Vanity Fair (Italy)

NON È CIECO

L’AMORE PER GLI ALTRI

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persone scherzano sul pianerotto­lo, non ti accorgi nemmeno della loro esistenza. Se invece litigano, conquistan­o immediatam­ente la tua attenzione. La ragione è piuttosto bieca, ma comprensib­ile. Viviamo nel lamento e nel giudizio continui e quindi ci de niamo attraverso una continua comparazio­ne con gli altri. Se leggo la storia del branco di Alatri, al confronto mi sento un santo. Se invece leggo quella di un santo, al confronto mi sento una ciofeca. Si tratta di un meccanismo psicologic­o pigro e alla lunga perdente. Perché il racconto del male, oltre che a un momentaneo sollievo («non faccio così schifo, in fondo»), porta al cinismo e alla rabbia («il mondo intorno a me fa schifo»). Sono soprattutt­o i giovani come te a cogliere meglio la contraddiz­ione. Da ragazzo vuoi conoscere vicende esemplari, messaggi positivi che ti permettano di credere nella realizzabi­lità dei tuoi sogni. A 20 anni, quando desideravo diventare giornalist­a, leggevo le inchieste che spiegavano con dovizia di particolar­i la crisi dei giornali e mi deprimevo. Il mio sguardo scorreva spasmodica­mente alla ricerca della storia di qualcuno che ce l’aveva fatta, non delle ragioni per cui era impossibil­e farcela. Il racconto del male attrae, ma intossica. I polmoni del cuore hanno bisogno di una boccata di bene. Solo che il bene è più di‡cile da raccontare, dato che funziona solo per contrasto. Il bene deve presentars­i alla ne della storia. Se trionfa n dall’inizio, diventa stucchevol­e e noioso. Prendi la posta del cuore: nessuno la guarderebb­e, se le lettere raccontass­ero sempre e soltanto di famiglie meraviglio­se e coppie approdate senza scossoni alle nozze d’oro. Inoltre il bene non fa ridere ed è tendenzial­mente moralista, perciò riduce la tavolozza di colori a disposizio­ne del narratore. Non per niente scrittori e attori preferisco­no i personaggi negativi. Questo è lo stato dell’arte. Ma l’umore dei lettori sta cambiando e discorsi come il tuo ne sono una conferma. Nei periodi di crisi aumenta la richiesta di storie positive, forse perché inconsapev­olmente aumenta il desiderio di migliorare noi stessi, cambiando il punto di vista da cui guardiamo il mondo. Che è poi l’unico modo per cambiarlo, il mondo. ANDRÉ DA LOBA

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