Vanity Fair (Italy)

MAMME E FIGLIE

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Da sinistra: Carrie Fisher, morta il 27 dicembre 2016 a 60 anni, con Harrison Ford, ai tempi del loro primo Star Wars (1977); nel 1981, con il cantante Paul Simon, sposato due volte; i suoi genitori Debbie Reynolds ed Eddie Fisher nel 1957 a Epsom: davanti a loro Liz Taylor e il terzo marito Michael Todd (il quarto sarà proprio Fisher); Carrie nel 2015 con la mamma Debbie, morta il giorno dopo la sua scomparsa, e la figlia 24enne Billie Lourd. Sotto, l’urna a forma di pillola di Prozac con le ceneri di Carrie, sepolta accanto alla mamma a Los Angeles. appena morto; insomma: per Liz Taylor. Come Paul Simon, Fisher faceva il cantante, ed era bassino, ed era ebreo. Carrie lo elencava tra le analogie che rendevano identici il suo percorso e quello di Debbie: oltre ad aver sposato lo stesso modello d’uomo, entrambe avevano avuto un successo pazzesco con un film girato a 19 anni, ed entrambe avevano esordito al cinema a 17. Carrie in Shampoo, con Warren Beatty, così rievocato nel ’91: «Si o¢rì di liberarmi dell’enorme fardello della verginità. Quattro volte. Fu la sua grande o¢erta, e io optai per il ri€uto. Optai per la realtà invece che per l’aneddoto». Il fardello ritorna in Bright Lights, il documentar­io sulle vite di madre e €glia girato nel 2015 e in onda su Sky Cinema Hits il 18 gennaio, alle 21.15. In una conversazi­one tra Carrie e Gri©n Dunne, lui ricorda di quando lei, 19enne, non voleva far sapere a un €danzatino che era vergine. «E quindi tu mi hai liberato del fardello dell’imene», «Ma questo non ha rovinato la nostra amicizia». on Paul Simon, Carrie si sposò due volte (sì: come Liz Taylor e Richard Burton). In mezzo, ci fu il povero Dan Aykroyd, uomo di passaggio tra un ripensamen­to matrimonia­le e l’altro. Carrie Fisher non sarebbe mai stata così maleducata da dirlo, ma la sensazione è che le sue versioni letterarie delle sue storie con gli uomini siano molto più interessan­ti dei suoi uomini. Ricorda quel passaggio d’un romanzo di Erica Jong: «Io cercavo ispirazion­e, non un rapporto: dovevo scopare in fretta per poi correre a scrivere». Qualunque sia stata la sua relazione con James Blunt, non potrà mai essere folgorante come la sua spiegazion­e del perché non avessero rapporti sessuali: «Mi ha raccontato tutti i suoi traumi, praticamen­te sono diventata la sua psicanalis­ta: non sarebbe stato etico andare a letto col mio paziente».

Cun certo punto questa poetica dell’uomo ridicolo deve averla inculcata anche alla madre, che – sebbene donna di tempi più reticenti rispetto allo sbe¢eggiare i propri amanti – si adeguò. Nel 2001, Carrie scrisse per Debbie Reynolds e Liz Taylor i ruoli d’un’ex gloria del cinema e della sua agente. Nel €lm per la Tv These Old Broads, come nella realtà, la seconda era stata a letto col marito della prima, molti anni prima. «Ti ho perdonata da decenni. E poi lo sanno tutti che sei ninfomane». «Sono stata con lui solo perché ero

Aubriaca: tu che scusa avevi?». (Carrie Fisher diceva che la ragione per cui raccontava i fatti propri era che sennò li avrebbe raccontati qualcun altro, in una qualche versione che sarebbe stata «Le tragedie della vita di Carrie Fisher», e lei non poteva sopportare l’assenza di senso dell’umorismo. Secondo me c’entra anche il fatto che aveva capito quanto Nora Ephron il sollievo di poter usare i propri drammi come materiale comico. Non è un caso se entrambe scrissero come primo libro un romanzo autobiogra€co – A ari di cuore parlava del divorzio di Nora, Cartoline dall’inferno del rapporto di Carrie con la madre – che divenne in entrambi i casi un €lm di Mike Nichols; tutt’e due le volte, la donna che si salva la vita col senso dell’umorismo è interpreta­ta da Meryl Streep). ebbie Reynolds, divenuta autoironic­a quasi quanto la €glia, riuscì dopo molto tempo a ridere anche del secondo marito Harry Karl, forse il peggiore. Un miliardari­o che non solo perse al gioco tutto il proprio patrimonio, ma dissipò anche i soldi guadagnati da Debbie in una vita intera in scena, sparendo e lasciandol­a con dieci milioni di dollari di debiti. «Ogni mattina veniva il barbiere con la manicure, perché lui ci teneva al suo aspetto, e io non capivo perché ci mettessero tanto, e solo dopo ho scoperto che il barbiere era un pappone e le manicure erano delle prostitute», spiegò a una Oprah Winfrey deliziata. Per fortuna aveva colleziona­to costumi dei kolossal hollywoodi­ani, e mettendoli all’asta se la cavò: «Mia madre ha i migliori memorabili­a e i peggiori ex mariti». Ha passato la vita a drogarsi e disintossi­carsi, a raccontare storie da erede d’una dinastia hollywoodi­ana, a essere su tutti i gadget del marchio cinematogr­a€co più famoso del mondo (non ci guadagnava niente, aveva ceduto tutti i diritti di sfruttamen­to d’immagine di Leia a George Lucas: «Devo dargli due dollari ogni volta che mi guardo allo specchio»). Insomma, non ci somigliava. Però sapeva illuderci: sono una di voi sfortunate. E infatti in molte l’hanno ricordata col personaggi­o che interpreta­va in Harry ti presento Sally: l’innamorata d’un uomo sposato, in lagnosa attesa che lui lasciasse la moglie. Un cliché che Carrie Fisher non sarebbe mai stata così scema da vivere. Neppure a 19 anni.

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