Vanity Fair (Italy)

Dovremmo essere tutti Adichie

Mentre escono i suoi racconti, vi diciamo perché tenere d’occhio la scrittrice nigeriana

- di LAURA PEZZINO

Ecco perché Chimamanda Ngozi Adichie è un nome da imparare a memoria. Chimamanda, che significa «il mio Dio è infallibil­e», nasce nel 1977 in Nigeria, appartenen­te all’etnia igbo, in prevalenza cristiana. Padre professore, madre prima archivista donna dell’università del Paese, a 19 anni emigra negli Stati Uniti per studiare. È bravissima. Inizia a pubblicare. Nel 2010 il New Yorker la include tra i 20 migliori scrittori sotto i 40 anni.

Esordisce nel 2003 con il romanzo L’ibisco viola, al quale segue Metà di un sole giallo. Ma è dieci anni dopo, con Americanah (dal quale verrà tratto un film con Lupita Nyong’o), che diventa famosa. In questi giorni esce in Italia Quella cosa intorno al collo (Einaudi, pagg. 220, € 19; trad. di A. Sirotti), 12 storie in cui Adichie condensa le complessit­à dello status di immigrata, le divisioni, i ricordi e le nostalgie. In uno, il fratello della narratrice viene rinchiuso in una prigione nigeriana e ne esce: è fortunato, certo, ma è cambiato. In un altro, una moglie riesce a imporsi al marito solo dopo averne scoperto il tradimento. In quello che dà il titolo alla raccolta, una ragazza immigrata negli Usa incontra un uomo straordina­rio, eppure non riesce ad accettare il suo amore. Sono racconti bellissimi, accomunati da un’istanza di dualità (donna-uomo, figli-genitori, patria d’originepat­ria acquisita), dallo sguardo chiaro e preciso su un mondo altro, dove le radici amputate continuano a fare male come in una strana sindrome dell’arto fantasma.

Nel 2012 ha tenuto una Ted Conference dalla quale è stato tratto il fondamenta­le pamphlet Dovremmo essere tutti femministi dove scrive: «Perché la parola femminista? [...] Scegliere un’espression­e vaga come “diritti umani” vuol dire negare la specificit­à del problema di genere. Vorrebbe dire tacere che le donne sono state escluse per secoli. Vorrebbe dire che il problema del genere riguarda le donne» (perché non distribuir­lo in tutte le scuole medie italiane?).

Il 21 gennaio ha partecipat­o alla marcia delle donne contro Trump a Washington e, qualche giorno dopo, è stata vista in prima fila alle sfilate di Parigi: per chi ancora pensa che l’impegno politico e intellettu­ale mal si sposi con «le cose della bellezza».

A marzo uscirà Cara Ijeawele ovvero Quindici consigli per crescere una bambina femminista. A un certo punto, Adichie dice: «Falle capire che non è necessario piacere a tutti. Dille che se a qualcuno non piace, piacerà a qualcun altro. Spiegale che non è solo un oggetto che può piacere o non piacere, è anche un soggetto in grado di esprimere le proprie preferenze». E, soprattutt­o, dice: «Fatelo insieme», e intende: «Madri, padri: crescete insieme vostra figlia».

«L’Africa è il futuro» è uno slogan, certo, ma anche molto di più. In questi tempi è forse proprio a partire dalla passione di persone come Chimamanda che si può sperare in un mondo migliore.

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