Vanity Fair (Italy)

Chi vuol essere virtuale?

Tornano con un disco molto visivo. PerchŽ nel futuro i fan staranno Çdentro lÕalbumÈ. I SAINT MOTEL invitano tutti alla loro festa

- Di FERDINANDO COTUGNO

Saint Motel sono sempre stati un gruppo da vedere oltre che da ascoltare, attenti alle immagini tanto quanto alla musica. Non è un caso che si siano conosciuti in una scuola di cinema di Los Angeles. Nel 2014, con il loro indie rock frizzante e lo stile visivo anni ’70, erano stati «adottati» dall’Italia, My Type era su tutte le radio (mentre il video con la Raffaella Carrà di Milleluci impazzava) e loro ospiti a Sanremo e X Factor. Ora sono tornati e con i video del nuovo album, saintmotel­evision, hanno messo da parte la nostalgia e guardano al futuro. Move e You Can Be You si possono vedere in realtà virtuale, a 360 gradi. «Un piccolo passo per la musica, un grande passo per noi», spiega A/J Jackson, il cantante del gruppo. Ripartiamo dall’inizio: che c’entra la television­e? «saintmotel­evision doveva essere una grande festa in un capannone di Los Angeles, con balli, numeri comici, installazi­oni artistiche, tutto dal vivo e trasmesso in streaming. Poi non è andata esattament­e benissimo». Che cos’è successo? «È arrivata la polizia. Non avevamo i permessi, i poliziotti hanno interrotto l’evento. Ma visto che siamo i Saint Motel e che mescolare le arti è la nostra causa nobile, abbiamo messo tutti quegli spunti in un album». In che modo avete conservato lo spirito di quella festa mancata? «Grazie ai videoclip e alla realtà virtuale. Un musicista è un artista che crea un mondo, la realtà virtuale è il passo logico successivo, la vedo come uno strumento per rendere più personale il rapporto con il pubblico, invitare i fan a sedersi dentro il nostro mondo». In che modo la realtà virtuale cambierà la musica? «La realtà virtuale cambierà tutto. Si potrà partecipar­e a ogni momento della lavorazion­e e del lancio di un disco senza muoversi da casa, stando dentro la musica». In questo caso, i fan avrebbero visto che avete trovato una vena più malinconic­a, in pezzi come Born Again. «Ci piace sempre molto divertirci, ma non tutto può essere una festa. Per esempio, in Born Again racconto la strana esperienza di incontrare un amico che era sparito dai miei radar; l’ho rivisto anni dopo e ho scoperto che era diventato un cristiano rinato. Un’esperienza triste, ma anche rivelatric­e. È strano come la vita finisca nelle canzoni: a modo suo anche questa è realtà virtuale».

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