Chiodo sso
Ma anche pinze, cacciavite e martello: la cassetta degli attrezzi per ALESSANDRA VERONA racchiude un concentrato di serenità che l’aiuta a mettere in ordine i pensieri e dominare la realtà
C’è il senso dell’orizzonte, di un movimento che non necessita dello spostamento, nell’estetica da viaggiatrice di Gazèl, a cominciare dal nome, che signi ca bella ragazza in nordafricano: «Un suono piacevole, un rimando al femminile e al viaggio». Gazèl è la scelta di Alessandra Verona per il marchio di total look multistrato, da comporre secondo il tragitto che si ha davanti, di terra o di pensiero. Il suo sguardo è cresciuto con lei dalle nestre di Udine, ora dalle vetrate dello spazio archeologico industriale in cui lavora, aacciata sul paesaggio, che usa come pedana per immaginare altri mondi, non per forza reali. Dalla sua Udine, «una terra di con ne e di contaminazione mitteleuropea», Alessandra sbriglia il pensiero lontano, ma con molto ordine. Il suo segreto è la disciplina: «I pensieri creativi si arruano tra loro, sono appunti che inseguo con metodo, per non perderli». Il metodo è quello assorbito in tanti anni di danza, praticata per professione, no a quando un incidente l’ha fermata. Sparita la musica, è rimasto il volare dei gesti e il sottostante rigore, che non è poco: «La formazione sica, quel plasmare il corpo con attenzione al minimo movimento, insegna a esercitare l’assoluto controllo». Anche oggi si tiene saggiamente in allenamento, non più attraverso i muscoli, ma con utensili da lavoro: mettendo a posto chiodi, pinze e martello, della cassetta degli attrezzi. Strumenti di addestramento di una scatola che per lei signi ca serenità. Un giardino d’acciaio coltivato quotidianamente, per mettere in ordine la mente: «Il mio sistema per dominare la realtà». Quella popolata di cacciaviti e chiavistelli, che ogni volta tira fuori, setaccia e di nuovo divide, per temi e misure: «Mi rimanda a una situazione di benessere». A quel «clac!» della valigetta d’acciaio del padre che ai suoi occhi di bambina, come la borsa di Mary Poppins, sembrava risolvesse tutto. Un vecchio saldatore, l’odore dei li di stagno per aggiustare piccoli circuiti, i colori di manici e prese: «Un insieme che mi dava certezza». Il binomio papà-attrezzi era magico, la scatola era in disordine, ma l’Edipo, si sa, chiude spesso un occhio. Per tutte le altre cassette del mondo, il giudizio è invece inessibile: «La sistemazione degli attrezzi è una cosa su cui valuto molto le persone». In altre parole: «Apprezzo molto quelle ben organizzate». Cosa cambia avere la cassetta? «La testa ci porta dovunque, anche a perderci. Le mani e gli oggetti sono lì da gestire, una presenza sica che bilancia il vagare della mente». Ci sono giornate in cui il peso della cassetta non è trasportabile, ma in sua vece, in borsa, ci sono graetta, pennarello rosso, matita e temperino, nell’immancabile astuccio: «Mi dà un punto fermo». Senza nulla togliere ad astuccio e cassetta degli attrezzi con plusvalenza di patrimonio familiare, molto fa anche la scatola del cucito: «Sto cercando quella ideale per i nastrini dei pacchetti». Che Alessandra Verona confessa di possedere in quantità: «Alle feste di compleanno, come una gazza ladra, li porto via tutti». E li aggiunge a un mondo in scatola popolato di forbicine nelle taschine, aghetti in
lzati nei cuscinetti, rocchetti posizionati dritti dritti, un «universo» in cui tutto va bene: «Se si rovesciasse, mi prenderebbe un colpo».