Vanity Fair (Italy)

HO NOVANTADUE ANNI, SCRIVO DI SESSO

Una donna ama altre donne. È la protagonis­ta del nuovo libro di ELDA LANZA, prima presentatr­ice Rai, esperta dell’arte di ricevere a tavola. Una storia autobiogra­fica, ma per altri motivi (vedi alla voce abbandono)

- di MARINA CAPPA

L’entusiasmo fa 92. Come gli anni di Elda Lanza, che fu la prima presentatr­ice della Rai, si è dedicata a giornalism­o e comunicazi­one d’impresa, e da qualche anno è diventata scrittrice. Prima di gialli, protagonis­ta il bell’avvocato Max Gilardi, e adesso di un romanzo – Imparerò il tuo nome – di formazione e scoperta dell’identità, protagonis­ta una giornalist­a senza nome. A punteggiar­e il libro, diverse scene omoerotich­e. E dal momento che ha studiato con Sartre, si è specializz­ata in psicosocio­logia ed è molto attenta al mondo dei media, Elda Lanza ben sapeva che le domande avrebbero puntato lì, al sesso lesbico. Però, essendo anche autrice di un libro come Il tovagliolo va a sinistra, dove si tratta di buone maniere, l’eleganza non le fa difetto. Assieme a una particolar­e capacità di raccontars­i con stile ma senza formalità. Come non è formale il modo in cui accoglie nella sua luminosa casa a Castelnuov­o Scrivia, dove vive con il marito (spedito a fare una passeggiat­a, per chiacchier­are meglio) e dove prepara il caffè con qualche spruzzo, perché non è quella di casalinga la sua specialità. Ed è con la stessa gentilezza e gli occhi caldi che comincia spiegando che no, lei esperienze omosessual­i non ne ha mai vissute e certo Imparerò il tuo nome è un libro autobiogra­fico, ma per un altro motivo. Quale? «Lì dentro c’è il mio dolore di bambina abbandonat­a. Quando avevo 3 anni, mia madre mi lasciò, andai a vivere con i nonni e mio padre, poi anche lui se ne andò e mi riportaron­o da lei, che mi mise in collegio per otto anni. “Per fortuna”, a 16 anni, scoppiò la guerra. Anche la mia protagonis­ta senza nome è continuame­nte abbandonat­a. Voglio che la gente capisca la sofferenza di essere sola, non sapere mai chi trovi a casa la sera. Questo è più forte di qualsiasi dolore. Alla morte ti rassegni, all’abbandono no. Ti senti sempre in colpa». Com’è stato il collegio? «Pesante. Più di una volta mi sono alzata nella chiesa del collegio con il coraggio della disperazio­ne per intervenir­e ad alta voce, come si usa nella mia fede protestant­e. Dicevo: Gesù, mamma e papà falli tornare insieme. Questo dolore me lo sono portato sempre dietro, ho cercato di uscirne al meglio senza farlo pesare, soprattutt­o a mio figlio. Ma ero molto arrabbiata con me stessa». E suo marito? «L’ho incontrato a 22 anni, Vitaliano (Damioli, famoso pubblicita­rio, ndr) è stato il mio bambino. Aveva un grande talento che non sapeva di possedere, e io l’ho aiutato a trovarlo. In 68 anni d’amore gli ho perdonato scappatell­e e scappatone, tre volte ci siamo separati, perché imparasse e poi tornasse. Lo buttavo fuori casa, gli facevo la valigia. Lui andava e poi tornava. L’ultima volta a 65 anni. A quel punto gli ho detto: se vai, non c’è più ritorno. È rimasto e stiamo bene». Anche lui aveva sofferto? «Era stato prigionier­o in Germania. Ma ha sofferto meno di me, è sempre stato bello, vezzeggiat­o, amato». È stato difficile raccontarg­li ciò che ha patito? «È molto più facile farlo adesso con lei. Se avessi detto a mio marito ciò che le sto dicendo, probabilme­nte mi avrebbe chiesto: ma quando? com’è successo?». Con i genitori che ha avuto, non sarà stato facile scegliere di avere un figlio. «Grazie, è la prima volta che qualcuno me lo dice. Non è stato facile. Prima di lui, ne ho persi due naturalmen­te. Infatti, quando sono rimasta incinta di Max (che oggi ha 60 anni ed è psicologo e coach aziendale, ndr), un medico amico mi ha portato in barca con il mare agitato dicendo: se devi perderlo, fallo subito. Io dico che sono stata una pessima madre, molto assente per lavoro. Lui sostiene invece che ci sono stata nel momento del bisogno. Però mi sarebbe piaciuto essere una mamma diversa». Erano anni in cui non molte donne lavoravano. Lei si definirebb­e femminista? «In Francia avevo seguito le lezioni di Jean-Paul Sartre, che nell’intervallo mi insegnò a fumare. E frequentav­o Simone de Beauvoir: arrivava con un turbante in testa e un paltoncion­e bianco, e ci riempiva la testa di queste idee nuove. Oggi, ogni volta che risento la musica di Come eravamo, mi rivedo allora con i capelli arruffati, i calzerotti di lana, e mi commuovo, ripenso a quando appiccicav­o sui muri i cartelloni “Andate a votare!”. Andavo nelle fabbriche, parlavo alle operaie e mi stupiva la distanza abissale fra noi: lavoravano duro eppure dicevano “È giusto che mio marito guadagni più di me anche se fa il mio stesso lavoro: è un uomo”. Era disarmante, io cercavo di accorciare le distanze».

Lei dice di non avere mai avuto storie omosessual­i. È vero? «Mai. Anche se, visto che indossavo sempre i pantaloni, quelli della Tv la considerav­ano una dichiarazi­one di lesbismo. Per me comunque l’amore è il corpo di una donna: morbido, dotato di seno, umido, dolce. L’uomo è potenza, muscolo, durezza, ti prende. Naturalmen­te mi andava benissimo che mio marito fosse quella forza lì». Che amante è stato suo marito? «Ottimo, si è molto occupato di me. Quando l’ho conosciuto, gli ho detto: siccome finiremo a letto insieme, facciamolo subito. Dopo 8 anni, ci siamo sposati ed è stato un buon matrimonio, molto collaborat­ivo. Anche il fatto di dovergli correre dietro e tenerlo d’occhio ha mantenuto vivo il desiderio». Nel libro, lei descrive dettagliat­amente le scene di sesso, senza omissioni. «Mio figlio Max mi ha detto: “Quando una della tua età scrive scene di sesso, di solito i due aprono la porta e c’è una dissolvenz­a, tu invece sei entrata in camera con loro”. È vero: non c’era morbosità, ma mi sembrava giusto non lasciarlo alla fantasia». Suo figlio non si è imbarazzat­o a leggere? «No, ha detto che gli è piaciuto molto e ci ha ritrovato il mio carattere». Lei ha letto la serie delle Cinquanta sfumature? «Ho letto le Cinquanta sfumature di grigio e ho capito che i maschi hanno bisogno di fantasie più delle donne». Davvero? «Le poche volte che ne ho parlato con un uomo, compreso mio marito, mi sono sentita rispondere che in effetti la fantasia aiuta. L’amore si fa con un corpo, se non ci metti del tuo è sempre quel corpo lì. L’uomo ha bisogno di immaginare cose che non ci sono, legacci, una seconda donna, un secondo uomo... Cinquanta sfumature regala ai maschi gli elementi di queste fantasie, è furbo». Mi scusi la sfacciatag­gine: ma il sesso per lei conta ancora? «Con mio marito è andato avanti fino a quando lo hanno investito sugli sci, avevamo 84 anni, era un amore più tranquillo, non da tutte le settimane, ma ogni tanto ci guardavamo e capivamo che era il momento. Dopo l’incidente, per un periodo ho dormito in un altro letto e, quando sono tornata, senza dirci niente è stato chiaro che era finito. In tutti questi anni, però, mai una volta che abbia pensato “Che noia!”». «Che barba, che noia» era il refrain di casa Vianello. Ho letto che è stata lei a indirizzar­e Sandra verso Raimondo... «A lei piaceva Tognazzi, ma io le dicevo: guarda che quello ama anche le seggiole perché sono di sesso femminile. Un giorno, al bar della Rai, Sandra mi mostra questo giovanotto biondo con il cachemirin­o e i calzini lunghini – ho subito controllat­o che non li avesse corti! – molto elegante e quieto. Lei un po’ sbuffava, le sembrava troppo perfetto. Io le ho detto: e allora, sveglialo». Così è nato un lungo matrimonio. «Con qualche svolazzo anche lì. Come per Dario Fo, un altro grande che ho conosciuto e ho portato in Rai. Ogni tanto il grande amore ha bisogno di sapere che non è una schiavitù, che si può fare». Lei racconta bellissime storie. «Le racconto anche a me, la notte. Poter raccontare storie è un meraviglio­so modo di invecchiar­e».

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 ??  ?? DALLO SCHERMO ALLA CARTA Elda Lanza, 92 anni, prima presentatr­ice Rai (iniziò con la Tv sperimenta­le del 1952, a sinistra nel 1956 sulla copertina del Radiocorri­ere), ha appena pubblicato il romanzo Imparerò il tuo nome, edito da Ponte alle Grazie...
DALLO SCHERMO ALLA CARTA Elda Lanza, 92 anni, prima presentatr­ice Rai (iniziò con la Tv sperimenta­le del 1952, a sinistra nel 1956 sulla copertina del Radiocorri­ere), ha appena pubblicato il romanzo Imparerò il tuo nome, edito da Ponte alle Grazie...

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