Vanity Fair (Italy)

RELAZIONI ONESTE

ALMENO FINO A 50 ANNI

- RICHARD DREYFUSS E LE DONNE

Per riprenders­i la sua vita, Richard Dreyfuss si è dovuto schiantare contro un albero. «Quando aprii gli occhi, la mia faccia era sull’asfalto, l’auto capovolta sopra di me». Era il 1982. La carriera era iniziata da poco, ma già era stato uno degli adolescent­i protagonis­ti di American Gra ti, il biologo marino dello Squalo, l’elettricis­ta Roy Neary di Incontri ravvicinat­i del terzo tipo, e l’aspirante attore di Goodbye amore mio!, che nel 1978 gli fruttò l’Oscar a soli 30 anni, il più giovane a vincerlo. Ma il successo non gli fece bene: «Ero un cane ignobile. Mi drogavo, ubriacavo, andavo a letto con le donne degli altri. Ero marcio», mi dice con disgusto quando lo incontro alla presentazi­one di Mado (Sky Cinema Uno, 28 gennaio), miniserie su Bernie Mado•, il –nanziere newyorches­e condannato nel 2009 a 150 anni di carcere per la più grande tru•a della storia, costata ai suoi clienti 65 miliardi di dollari. Forse, è proprio così. Perché, dopo quell’incidente, Richard è cambiato: si è disintossi­cato e ha avuto tre –gli dalla prima moglie, Jeramie Rain (Emily, 33 anni, Ben, 30, e Harry, 26). «Quando mi sono svegliato in ospedale, continuavo a vedere una bambina, aveva 8 anni e

portava gli occhiali, ma non riuscivo a capire chi fosse. Mi ci sono voluti vent’anni per realizzare che era mia •glia Emily. È nata il 19 novembre 1983, esattament­e un anno dopo che ho smesso di bere. Sono sobrio da allora».

Come si spiega le visioni? «Sono agnostico. Ma accetto che ci siano alcune cose che non possiamo capire. Siamo umani proprio perché ci facciamo domande, ma non abbiamo le risposte su tutto». Che cosa l’ha fatta cadere nelle dipendenze? «Ho vinto l’Oscar troppo presto, non ero abbastanza maturo per gestire la mia vita come avrei dovuto». Nel 2013 ha raccontato di so‚rire di disturbo bipolare. «A una conferenza, volevano dicessi quanta vergogna provavo. Ma non avevo niente di cui vergognarm­i o da nascondere. Ne parlo da quando avevo 11 anni. Ed è stato più un vantaggio che una soŸerenza». In che senso? «Ho guardato il mondo con gli occhi di un maniaco bipolare. Ho vissuto nella gioia per 40 anni, i miei unici momenti oscuri sono stati quelli in cui mi hanno fatto tornare alla realtà. I miei amici mi dicevano: “È ora di legarti le corde da circo alle caviglie e tirarti giù”». Girare Lo squalo fu un’impresa, vero? «Lo squalo meccanico non funzionava, le barche non passavano mai: non facevamo altro che aspettare in mare aperto. Ma quanto ci siamo divertiti». Ed è vero che voleva la parte di Incontri ravvicinat­i del terzo tipo a tutti i costi? «Sì. Spielberg iniziò a parlare di quel •lm mentre giravamo Lo squalo e capii che era un’idea pazzesca. Così, cominciai: “De Niro non è divertente”, “Al Pacino è matto”. Trovavo qualcosa di negativo su chiunque venisse fuori». L’ha convinto così? «No. Un giorno sono entrato nel suo u§cio e gli ho detto: “Per Roy Neary hai bisogno di un bambino, di qualcuno che si meravigli davanti alle cose”, e lui mi ha risposto: “La parte è tua”». E lo sguardo da bambino l’ha conservato? «Sì. Ho provato quella meraviglia quando Emily ha avuto mio nipote Huxley, che ora ha un anno e mezzo. Ricorderò per sempre il giorno in cui si è sposata. Per fortuna, vado d’accordo col marito, altrimenti avrei dovuto ucciderlo (ride)». Li vede spesso? «No, Emily vive a Boston e fa l’editor a Wired, io a San Diego. Ben è a New York e scrive per Mother Jones, Harry a Los Angeles. Sono tutti fantastici, ma vorrei che avessero ancora 9 anni». Perché? «Da adolescent­i si trasforman­o: è come se gli alieni prendesser­o i tuoi bambini e li sostituiss­ero con dei mostri. A 24 anni, Emily mi ha chiamato e ha detto: “Ti ricordi il periodo in cui non ti rispettavo? Ho sbagliato”. Mi ha fatto patire le pene dell’inferno per 10 anni». Anche lei ne ha combinate tante. «Oggi invece mi chiedo sempre che cosa sto facendo. Cinque anni fa, mi sono reso conto che avevo ferito tutte le donne con cui sono stato e ho scritto una lettera di scuse a ognuna. Mi hanno risposto in poche e mi hanno detto: “È troppo tardi, amico”». Perché l’ha capito così tardi? «Sono cresciuto. Gli uomini non sono abbastanza maturi per avere relazioni oneste almeno •no ai 50 anni». Dopo una seconda moglie, Janelle Lacey, dieci anni fa lei ha sposato Svetlana: è questa l’età giusta? «Con lei sono un uomo migliore. È la persona più intensa di questa terra e la amo oggi come l’amavo 12 anni fa». Lei ha detto che c’è un po’ di Bernie Mado‚ in ognuno di noi. Che cosa intende? «Tutti possiamo trovare momenti in cui abbiamo mentito o appro•ttato di qualcuno. Non ci pensiamo neanche». Lo giusti„ca? «Neanche per sogno! In prigione, gli hanno chiesto se si sentiva in colpa. Sa che cosa ha risposto? “Fanculo le mie vittime! Sono io quello dietro le sbarre”». Ha mai pensato di incontrarl­o? «No, non mi avrebbe detto la verità e non volevo dargli soddisfazi­one». Come ha reagito alla notizia dell’arresto? «Non mi interessav­a. Poi ho visto che anche amici e colleghi erano stati truffati, così mi sono informato. Nella serie avremmo dovuto fare i nomi delle banche complici di MadoŸ, tutta Wall Street sapeva. Ma Abc News temeva cause legali. È stato da codardi». Che cosa pensa della vittoria di Trump? «Trump è un bullo da bar, la persona più pericolosa che potesse salire al potere».

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LA VERA COPPIA Bernard e Ruth Madoff, 78 anni e 75.
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