Vanity Fair (Italy)

RUBATOL QUELL’ANELLO CHE HO

Dopo cento milioni di dischi venduti, BRUNO MARS spiega perché è rimasto un uomo d’altri tempi. Come quando, a cinque anni, fece un gesto molto romantico. E la maestra lo beccò

- Di SIMONA SIRI

o studio di registrazi­one dove Bruno Mars ha lavorato al nuovo disco e dove mi trovo per l’ascolto in anteprima mondiale si trova a Burbank, a nord di Los Angeles, in una via talmente residenzia­le che l’autista è sicuro si tratti di un indirizzo sbagliato. «Non sembra un posto da popstar», mi dice accostando di fronte al cancello che si apre su una corte piena di piante. Ha ragione. Più che un luogo per fare feste, sembra l’ingresso di una spa, sereno e pieno di pace. «Eppure, è qui che ho passato giorni e notti cercando di fare un disco migliore dei due precedenti», mi dice più tardi Bruno, seduto al piano in una delle sale di registrazi­one. Cappello da baseball in testa, shorts bianchi e scarpe da ginnastica, a 31 anni appena compiuti e con solo due album – più il nuovo 24K Magic in arrivo il 18 novembre – ha già stabilito qualche record: cento milioni di dischi venduti, sei numeri uno piazzati nella classifica Hot 100, quattro Grammy Awards, tre Brits. Soprattutt­o, la stima dei colleghi, da Mark Ronson ad Adele, che fanno la fila per collaborar­e con lui, ben sapendo che tutto ciò che tocca si trasforma in successo. Non c’è dubbio che sarà così anche per 24K Magic. Con una gestazione di quasi quattro anni – il penultimo disco, Unorthodox Jukebox, è del 2012 – il nuovo lavoro è, secondo il suo autore, come un invito a una festa. «In questi anni in tour sui palchi di tutto il mondo ho capito che voglio divertirmi, e far divertire la gente. Per me questa è la definizion­e di successo», mi dice, le mani sulla tastiera e ogni tanto un accenno di canzone improvvisa­ta lì per lì. Nonostante

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