Vanity Fair (Italy)

POTREI RIMANERE SORPRESO

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«L’ho fumata, come tanti, ma ho smesso da molto tempo. Penso che in passato mi abbia aiutato, ma non sono uno da eccessi e neanche da dipendenze. Non penso che certe sostanze possano cambiare la mia personalit­à o il carattere, al massimo mi rilassano». Un artista senza dipendenze non è molto rock’n’roll. «Una dipendenza in realtà ce l’ho: il lavoro». Se non lavora come si sente? «Non molto bene con me stesso. Dovrei imparare a fare meno, ma non ci riesco. La vacanza per me non esiste: se non lavoro sto a casa con la mia famiglia, non ho certo bisogno di sdraiarmi su una spiaggia esotica». Tempo fa ha dichiarato che non avrebbe lasciato nulla in eredità ai suoi gli, perché vuole che si facciano da soli. Eppure Joe apre i concerti di questa tournée. «Storicamen­te i gli hanno sempre fatto i lavori dei padri, e anche nella nostra famiglia è successo, in modo naturale. Mi diverto a guardare le performanc­e di Joe. Anche mia glia Eliot canta e ha molto successo, questo mi fa piacere». Non li ha scoraggiat­i dal fare il suo lavoro? «Diciamo che non li ho incoraggia­ti. Ho detto loro che, se proprio volevano farlo, dovevano applicarsi, studiare, esercitars­i tutti i giorni. E che dovevano farlo solo se amavano veramente la musica, non con lo scopo di diventare ricchi e famosi. La musica è prima di tutto un percorso spirituale. Mi hanno risposto: “Papà, tu però sei ricco e famoso”. E io: “Ok, ma l’ho fatto per una mia esigenza spirituale, poi per caso ho avuto molto successo”. In ogni caso l’hanno presa molto seriamente e io ne vado ero». Non aveva paura che rimanesser­o delusi? Il paragone con il padre li perseguite­rà. «Ci sono vantaggi e svantaggi nell’essere gli d’arte. Loro hanno avuto un’istruzione eccellente, hanno vissuto in case belle e avuto tante opportunit­à di conoscere persone e fare esperienze. Certo sono destinati a ricevere più critiche e più pressioni, ma queste sono le carte che hanno avuto dalla vita. Mio padre era un lattaio». Che cosa è meglio secondo lei? «Farsi da soli è un privilegio e dà più soddisfazi­one. I miei ragazzi sono comunque molto indipenden­ti e lavorano sodo: di questo sono ero. Due sono musicisti, due attori, uno regista e il più piccolo, Giacomo, vuole fare il poliziotto. Un giorno a cena ci ha detto: “Voi siete troppo creativi, io voglio fare qualcosa di concreto”». Prima parlava come se non desse valore al denaro. È facile dirlo quando si ha un patrimonio come il suo. «Il denaro per me ha un solo grande valore: quello di darmi la libertà di scegliere cosa fare con la mia creatività. Non mi è mai interessat­o entrare nelle classiche dei miliardari di Forbes, non saprei neppure come spendere tanti soldi. Non ho vizi o lussi particolar­i, non amo le auto. Io i miei li ho usati per vivere in belle case e per comprare quadri». Che nonno è Sting? «All’inizio ero confusissi­mo, non ero pronto. Ma quando li ho visti, tre maschi e tre femmine, mi sono sentito subito a mio agio: tenerli in braccio è una bella sensazione. E poi quando piangono li puoi dare indietro». Come padre, invece? «È stato un equilibrio di”cile, perché ero spesso in tour. Ero un “padre marinaio”, ma quando c’ero ho cercato sempre di dedicare ai gli più tempo possibile». Pensa di essersi perso qualcosa della loro infanzia? «Non ho rimpianti, in generale. Voglio dire, se ho fatto qualcosa di sbagliato mi dispiace, ma non rimpiango niente, no». Perché ha avuto dalla vita più di quanto si aspettasse? «Oh no, io mi aspettavo questa vita, la immaginavo nei dettagli, l’ho sempre sognata. E quando sogni forte, i sogni poi si realizzano. Volevo diventare un cantautore, viaggiare per il mondo, avere successo, ma soprattutt­o volevo vivere di musica, una profession­e molto nobile». Non ha mai nostalgia di quando insegnava ai ragazzi? «No: oggi faccio lo stesso lavoro e sono pagato molto di più. I miei allievi erano ragazzini di quattordic­i anni, più che insegnare li intrattene­vo: spiegavo perché un quadro era bello, perché una musica era ben riuscita, la poesia di un gol nel calcio o di certe parole. Non sono cose che possono essere “insegnate”, conta più comunicarn­e il valore». C’è qualcosa che vorrebbe ancora fare e non ha fatto? «No, ho fatto tutto quello che volevo». Quindi se la sua vita nisse improvvisa­mente domani sarebbe appagato? «Se dovesse succedere, e non me lo auguro, non potrei lamentarmi: ho avuto una vita meraviglio­sa. La fortuna conta, ma devi anche essere sveglio e veloce, pronto a cogliere al volo le opportunit­à». Crede in Dio? In un’altra vita dopo la morte? «No, penso che questa vita sia abbastanza. Ogni tanto mi sembra che ci piaccia immaginare un altro mondo per poter distrugger­e questo di oggi. Invece dovremmo pensare che è l’unico che abbiamo, e di conseguenz­a trattarlo bene. Poi, chissà: potrei rimanere sorpreso…».

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