MODELLO MELANIA
MA CHE BELLEZZA, SIAMO ANCORA PRIGIONIERE DI BARBIE E SOGNIAMO IL
Secondo l’ultima notizia scema, frutto probabilmente dell’intraprendente marketing di un chirurgo plastico texano – e come ogni succosa notizia scema subito rimbalzata ai quattro angoli del pianeta, rubrica barbarica compresa –, ora le donne americane vorrebbero assomigliare tutte a Melania Trump. Tanto che il dottor Franklin Rose avrebbe ideato la formula «Melania Makeover»: un pacchetto di operazioni chirurgiche comprensivo di lifting, rinoplastica, liposuzione e rifacimento del seno. E ci sarebbe questa signora Claudia Sierra, con tanto di fotogra a, che avrebbe speso 50 mila dollari per melanizzarsi, e regalato a Inside Edition questa perla: «Lei è la nostra rst lady e non vedo l’ora di somigliarle sempre più. Voglio sentirmi come la rst lady che so di avere dentro». Eccerto. A parte che la frase «voglio sentirmi come la rst lady che so di avere dentro» è agghiacciante per molti motivi, ultimo dei quali che la vita da rst lady, una persona privata della libertà e compressa tra mille obblighi formali, mi sembra sostenibile solo con grande motivazione etica e politica, credo sia utile soermarsi su questa realtà: esistono nel mondo, una volta le vedevamo solo nei concorsi di bellezza americani ma ora un po’ ovunque comprese le foto di Instagram delle nostre glie, milioni di donne che lavorano ostinatamente a un obiettivo: ottenere un aspetto sico omologato da oggetto sessuale. Probabilmente molte di loro sono intelligenti – come molte ragazzine che vedo su Instagram protendere labbra e seno e incavare la pancia – eppure hanno quel modello sico in testa, da bambola giuliva. Perché? Che cosa trasmette quel modello, a parte il vecchio messaggio di richiamo a uomini con cui poi si annoieranno per tutta la vita? A quelle ragazzine poi non importa di accreditarsi sessualmente, quel che cercano, indipendentemente dal richiamo che esercita, è un aspetto sico universalmente riconosciuto come vincente: gambe lunghe e magre, pancia piatta, seno, zigomi, bocca grande, occhioni, capelli. Sono una minoranza quelle che hanno voglia di distinguersi, valorizzare e amare anche i propri difetti. E se sono così non è certo colpa loro, ma delle loro madri, ovvero noi, che per evolute o involute che siamo non abbiamo mai saputo liberarci dalla schiavitù di un aspetto estetico più o meno omologato. Quale donna non si sente mai abbastanza magra, o abbastanza bella? Che cosa abbiamo in testa per cui non ci piacciamo mai abbastanza?
L’anno prossimo saranno 50 anni dal Sessantotto, inteso, tra le altre cose, come rivoluzione sessuale e femminista. Che bilancio sbilenco saremo costrette a fare, se il modello universale oggi è una modella che ha sposato un anziano miliardario, come in una barzelletta sugli anni ’90. Volevo scrivere un pezzo spiritoso ma mi rendo conto che su questo argomento perdo il senso dell’umorismo. Mi prenderò della moralista, ma trovo triste che le donne non si siano ancora liberate, anzi, che oggi ancor più di un tempo siano prigioniere del modello Barbie. La bellezza è una cosa importante, intima, una grazia da coltivare, non può essere appiattita, banalizzata, perseguita con la chirurgia estetica. Con rispetto per Melania Trump che sarà anche una brava persona, e non è colpa sua se è nata con le gambe lunghe e gli zigomi alti, ma Melania è Melania, Claudia Claudia e Daria Daria, non possiamo essere tutte uguali.