ATTENTI ALL’UOMO
I lupi, mezzo secolo fa, erano sull’orlo dell’estinzione, poi sono stati protetti, e sono tornati. Ma fanno paura: il nuovo piano Stato-Regioni permette il ritorno al loro abbattimento. Tra pregiudizi e timori, i veri numeri del nostro «miglior nemico» st
CONTARE I LUPI, NON LE PECORE
«Nessuna “caccia al lupo” indiscriminata, come paventato da alcune associazioni, ma un insieme di azioni coerenti sotto il profilo scientifico mirate a migliorare lo stato di conservazione della specie e al contempo la pacifica convivenza con l’uomo», ha scritto il ministero dell’Ambiente dopo il voto tecnico del 23 gennaio sul «Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia» alla conferenza Stato-Regioni. Delle 22 misure previste sul tema rapporti tra lupi e esseri umani, quella più criticata dalle associazioni di conservazione (Enpa, Lac, Lav, Lipu e Lndc) è la 22/a, che permette la possibilità di abbattere fino al 5% della popolazione totale l’anno. Per la prima volta dopo 46 anni, dunque, la legge potrebbe permettere l’uccisione dei lupi, richiesta in varie regioni dagli allevatori, preoccupati da un ritorno del grande nemico storico di pecore e bestiame (nonostante il bracconaggio ne uccida già circa 300 l’anno, ossia tra il 10 e il 15%). Ma quanti sono i lupi in Italia? La stima più attendibile dice 1.500-2.000 in totale (secondo il più recente studio Ispra), così suddivisi: circa 100 sulle Alpi, 1.000-1.400 sull’Appennino centrosettentrionale e 175-330 su quello meridionale. Delle regioni, la più popolata è la Toscana (almeno 300), in Sicilia e in Sardegna non risultano presenti. Si tratterebbe dunque di abbattere fino a 100 esemplari l’anno.
MA FA PIÙ DANNI IL PICCHIO VERDE
Quanti danni causano davvero i lupi? «Un decimo degli altri animali», dice Marco Galaverni, consigliere nazionale Wwf esperto della questione dei lupi. «I danni alle attività umane in Italia sono dieci volte meno di quelli causati dal resto della fauna selvatica, soprattutto il cinghiale». In alcune aree italiane persino il picchio verde, che becca i cavi elettrici, fa più danni del lupo. Quanto alla paura atavica del grande predatore, cioè l’attacco agli esseri umani, il lupo, favole a parte, non mangia nessuno, ma grazie alla cattiva fama si prende colpe anche per quello che non fa: «Negli ultimi 150 anni non c’è notizia di attacchi letali di lupi all’uomo in Italia. Per farsi un’idea, nel mondo 25 mila persone ogni anno muoiono per attacchi o malattie dovute ai cani. Solo una decina a causa dei lupi, e tutti casi in contesti particolari, come l’India rurale».
RECINTI E PALLOTTOLE
La popolazione di lupo, ridotta negli anni ’70 a 100 esemplari circa in Italia, con il ritorno dell’abbattimento selettivo corre rischi? «Sì. L’accanimento contro il lupo nasce da più fattori, tra paure storiche e disinformazione. Molte persone, anche qualificate, pensano che il lupo in Italia sia stato reintrodotto. Ma non è così: è stato un ritorno spontaneo, i lupi in Italia non sono troppi», spiega Galaverni. «Tornare a eliminarli non è la soluzione. Lo dimostra l’esempio della Francia, dove l’abbattimento su pressione degli allevatori è stato riammesso, ma la situazione non è migliorata. La guerra al lupo, in più, può diventare controproducente, perché se si elimina un capobranco, gli altri, disorientati, saranno spinti a cambiare tecnica di caccia, ripiegando su prede più facili: gli animali di allevamento. Proprio ciò che si voleva evitare». Ma qual è la soluzione quindi, al di là dei risarcimenti agli allevatori (che variano da regione a regione: l’Emilia per esempio rimborsa 100 euro per ogni pecora uccisa)? «Buoni recinti, meglio se elettrificati, e cani da guardia. Il problema si risolve al 90% con la prevenzione». Rimedi antichi più semplici, più etici e meno dannosi delle fucilate.