e Uganda), i parti assistiti. «L’obiettivo è stato raggiunto», spiega il chirurgo Fabio Manenti, «in cinque anni 135 mila donne hanno partorito in ospedale». Il progetto, costato 5 milioni di euro, è stato possibile grazie all’aiuto di quattro fondazioni bancarie, Cei, ministero degli Esteri e aziende private come Morellato. «Il 5 novembre partirà una nuova fase: estenderem­o il programma a Sierra Leone, Sud Sudan e Mozambico e si amplierà l’intervento dal momento del parto ai primi mille giorni di vita, e alla nutrizione», dice Manenti. «Bisognerà triplicare l’investimen­to, ma salveremo tante vite». Per aiutare, mediciconl­africa.org.

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