Vanity Fair (Italy)

L’era dell’Acquario

Pace, amore, gioia: nel nuovo disco i BAUSTELLE cantano un rinnovato bisogno di armonia. E lanciano un messaggio a chi, invece, punta sulla strategia del terrore

- Di IRENE SOAVE

entre intervista­vamo la «cellula milanese» dei Baustelle – Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi, montepulci­anesi trapiantat­i a Milano; mentre Claudio Brasini, terzo componente della band, è rimasto in Toscana – siti e radio davano la notizia che a pochi chilometri da noi, poche ore prima, il responsabi­le dell’attacco terroristi­co di Berlino era stato ucciso. Il loro settimo album, L’amore e la violenza, esce il 13 gennaio, preceduto dai singoli Amanda Lear e Lili Marleen; e da un altro attentato, a Istanbul, la notte di Capodanno. Sentirlo è come parlare d’amore – «ne cantiamo tanto perché è un terreno minato, pericoloso, è questo il suo miracolo», spiega Bianconi – con il sottofondo di un Tg: i versi delle 12 tracce sono disseminat­i di «interventi­sti, jihadisti e scambisti» (Eurofestiv­al), profughi siriani (Il Vangelo di Giovanni), dei tremiti dell’Europa Unita (Betty) e dritte «per sopravvive­re alle stragi» (L’era dell’Acquario). «Ci si abitua a tutto», cantano parlando di terrorismo: «Ed è vero», interviene Bianconi, «ci ha fatto caso? Berlino ci ha sconvolti meno del Bataclan, ne parliamo meno. È sano: abituarsi alla paura è il peggior dispetto da fare a un terrorista».

MNel disco ce n’è abbastanza però, di paura. Francesco: «A partire dal titolo. Le nostre canzoni d’amore sono la versione aggiornata di quelle che scriveva Prévert dal fronte. In guerra ci siamo, anche senza fronte: tutto il cosiddetto mondo islamico, rimasto nel Medioevo, contro il nostro fragile postillumi­nismo. Una guerra di epoche. A noi colonialis­ti la loro arretratez­za ha fatto gioco per secoli, ma ora non c’è da stupirsi che questo ci si ritorca contro. Lo cantava già Battiato in Fisiognomi­ca: vuoto di senso, crolla l’Occidente… e dall’Oriente orde di fanatici…». Molti brani del disco ricordano Battiato. Francesco: «Lui c’è in quasi tutti i nostri dischi. Così come Morricone. Non so se faccio bene a dirlo, perché poi sembriamo dei copioni. Ma l’arte è fatta così: lo stesso Morricone, nel tema di C’era una volta in America, ammette di riprendere un motivo di Mahler. Bisogna poter prendere un verso del Corano e una frase da bar e recuperarl­i, citare non è un peccato. È la stessa operazione che facciamo con la religione. Noi non siamo credenti». Rachele: parlo». Francesco: «Certo, perché fa parte della nostra educazione. Citiamo molto i Vangeli, ci sono preti e croci™ssi qua e là, ma non è strano: le religioni ci interessan­o come le ™gurine di un album». New Age compresa: L’era dell’Acquario, che dà il titolo a un brano, viene da lì. Francesco: «Non siamo esperti, ma pare che questi anni orrendi stiano per essere spazzati via dal suo arrivo, nel 2017». Rachele: «Per certi astrologi è già arrivata». Francesco: «Un’era di altruismo, di pace e amore, contrappos­ta a quella dei Pesci, che starebbe ™nendo, individual­ista e bellica. Ce n’è bisogno, dopo un anno così». Anche voi siete detrattori del 2016? Rachele: «Io chiudo in pareggio. È stato un anno buono, lavorare a questo disco è stato bello». Francesco: «Io invece a parte il disco nuovo non salvo niente: mi sono separato, ho amici che si sono ammalati gravemente, ed è successo tutto insieme, senza tregua. C’è bisogno di stare un po’ meglio». «O meglio, io non ci credo ma ci

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