Vanity Fair (Italy)

Non è un Paese per romanticon­i

- FERDINANDO COTUGNO

In un negozio, i Thegiornal­isti stanno sullo scaffale della musica indie italiana. Ma il mondo del cantante Tommaso Paradiso (sotto, tra il batterista Marco Primavera, a sinistra, e il chitarrist­a Marco Antonio Musella) è da un’altra parte: i suoi riferiment­i sono pop, e i suoi maestri Lucio Dalla, Luca Carboni e Vasco Rossi. Hanno fan e detrattori per lo stesso motivo: il romanticis­mo senza riserve dei loro pezzi. Il loro nuovo album, Completame­nte sold out, ha lo stesso tono. Tutta questa sincerità ha un prezzo? «Al pubblico, quando sei così sincero, scatta un meccanismo di protezione. Io scrivo pezzi come se scrivessi messaggi su WhatsApp, e se ci frequentia­mo, a un certo punto inevitabil­mente ti troverai dentro una mia canzone». Siete tutto l’opposto dell’indie, pieno di ironia e autodifese. «Per questo mi riconosco nel pop da classifica: è più sfacciato, più vero. Nell’indie, quando fai canzoni come le nostre, sei uno sfigato». Non è più un mondo per romantici? «Io proprio non capisco, ci commuoviam­o per Notting Hill ma poi, se ti lasci andare nella vita reale, sei un deficiente. A me interessa il lato emotivo della realtà, ho la commozione facile, secondo me puoi essere un libraio sfigato, entra l’attrice più bella del mondo nel tuo negozio e alla fine ci fai un figlio». La vostra musica ispira nostalgia anni ’80: è una cosa da cui si guarisce, a un certo punto? «Io mi faccio le endovene di Dalla e Vasco Rossi, ma non sono nostalgico, mi ispiro alla contempora­neità, ascolto Justin Bieber, Justin Timberlake. La condanna della canzone italiana è che appena metti un sintetizza­tore si pensa subito agli ‘80. Sembriamo rétro, ma non siamo rétro».

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