COSÌ FAN TUTTE
di MICHELE NERI foto ANNIE LEIBOVITZ Etero, lesbo, bisex, giovane o maturo: a ognuna il suo. Da Girls a Fleabag, passando per I Love Dick, nelle serie Tv sempre più spesso sono le donne a decidere in tema di AMORE, ma soprattutto di SESSO. Agli uomini non
Èrisaputo che le serie Tv del terzo millennio debbano il loro appeal all’abbinata sesso esplicito-grandi sceneggiature. Ma ora c’è una novità: un’inversione di prospettiva. Si moltiplicano titoli al cui centro – eccitante, corrosivo e sì, anche istruttivo – s’impone lo sguardo femminile sull’eros. Etero, lesbo, bisex, queer, giovane o maturo che sia: il risultato è tanto sesso, onesto, comico e fuori controllo. È la legge del desiderio che cerca di stare al passo con la confusione delle identità, e che oggi soltanto le donne – registe, autrici e protagoniste – sembrano in grado di raccontare. Prima puntata di Fleabag, scritta e interpretata dall’inglese Phoebe Waller-Bridge. La protagonista, Fleabag appunto (sacco di pulci), è a letto con un ragazzo incontrato in chat. «Dopo un po’ di piacevole su e giù, a un certo punto realizzate che ciò che desidera è il mio didietro. Ma voi siete ubriache e lui ha fatto lo sforzo di venire, per cui glielo concedete…». Phoebe lo dice rivolta a noi. Lo sguardo, disilluso ma non cattivo, dritto in macchina. Chiacchiera di sesso mentre il suo partner si dà da fare. Al risveglio, la voce fuori campo della ragazza schernisce, sempre senza cattiveria, il maschio che balbetta il suo aetto, per poi confessare che era la prima volta che una accettava di fare sesso anale con lui. Ecco le nostre debolezze scodellate in modo irresistibile. Dicile scappare a un lato sexy tanto verace da diventare una piccola lezione di comportamento. In tutta la prima stagione, distribuita da Amazon Prime, Fleabag passa da un letto all’altro. Il sesso è la soluzione per un dolore più profondo: la mancanza di lavoro, un padre abbandonico. È sesso brutto ma necessario, e racconta un modo di fare che è anche maschile. La rivolta contro gli stereotipi, la rivoluzione a puntate della fantasia sessuale femminile è cominciata anni fa, con serie che hanno dato il via a una generazione di scrittrici divertenti e tremendamente schiette. Dall’onnipresenza del corpo nudo di Lena Dunham, nelle ormai sei stagioni di Girls, a Nancy di Weeds e Alicia di The Good Wife che, per rimediare ai torti subiti, prima di tutto pensano a riprendersi il sesso, fondamentale per ritrovare un’identità. La protesta rispetto a una società che critica ogni scelta che non sia la fedeltà è una missione delle carcerate di Litcheld in Orange Is the New Black, diretto da Jenji Kohan. Qui troviamo anche sia il primo ruolo femminile – Sophia – adato a una donna transgender sia la sorpresa della terza stagione: Stella, interpretata da Ruby Rose, che si denisce gender uid, oscillante. Nel ruolo e nella vita. Dice l’australiana Ruby Rose: «Non sono un maschio. Anche se sono nata donna, non mi sento così. Sto in mezzo, il che signica avere il meglio di entrambi i sessi». Il mondo sembra così limitato, fuori da Litcheld.
Ci sono voluti vent’anni perché I Love Dick, il romanzo epistolare della scrittrice e regista Chris Kraus, diventasse attuale. La serie omonima, prodotta da Mx. Soloway (una femminista che si denisce «non binaria» e ha diretto Transparent), descrive una coppia di intellettuali di mezza età. Chris è una cineasta sperimentale (sul modello della Kraus): s’innamora di Dick (in inglese signica anche cazzo), artista concettuale. L’innamoramento diventa ossessione: lei gli scrive lettere bollenti, la sua attrazione per lui (l’attore Kevin Bacon) somiglia a quella di una stalker. Eppure non possiamo condannarla. Il perché lo dice nella sesta puntata il marito di Chris a uno sconcertato Dick, che si sente derubato
della propria privacy: da sempre, spiega, le donne sono state usate dagli uomini come stimolo del desiderio e fonte di creatività. E allora: «Perché non dovrebbe farlo mia moglie con te? Non ti piace essere una musa?». Mx. Soloway aggiunge: «Perché dovremmo andare avanti con l’idea che per gli uomini sia naturale e sexy essere decisi nei loro desideri, ma poi si aspettano che su questo tema le donne siano invece discrete, schive, passive?». Vista da qui, la follia di Chris è normale, così come le confessioni delle protagoniste della serie che, nella quinta puntata, elencano cosa le abbia eccitate. Un rinoceronte di peluche (a cinque anni), tutti i compagni di liceo, l’aria perbene di Michael J. Fox, il porno hard, le rockstar… Se vogliono usare il desiderio per capire chi sono, devono accettare che non ci si possa chiudere in una categoria sola. L’importante, come spiega l’assistente di Dick, è dire sempre: «Io sono ancora qui e cerco qualcosa a cui dire di sì!».
Questo nuovo sguardo al femminile trova in altre serie la sua arma letale nella comicità. Tutto è sdoganato ed esilarante (con qualche imbarazzo): astinenza e abbuate erotiche, orge e difetti sici, masturbazione, no alle malattie trasmesse sessualmente. Quando ho ascoltato Amy Schumer prendere in giro in The Leather Special l’odore della propria vagina, che perno nei giorni migliori (i «Good Pussy Days») puzza come «un piccolo animale da cortile», e ridicolizzare la tipica domanda pre-eiaculatoria del maschio – «E adesso dove vengo?» –, ho capito che non si fanno più prigionieri, da nessuna parte. Maschi e femmine, felici quanto si può, sulla stessa barca sgangherata. La comicità scorretta dilaga in Broad City su Comedy Central. Anche questa serie riette l’esistenza delle due protagoniste, Ilana Glazer e Abbi Jacobson: la loro vita sessuale è assurda, ma si sospetta sia vera. La bulimia erotica dell’edonista Ilana è esasperata, ma l’assenza di limiti («Ho fatto sesso con persone diverse da me, con colori diversi, forme diverse, dimensioni diverse. Gente ga e altra gente brutta, persone con l’ombelico in dentro e in fuori…») celebra il riuto di nire in una scatola. Questa prepotente richiesta di appagamento è di serie giovanissime come Broad City o Chewing Gum di Michaela Coel, ma anche di Grace and Frankie (Jane Fonda e Lily Tomlin), con due irresistibili ultrasettantenni che, dopo essere state abbandonate dai mariti scopertisi gay e innamorati l’uno dell’altro, si prendono le loro rivincite, anche passionali. L’acceso scambio tra Frankie e Brianna, glia di Grace, sul disegno esplicito che deve comparire sulle confezioni di lubricante vaginale brevettato da Frankie è irresistibile. Sono weird girls a qualunque età: strane, ma oggi è così che si fa. E hanno un motto. Chris in I Love Dick: «Non mi importa che impressione ti faccia io. Non m’importa se tu non mi desideri. Mi basta che sia io a volerti». L’invasione non è nita: il 30 giugno debutta su Netix Gypsy. Protagonista Naomi Watts. Soggetto? Il desiderio sessuale di una donna di mezza età. Al Guardian l’ideatrice Lisa Rubin ha detto che il suo intento era esaminare che cosa succede quando una donna è all’apice della vita: madre, moglie e una bella carriera. È tutto lì? «Dove sono niti i desideri di una volta? E se smetti di bloccare le tue sensazioni?». Che succede? Si vedrà. Dal canto mio ho appena googlato la posizione erotica del doppio Arco di Trionfo decantata in Broad City. Una volta erano i maschi a dirmi le novità.
PERCHÉ PER GLI UOMINI SAREBBE SEXY ESSERE DECISI, MENTRE POI LORO SI ASPETTANO CHE LE DONNE SIANO SCHIVE E PASSIVE?