Vanity Fair (Italy)

NOI RESTIAMO QUI, PUTIN

Scendono in piazza e la polizia li arresta a decine: ma chi è davvero il popolo che protesta contro il premier russo? Sorpresa: accanto a politici e attivisti, c’è la gente che lotta per la propria casa

- di ANNA NEMTSOVA

Finalmente l’estate è arrivata, a Mosca. Le coppie si abbraccian­o nelle verande aperte, le famiglie pranzano al sacco nei parchi, godendosi la brezza calda, gli hipster corrono in bici sulle sponde della Moscòva. Ma non è stata una giornata piacevole per Yulia Galiamina, rispettati­ssima leader dell’opposizion­e a Vladimir Putin: il suo sabato è iniziato con un mal di testa terribile, a letto, nel reparto di neurochiru­rgia dell’ospedale Botkin, dove un’ambulanza l’ha portata il lunedì prima con una contusione. Un poliziotto dell’unità speciale Omon l’ha colpita in faccia, spaccandol­e i denti e danneggian­dole gravemente la mascella. Ancora una volta, un anno prima delle presidenzi­ali del 2018, l’opposizion­e è scesa in strada gridando: «Putin ladro!». Nel 2011 e 2012 centinaia di migliaia di persone avevano protestato contro il ritorno di Putin al Cremlino per più di un mandato. Molti erano stati arrestati, parecchi sono ancora sotto processo, eppure un nuovo movimento di opposizion­e al premier sta emergendo di nuovo, gente pronta a rischiare la libertà e la salute. Galiamina, 44 anni, docente alla prestigios­a Scuola superiore di Economia dell’Università nazionale di Ricerca, è una di loro. Si è unita alle proteste contro il Cremlino del 12 giugno assieme al marito; anche i suoi •gli, di 16 e 19 anni, uno alle superiori e l’altro all’università, hanno manifestat­o con centinaia di altri giovanissi­mi. Nella giornata che per lei è •nita in ospedale, decine di migliaia di donne e uomini russi e di studenti di scuole e università hanno partecipat­o alle manifestaz­ioni contro il Cremlino in 185 città in tutta la Russia, da Mosca alla Siberia •no alla parte più orientale del Paese. Queste proteste rabbiose contro la massiccia corruzione dello Stato erano state avviate da un popolare esponente dell’opposizion­e, Alexei Navalny, nella Giornata della Russia, festività nazionale nata per celebrare l’indipenden­za del Paese dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. È la giornata che simboleggi­a il divorzio della nazione dal sistema

totalitari­o, repressivo. Invece di ricordi felici, le immagini pubblicate sulle prime pagine dei media indipenden­ti ritraevano agenti che prendevano a manganella­te dimostrant­i già a terra, e trascinava­no persone appena arrestate torcendo loro le braccia. Il poliziotto che ha colpito in faccia Galiamina, facendola crollare a terra, non l’aveva certo aiutata a rialzarsi. Non appena era riuscita a rimettersi in piedi, quattro poliziotti l’avevano buttata in una camionetta senza ascoltare le sue proteste perché rispettass­ero la legge. La camionetta era piena di dimostrant­i arrestati, quasi tutti dell’età dei suoi gli. In un’intervista, Tatiana Lokshina, direttrice del programma Human Rights Watch di Mosca, ha denito quello che è successo a Galiamina «un attacco scandalosa­mente violento a un’attivista indomita, democratic­a, ponderata». Il 12 giugno, con lei, la polizia ha arrestato più di mille dimostrant­i. «Il Cremlino sa rispondere alle critiche pubbliche solo con gli arresti e la violenza. È un chiaro segno del fallimento del governo», ha sottolinea­to in una recente intervista Alexander Cherkasov, direttore del Memorial Human Rights Center. Il leader russo Vladimir Putin, che secondo i sondaggi gode addirittur­a dell’85 per cento di consenso pubblico, non sembra prendere molto seriamente l’opposizion­e. In un talk show televisivo di quattro ore con le chiamate dal pubblico, Putin ha a“ermato che era pronto a parlare solo con chi nell’opposizion­e fosse stato in grado di proporre delle soluzioni. «Avrei avuto un’innità di soluzioni da proporre», dice Galiamina. D’altronde, non è una principian­te nella lunga lotta dell’opposizion­e: nel 2013 aveva partecipat­o alle elezioni per la Duma della città di Mosca e nel 2016 per quelle della Duma di Stato, pur sapendo che le sue possibilit­à, persino prima di iniziare la campagna, erano praticamen­te pari a zero. Quest’anno, soprattutt­o, ha guidato le manifestaz­ioni principali contro una nuova legge che permette allo Stato di demolire i complessi residenzia­li dell’era sovietica. «Moltissime fabbriche e interi impianti sono stati chiusi, lasciando milioni di persone senza lavoro, ma almeno alle persone rimanevano le case, una proprietà», ha spiegato Galiamina in un’intervista. «Ma la nuova legge permette allo Stato di privare migliaia di famiglie di Mosca degli appartamen­ti in cui hanno vissuto per anni, e di trasferirl­e ovunque i funzionari decidano». All’inizio del mese, Galiamina e i suoi sostenitor­i hanno invitato dei rappresent­anti della Duma di Stato, dell’Amministra­zione presidenzi­ale e del Municipio della città di Mosca a una tavola rotonda con i portavoce della società civile. «Si sono presentati solo un paio di funzionari di basso livello. Purtroppo il governo non vuole riconoscer­e i movimenti di democrazia dal basso, e riuta il dialogo con la società civile». Seduta sul suo letto, Galiamina scrolla il capo, e con voce ›ebile dice che intende partecipar­e a una delle prossime manifestaz­ioni anti-Putin previste a luglio, nonostante le sue precarie condizioni di salute: «Non ci è rimasto altro da fare, prenderò parte al movimento di protesta contro le violazioni dei diritti dei cittadini». Quello che le dà speranza è che la natura della protesta è cambiata: «Sei anni fa, i nostri attivisti avevano riposto molte speranze in Dmitry Medvedev e nei suoi progetti innovativi», spiega Galiamina in ospedale. «Adesso invece, molti degli ex sostenitor­i di Putin si uniscono alle manifestaz­ioni, gente che sognava la stabilità ma che ora sta per perdere l’unica cosa che gli rimane, la casa. Ecco, queste persone stanno diventando cittadini responsabi­li». (traduzione di Gioia Guerzoni)

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