Vanity Fair (Italy)

Caro direttore,

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Brad Pitt 2 volte in 4 mesi. Io la amo quasi quanto amo Brad. RACHELE Seeee. Anche a me il Big Mac¨ piace quasi quanto lÕEuchessi­na¨. Non mi piace, è sciatto con quella T-shirt strappata. SILVIA GlielÕha strappata Rachele.

50 CC D’AMORE

Spezzo una lancia, anzi un bastoncino, per le email. Come questa, che mi permette di scrivere quello che sento senza vedere l’interlocut­ore, e senza che l’interlocut­ore mi veda. Sì, perché chi mi incontra per strada non immagina la lavatrice di pensieri che mi si agitano in testa. Vede, da fuori, una ventitreen­ne sorridente, brillante, circondata da mille persone. Non immagina certo la solitudine che vivo dentro. Vorrei 50 cc d’amore, grazie: ne ho un gran bisogno. Dicono che l’amore arriva quando meno te lo aspetti: vero. Dicono che l’amore non si cerca, sempliceme­nte si trova: vero anche questo. Qui però non passa, e allora, che cosa devo fare? A volte credo che il mio problema sia la bulimia di attenzioni, la continua ricerca di approvazio­ne. Su Facebook sbocciano like per ogni foto o frase che posto. Ma non sono i like quello che voglio davvero: voglio qualcuno capace di starmi accanto, con cui confrontar­mi, con cui crescere, con cui essere fragile e imperfetta, perché è quello che sono. Così diversa dall’immagine di ragazza perfetta che mi sono creata sui social. La perfezione spaventa, allontana. Vorrei imparare ad amare e a lasciarmi amare per quella che sono. MARTINA

LA FATICA DI DIRE NO

Ècominciat­o tutto quando avevo 5 anni, sotto il tavolino del salotto della nonna. Con il mio cugino di 10 ci nascondeva­mo lì per gioco. Un giorno lui ha detto «si è fatta notte» e ha cominciato a toccarmi. È successo ripetutame­nte. Più tardi abbiamo iniziato a chiuderci in cameretta, anche lì «si faceva notte»: qualche volta mi ha anche penetrata. Ero solo una bambina e non osavo dire no. Capivo che quel «gioco» non andava bene, ma non avevo il coraggio di parlare, non volevo dare un dispiacere ai miei genitori e ai miei zii. Una sera stavo per dirlo a mia madre: mi bloccò la paura delle conseguenz­e, la vergogna per aver taciuto così a lungo. Alla fine la abbracciai soltanto, e le dissi che le volevo bene. Qualcosa però si mosse, e fu la svolta per uscirne: bastò dire una volta «no» perché lui non ci provasse più. Mi tormenta ancora oggi il pensiero che avrei potuto liberarmen­e molto prima. Continuo a faticare a dire no e, quando lo faccio, mi stupisco che il mondo non mi caschi addosso. D.

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