Vanity Fair (Italy)

AMO MIO MARITO

EBBENE SÌ, LO CONFESSO:

- ILLUSTRAZI­ONE ANDRÉ DA LOBA Caro Massimo,

Devo vergognarm­i di amare mio marito? Al lavoro bonariamen­te mi canzonano quando parlo al cellulare con lui perché ho le stelline negli occhi, dicono. E quando racconto che sono molto felice, apriti cielo. Persino un vecchio amico di scuola mi ha ridicolizz­ata in un supermerca­to, con la complicità di una cassiera, dicendo che io posso essere innamorata, ma non mettere la mano sul fuoco che lo sia anche mio marito. Secondo questo ex compagno bisognereb­be cambiare partner ogni dieci anni. Mio marito e io stiamo insieme da venti. Lui non era per niente il mio tipo, ma è stato colpo di fulmine, come se fosse già assegnato al mio destino. In questa società si può parlare all’in€nito di €gli, del marito rompi, ma fa strano essere innamorate dell’uomo che hai sposato? Io non sono innamorata dell’idea dell’amore e ho sempre detto: o innamorata persa o single a vita. Il destino ha scagliato la freccia e mi sono perdutamen­te innamorata del mio Enrico, col respiro, i sorrisi, le lacrime di tutta la mia vita. Devo tenere un basso pro€lo? Non esternare con intensità i miei sentimenti? Aspetto illuminazi­oni. —LAURA Per le illuminazi­oni consiglio sempre di rivolgersi a un elettricis­ta. Qui si procede a lume di candela, ma con tanta ammirazion­e per chi indica la strada dell’amore-che-non-passa. Innamorars­i è come smettere di fumare: «Facilissim­o», diceva Mark Twain, «io l’ho fatto un’innità di volte». Amare risulta più complicato. Con la sua teoria dei dieci anni l’ex compagno di scuola si è tenuto largo. Molti «esperti» li rattrappis­cono a tre. Dopo di che le stelline negli occhi diventano asteroidi in caduta libera. Può darsi che dipenda da una parabola ormonale. Ma qualcuno lo imputa piuttosto a un eccesso di aspettativ­e. Siamo tutti Madame Bovary, con la sua visione dell’amore come poesia e fuga dalle responsabi­lità, mentre è anche prosa e prova di carattere. Mi accorgo di essere andato fuori tema. Tu non mi hai chiesto di commentare il fortunato impasto sentimenta­le che ha portato te e tuo marito a sdare con successo gli sbadigli del tempo. Vuoi invece sapere se la manifestaz­ione in pubblico della tua persistent­e felicità coniugale rappresent­i una tale soŒerenza per gli altri da indurli a reagire prendendot­i in giro. La risposta, purtroppo, è sì. Non tanto per l’antico pregiudizi­o maschile secondo cui i sentimenti perdono forza appena vengono portati in supercie. Ma perché in un mondo di arrabbiati la felicità è più irritante che stimolante. Ti sei mai chiesta per quale motivo i telegiorna­li sono pieni di cattive notizie? Per la stessa ragione per cui una coppia che si bacia sulle scale del condominio ti spinge a voltare gli occhi dall’altra parte, mentre la stessa coppia impegnata in un litigio furioso attira morbosamen­te la tua attenzione. Mentre leggo le malefatte dei cattivi di Gomorra, i miei difetti al confronto rimpicciol­iscono, mi autoassolv­o dai peccati di azione ma soprattutt­o di omissione che compio ogni giorno, mi schiero con le forze del bene e nisco per sentirmi una bella persona. Se invece sfoglio la biograa di san Francesco, mi rendo conto di quanto la mia vita sia meschina rispetto alla sua. Nel migliore dei casi mi sento un frustrato, nel peggiore un fallito. Lo stesso succede quando un amico viene a dirmi che ha ottenuto una promozione sul lavoro o che ha festeggiat­o le nozze d’argento tra i fuochi d’articio. Per quanto possa esserne contento, una voce interiore mi sussurra: lui ce l’ha fatta, perché tu no? E la sera mi coricherò di cattivo umore. Mentre se lo stesso amico viene a piangermi sulla spalla per la ne del suo matrimonio, lo accudirò con aŒetto sincero e mi addormente­rò sentendomi buono come san Francesco. Sono stato volutament­e esagerato e provocator­io, però non hai idea di quanto la gente sia contenta di consolare chi ritiene infelice. E di quanti si ngano tali per attirare la solidariet­à altrui. Come il tuo ex compagno di scuola, le persone dubitano della felicità altrui, ma sono sempre pronte a credere all’infelicità. Detto questo, lo scopo che mi sono dato nella vita è smentire tutto ciò che ho scritto nora, sostituend­o la pratica dell’invidia con quella dell’emulazione, che porta a vedere nel bene realizzato dagli altri un’opportunit­à per tutti, anche per me. Continua pure a spargere nel mondo il virus della felicità, cara Laura. Prima o poi ne verremo contagiati.

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