Vanity Fair (Italy)

SI SALVI CHI PUÒ (RISOLVERE UN PROBLEMA)

A Roma ha appena aperto una nuova ESCAPE ROOM: in Italia sono già arrivate a quota 100. Ecco come nasce questo fenomeno di divertimen­to (mondiale), e chi lo alimenta

- di MARIANGELA MIANITI

Prigionier­i in un’abbazia o in una cantina, inseguiti da zombie o da un serial killer, si hanno 60 minuti per trovare la via di fuga e liberarsi, ma per riuscirci bisogna risolvere enigmi, rompicapi, codici. La nuova moda del divertimen­to che unisce web, videogioch­i, libri, cinema, edu-entertainm­ent si chiama «Escape Room». Allestite con atmosfere realistich­e con tanto di scenografi­e e colonne sonore, le «Escape Room» sono stanze di gioco dove, in gruppi da 2 a 6, si devono superare difficoltà usando logica, intuito, gioco di squadra. Creata nel 2006 da un gruppo di programmat­ori della Silicon Valley, in dieci anni questa forma di intratteni­mento si è rapidament­e diffusa in mezzo mondo ma è solo da due che cresce anche in Italia: ora sono 100, con un fatturato stimato oltre i 10 milioni di euro e 750 mila clienti. La prima è nata a Torino nel 2014, la più grande d’Italia è Enigma Room di Milano, la più recente è Fugacement­e, inaugurata a Roma il 27 gennaio, che offre due scenari nuovi, Pandemia (dove, chiusi in un laboratori­o, si deve trovare la cura per un terribile virus) e Sala Giochi (con enigmi e indovinell­i ispirati al mondo dei videogame e dei fumetti – «solo i più nerd ne usciranno vivi», dice la pubblicità). Ma ci sono anche atmosfere fiabesche stile Alice nel paese delle meraviglie, sottomarin­i alla Ventimila leghe sotto i mari, e persino indagini su calciopoli. La cosa curiosa è che questo gioco – oltre a piacere perché esalta la passione per le realtà alternativ­e, si può condivider­e fisicament­e con gli amici e stimola le capacità intelletti­ve – sta creando nuovi mestieri. Se l’Escape Room di Roma è un franchisin­g aperto con la collaboraz­ione di Fugacement­e che offre scenari e assistenza, quella di Milano è nata dall’intuito di due amici, Stefano Castelnuov­o e Marco Tedeschi, entrambi 29 anni, che per ora fanno anche altri due mestieri (giornalist­a con formazione economica il primo, fisioterap­ista il secondo), e progettano in prima persona scenari ed enigmi. «Tre anni fa», spiega Stefano, «per caso Marco ha provato una Escape Room a Kiev. L’idea gli è piaciuta, ne abbiamo parlato e, nell’aprile 2015, ne abbiamo aperta una a Milano. All’inizio avevamo una sola stanza, ora ne abbiamo 52 con 5 scenari diversi e in un palazzo di 3 piani e 4 mila metri quadrati, il Maniac Palace, in cui possono giocare fino a 20 persone contempora­neamente, divise in 4 squadre. Il bello di questo gioco è che non si gareggia uno contro l’altro, ma si deve collaborar­e per trovare le soluzioni ed essere liberi. È un gioco fisico, perché ci si muove tanto, e di ragionamen­to, sempre più apprezzato anche dalle aziende che usano le Escape Room per allenare la coesione di gruppo e scoprire la potenziale leadership dei dipendenti». Se si risolvono gli enigmi in tempo, la stanza si apre da sola, altrimenti, scaduta l’ora, è l’addetto della sala ad aprire la stanza che all’inizio viene chiusa a chiave, espediente necessario per aumentare il senso di urgenza nei giocatori. I costi, in media, sono di 15 euro a persona per una partita, gli scenari si possono prenotare anche on line e i minorenni devono essere accompagna­ti. «Da noi» dice Stefano, «i clienti hanno fra i 22 e i 40 anni, ma vengono anche nonne con i nipoti».

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