Essere o non essere?
Non sempre essere se stessi significa essere felici, anzi è solo uno schema che può intrappolare. Lo spiegano oggi ad Harvard, ma è antica filosofia cinese che insegna a comportarsi «come se»
CChe la filosofia migliori la vita è (quasi) un dato di fatto. La New York City School of Practical Philosophy promette da decenni di rendere le persone più felici e l’attore Hugh Jackman che l’ha frequentata a lungo giura che è così. Il trucco è mettere da parte le riflessioni universali e pensare a come affrontare le questioni di tutti i giorni. Che poi è quello che i filosofi cinesi, da Confucio a Mencio, a Xunzi, facevano oltre duemila anni fa. Lo spiega Michael Puett nei suoi affollatissimi corsi di Filosofia cinese all’Università di Harvard e nel suo libro, La via. Per rendere più felici i suoi studenti, parte demolendo idee molto diffuse. Non è vero, dice, che sappiamo chi siamo e che cosa vogliamo e non è vero che essere se stessi – qualunque cosa significhi a questo punto – sia la scelta migliore. La persona che credete di essere, spiega Puett, «è soltanto un insieme di schemi in cui siete rimasti intrappolati». Per esempio: una serie di fatti negativi vi hanno indotto al pessimismo e così vi siete convinti che vedere nero sia un tratto del vostro carattere, mentre è solo un’abitudine. Lo stesso, di conseguenza, per quanto riguarda i vostri obiettivi. «Se ti programmi di arrivare da qualche parte potresti scoprire che una volta là non sei felice». Che fare, dunque? Secondo Confucio, bisogna usare i riti, ovvero comportarsi «come se». In realtà, lo facciamo già. Se siamo un po’ giù e un’amica che non vediamo da tempo viene a trovarci, facciamo «come se» tutto andasse bene. E finiamo per sentirci meglio davvero. La differenza sta nel farlo consapevolmente e in situazioni nuove. Pensiamo che un collega sia un rompiscatole? Proviamo a comportarci «come se» non lo fosse. Probabilmente scopriremo lati della sua personalità che non conosciamo. In questo modo cambieremo noi stessi e anche l’altro. Non solo potreste sbagliarvi su quello che volete. Secondo Mencio il mondo è instabile e «capriccioso», quindi, per quanto vi sforziate di fare bene, non è detto che verrete premiati. Mencio, però, offre anche una soluzione: pensare alla vita come a un campo e «preparare il terreno per interessi e aspetti da coltivare organicamente». In pratica? Fate esperienze diverse, anche insolite: iscrivetevi a un corso di cucina, leggete libri al di fuori dei soliti interessi e così via. Qualunque piccola deviazione potrebbe, un giorno, tornarvi utile e portarvi lontano (magari quello che consideravate un hobby potrebbe diventare una nuova carriera). Perché, per usare le parole di Confucio, «anche un viaggio di mille miglia inizia con un passo».