È lei la donna che comanda alla Casa Bianca?
A Berlino, invitata da Angela Merkel, ha partecipato alla conferenza mondiale sulla leadership femminile. Lì, IVANKA TRUMP è stata accolta con incredulità e disapprovazione. Ma anche con curiosità. Perché tanti, aziende e governi, sanno che per fare affar
PAPARINO MIO Con il padre Donald Trump, 70 anni, 45° presidente degli Stati Uniti. Ivanka è la seconda dei tre figli che Trump ha avuto dalla prima moglie, Ivana Marie Zelnícˇ ková.
Non sempre fila tutto liscio quando si tenta di corteggiare Ivanka Trump, come hanno provato a fare alcune delle donne più in vista del mondo (dalla cancelliera tedesca Angela Merkel alla regina Máxima d’Olanda) nel corso di una tavola rotonda tenutasi a fine aprile alla conferenza W20 a Berlino. In primo luogo è stato evidentemente bizzarro decidere che Ivanka – la cui esperienza sui palcoscenici pubblici è prevalentemente legata alla commercializzazione delle sue linee di abbigliamento e gioielleria, e ai suoi sforzi di far eleggere il padre Donald Trump – abbia competenze sufficienti a permetterle di sedere tra Christine Lagarde, direttrice del Fondo monetario internazionale, e Chrystia Freeland, ministro degli Affari esteri del Canada. Il secondo pensiero scoraggiante è che, a causa dell’influenza che sembra esercitare sul padre, la Trump potrebbe avere effettivamente tanto potere sulla vita della gente quanto le altre donne presenti al W20. Altrimenti, perché Jim Yong Kim, presidente della Banca Mondiale, avrebbe firmato con lei un articolo sul Financial Times a proposito dell’importanza di promuovere l’imprenditoria femminile? «Opportunità di mentoring e accesso alle reti producono possibilità di apprendimento e collegamenti con mercati e capitali», scrivono. Probabilmente molti al mondo vorrebbero fare da mentore a Ivanka, e avere accesso alle sue reti. Questo potrebbe spiegare perché Angela Merkel, nel tentativo di aprirsi una breccia verso il presidente americano, l’abbia invitata a Berlino, una mossa che la stampa tedesca ha lodato come klug, intelligente. E si capirebbe perché la stessa cancelliera abbia suggerito dal palco che la Banca Mondiale deve riuscire a far arrivare finanziamenti alle imprenditrici dei Paesi in via di sviluppo, complimentandosi in seguito con Ivanka per aver sostenuto l’idea. Ma è proprio a questo punto che tutto si è fatto un po’ confuso, come tendono a diventare le cose quando ci sono di mezzo i Trump.
Durante il suo soggiorno berlinese, Ivanka ha parlato con il giornalista politico Mike Allen. Allen ha poi pubblicato su Axios (sito editoriale americano) un articolo intitolato Il nuovo fondo di Ivanka Trump per le imprenditrici, con una fotografia di lei che poggia le dita sulle lastre del memoriale dell’Olocausto. «Ieri a Berlino Ivanka Trump mi ha detto di avere avviato la creazione di un enorme fondo rivolto alle imprenditrici di tutto il mondo», ha scritto Allen. E ha aggiunto che tra i contribuenti vi sarebbero società e governi, tra cui quelli del Canada e della Germania, «e alcuni Paesi mediorientali», che si sarebbero già «informalmente impegnati». Inoltre: «Il presidente Trump è un fervido sostenitore dell’idea della figlia, e lei ha discusso con il presidente della Banca Mondiale Jim Yong Kim delle modalità per farlo decollare». Sembrava come la Clinton Foundation, o una delle tante iniziative portate avanti da aziende e Ong, con la differenza che l’ufficio di Ivanka Trump si trova alla Casa Bianca. Questo ha sollevato una raffica di domande: e i possibili conflitti? È un progetto volto a generare profitti o può trasformarsi in una sorta di estorsione? Si è presto capito che non si trattava né dell’una né dell’altra cosa, perché la definizione «il nuovo fondo di Ivanka Trump» era completamente fuorviante. Era un progetto della Banca Mondiale, come hanno sottolineato i portavoce della Casa Bianca e gli interessati. La Trump non avrebbe avuto alcun ruolo nella raccolta dei fondi, nella loro gestione o nelle decisioni di spesa. Ma la Banca Mondiale ha voluto che tutti sapessero che era enormemente grata a Ivanka per aver promosso il fondo, o «linea di credito», come sarebbe stato chiamato. Era più o meno una sua idea.
Chissà, forse Ivanka Trump merita un po’ di fiducia. Vale la pena notare, come evidenziato da Bloomberg, che la Banca Mondiale ha già creato «linee di credito» analoghe in passato. L’idea che la Banca Mondiale o l’Fmi abbiano bisogno di Ivanka per dire che il mancato accesso ai mercati finanziari e dei capitali costituisce un problema per le donne dei Paesi in via di sviluppo è un po’ come sentire suo padre affermare che la Nato aveva bisogno che fosse lui a spiegare che il terrorismo è un problema (cosa che lui ha, effettivamente, sottinteso). Ma forse fingere che Ivanka abbia idee in grado di cambiare il mondo non è dannoso, se significa che suo padre avrà un occhio di favore per la Banca Mondiale, sebbene un articolo del Washington Post sulle condizioni di lavoro in una fabbrica cinese dove vengono prodotti gli abiti che portano il suo nome (salari estremamente bassi e orari molto lunghi) non si sposi particolarmente bene con questa immagine. A Berlino si è visto chiaramente che gli osservatori internazionali stavano ancora verificando il funzionamento dell’ingranaggio, per capire se è possibile utilizzare la figlia di Trump e indirizzarne le azioni. La moderatrice della tavola rotonda cui ha partecipato Ivanka, la direttrice del settimanale economico tedesco WirtschaftsWoche Miriam Meckel, non ha avuto alcun problema a rivolgersi alla regina («Vorrei iniziare con lei, Sua Maestà»), ma ha confessato di trovarsi in difficoltà di fronte
alla Trump: «Lei è la First Daughter degli Stati Uniti», ha detto rivolgendosi a Ivanka, «ma è anche un’assistente del presidente degli Stati Uniti. Dato che parte del pubblico, in particolare il pubblico tedesco, non conosce il significato di First Daughter, desidero chiederle qual è il suo ruolo e chi rappresenta: suo padre, in quanto presidente degli Stati Uniti; il popolo americano; la sua azienda?». «Be’, sicuramente non quest’ultima», ha risposto sorridendo Ivanka. «Non conosco bene questo ruolo, che è nuovo anche per me. Sono trascorsi poco meno di cento giorni, ma è stato un percorso straordinario e incredibile». Ha poi parlato di quanto il viaggio a Berlino si stesse rivelando positivo come esperienza di apprendimento, ed è quindi passata al suo vero lavoro: fare pubblicità a Donald J. Trump. «Sono molto, molto orgogliosa delle idee portate avanti da mio padre, da prima che diventasse presidente, durante la campagna elettorale e le primarie. È stato un incredibile sostenitore delle famiglie per fare in modo che possano affrontare nel miglior modo possibile una realtà nuova ...».
Ha sentito la reazione del pubblico», l’ha interrotta la Meckel. Secondo la stampa, dalla folla si è sentito un rumore simile a un’esclamazione di incredulità, di disapprovazione, un fischio. La giornalista ha chiesto allora alla Trump di parlare di «alcuni atteggiamenti pubblici di suo padre nei confronti delle donne», e di come potessero mettere in dubbio il suo impegno nel dar loro più potere . «Ho sentito le critiche dei media, certo, e ho notato come siano state ripetute e ripetute», ha risposto Ivanka. Ma ha aggiunto che la propria esperienza, e quella delle donne che hanno lavorato per lui, dimostra qualcosa di totalmente diverso. Quando le è stato chiesto in che modo lo consigliasse, ha spiegato: «Discuto continuamente con mio padre, da quando sono diventata adulta, e ci troviamo d’accordo su moltissime questioni. Per questo motivo mi ha incoraggiata a sfruttare appieno la possibilità di andare alla Casa Bianca e stare al suo fianco». L’implicazione è che il nepotismo sia una delle virtù del padre, e che ne dimostri la bontà.
Ci sono persone che ci credono, quando si parla dell’ascesa di Ivanka dovuta al presidente Trump. Ma, come ha notato John Oliver in un recente articolo sulla First Daughter e suo marito Jared Kushner, non ci sono prove che – oltre alla sua famiglia – stia avvantaggiando qualcuno grazie alla propria posizione. È semplicemente molto brava a dare l’impressione che potrebbe farlo. Per esempio, a Berlino, quando la Nbc News le ha chiesto che cosa pensava dell’ammissione dei profughi siriani negli Stati Uniti, ha detto che avrebbe dovuto «essere oggetto di dibattito, ma che non sarebbe stato sufficiente». Secondo i titoli comparsi successivamente, questa dichiarazione avrebbe rappresentato una rottura con il padre. Ma in che modo, esattamente? I profughi sono «oggetto di dibattito» quando lui si scaglia contro di loro; e «non sarà sufficiente» potrebbe riferirsi a quei «controlli estremi» che il presidente ritiene necessari, o al fatto di lasciare entrare solo i cristiani. Per la seconda volta, Ivanka ha menzionato le cose «su cui sono perfettamente d’accordo con mio padre, e sono molte». «Molte» può avere qualunque significato, ma sottolinea l’ampiezza dei suoi doveri da Papas Pressesprecherin, l’addetta stampa di paparino, come l’ha definita il telegiornale tedesco della Zdf. Voleva che gli elettori sapessero che lui meritava di essere presidente, e adesso vuole che anche il mondo ne capisca la grandezza.
Molti Paesi e aziende potrebbero accarezzare l’idea di riuscire a gestire più facilmente Donald Trump colmando la figlia di attenzioni: è una pratica comune, quando si ha a che fare con governi autoritari. Ma dovrebbe per lo meno causare un po’ di imbarazzo negli Stati Uniti. A Berlino si è visto come il bisogno di gratificare la Trump possa distorcere qualsiasi conversazione. A un certo punto la Freeland, il ministro canadese, ha sottolineato l’importanza del ruolo dei padri nella carriera delle figlie. E – guardando Ivanka che assentiva – ha affermato che dietro «ogni donna di successo» c’è il sostegno del padre. Non è sembrato tanto un richiamo agli uomini dei Paesi in via di sviluppo (probabilmente era questa l’intenzione), quanto un sigillo sul concetto di First Daughter. Che non lasciava molto spazio alle orfane o alle ribelli, o anche a chi ha vissuto un’esistenza complessa, come la stessa regina Máxima, nata in Argentina da un membro della giunta responsabile a fine anni Settanta della repressione: al matrimonio con il principe ereditario, lei scelse di non invitare il padre, come forma di rispetto dell’opinione pubblica olandese. «Chrystia, hai parlato di “padre”», è intervenuta Christine Lagarde. «Sono d’accordo con te, ma vorrei semplicemente dire, a tutte le donne che non ne hanno mai avuto uno perché non lo hanno conosciuto, o che lo hanno perso, che un padre si può anche scegliere. Sono intorno a noi e possono essere bravissimi maestri, e io spero che possiamo essere d’accordo su questa idea, perché nessuno dovrebbe sentirsi escluso dalla partita». È stato uno dei momenti più intensi del dibattito, ed è anche servito a ricordare che essere un certo tipo di figlia è una scelta. Ivanka Trump ha sorriso appena, come se non le importasse sapere chi gioca questa partita. Lei ha già vinto.
A tutte le donne che non ne hanno mai avuto uno o che lo hanno perso, vorrei dire che un padre si può anche scegliere —Christine Lagarde