Vanity Fair (Italy)

La sindrome dell’orso

In inverno abbiamo sempre sonno a causa delle tante ore di buio e di certe cattive abitudini. Per uscire in anticipo dal letargo un modo c’è: seguire la luce. E una dieta del buonumore

- di IRENE SOAVE

LLa scrittrice california­na Shelley Jackson lo immagina come se fosse neve: «Sta cadendo il sonno. Le briciole scorrono turbinando lungo la strada, si raccolgono ai bordi dei marciapied­i», scrive in uno dei suoi racconti. Niente di più azzeccato: molti di noi, in questo periodo, sono colpiti da una sorta di «sindrome dell’orso» che rende più pigri, innitamente più rilassati quasi fosse un’eredità evolutiva del letargo, più lenti nelle attività quotidiane, e spesso demoralizz­ati. Una lieve depression­e dell’umore, sonnolenza continua (soprattutt­o mattutina), il dormire male di notte per via del calo della serotonina, e un appetito che aumenta sono i sintomi principali del seasonal a ective disorder, la depression­e stagionale. «Il sonno d’inverno è discontinu­o a causa di vari fattori», spiega Luigi Ferini-Strambi, primario del Centro di medicina del sonno del San Raˆaele di Milano. «Il primo è la riduzione della luce naturale. Il nostro corpo al buio secerne melatonina, un ormone che regola il rilassamen­to e rallenta varie funzioni. Tradotto: agevola il sonno. E l’inverno è una stagione buia, anche al mattino, e questo incide sulla sua produzione». Seguono altri motivi: «Come l’alimentazi­one più ricca, che fa ingrassare e russare di più perché tre o quattro chili di troppo, messi su magari a Natale, possono disturbare la respirazio­ne. Inoltre i cibi molto calorici e l’alcol interferis­cono, perché laboriosi da digerire. Così ci si sveglia più stanchi». I rimedi sono intuitivi: contrastar­e l’aumento di peso e mangiare bene. «Camminare per andare al lavoro, andare in palestra. Non farsi fregare dalla pigrizia», continua Ferini-Strambi. La Rete pullula di consigli sui «cibi del buonumore»: pesce grasso e frutta secca, con i loro omega 3; carboidrat­i complessi (meglio se integrali) come cereali e pasta; banane, ricche di potassio. Insomma, il menu di un ristorante giappo-brasiliano. E lo sport all’aperto vale doppio: per chi non scia, ciaspolate o passeggiat­e in montagna aiutano a regolare peso e serotonina, attivata proprio dall’esercizio fisico, e a esporsi alla luce naturale, salvica per l’umore. È proprio quest’ultima a essere al centro di nuove strategie di cura: «Per i casi in cui l’ipersonnia o il sonno disturbato incidono sulla vita quotidiana c’è la light therapy. Il San Raˆaele, per esempio, la oˆre. Si tratta di esporsi appena svegli a una luce molto forte per 45 minuti o un’ora». Va bene anche il fai-da-te: una lampada da 10 mila lux costa online (parola da cercare: luminotera­pia) dai 50 ai 90 euro. «Umore e sonno sono collegati: la depression­e rende di–cile dormire per le giuste ore di la, e se è di tipo bipolare – cioè con fasi depressive che si alternano a momenti di energia euforica e ottimismo eccessivo – dà, nei momenti di down, ipersonnia». C’è da spaventars­i? No. «Se i problemi del sonno non sono invalidant­i, non è il caso di avviare una terapia ma è giusto rispettare la stagionali­tà del corpo». Che comprende un piccolo «letargo»: quello necessario, come agli animali selvatici, per prepararsi a brillare di nuova energia in primavera.

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