Il SARTO del SOGNO
Il museo Les Arts Décoratifs di Parigi celebra CHRISTIAN DIOR e i settant’anni della maison che ha cambiato per sempre la storia della moda, restituendo alle donne il gusto per la leggerezza e l’arte di piacere
M«Mio caro Christian, i suoi abiti hanno un tale new look!». È il 12 febbraio del 1947. I saloni del numero 30 di Avenue Montaigne a Parigi sono totalmente invasi dalle creazioni oreali di monsieur Lachaume. Alle 10.30 s la, per la prima volta davanti alla stampa, un certo Christian Dior. In passerella salgono silhouette allungate, vitini strizzati, bustier sexy. L’impatto è dirompente, tanto che l’editor in chief di Harper’s Bazaar, Carmel Snow, ignara delle conseguenze che avrebbe provocato, pronuncia la fatidica frase. È la nascita del New Look e di una vera e propria leggenda della moda, che settant’anni dopo viene celebrata da una delle più importanti istituzioni culturali del mondo, Les Arts Décoratifs, con la mostra Christian Dior, Couturier du rêve, dal 5 luglio no al 7 gennaio 2018. Accanto all’universo creativo e personale del fondatore, il museo parigino ci farà scoprire anche l’opera degli stilisti che hanno portato avanti la sua eredità: dal giovanissimo e ribelle Yves Saint Laurent al razionale Marc Bohan; dall’estroso Gianfranco Ferré a John Galliano, con la sua estetica punk; dal minimalista Raf Simons no a Maria Grazia Chiuri, la prima donna alla guida della maison che, con la sua nomina nel luglio 2016, ha imposto una visione impegnata e femminista della moda. Il percorso immaginato dai curatori Olivier Gabet – direttore di Les Arts Décoratifs – e Florence Müller – del Denver Art Museum – è ricchissimo. Grandi protagonisti sono naturalmente gli abiti: oltre trecento modelli haute couture, creati tra il 1947 e i giorni nostri, dialogano con schizzi, servizi fotogra ci, lmati, pubblicità e accessori (cappelli, borse, scarpe, bottiglie di profumi…). Non mancano poi documenti inediti come lettere e manoscritti; e, dal momento che Christian era anche un collezionista, quadri, mobili e oggetti d’arte. Il lo conduttore è comunque sempre il «sogno», quel rêve che dà il titolo all’esposizione. E che ha permesso a Dior di entrare nel mito. In fondo, tutto è cominciato a Granville, in Normandia, dove la sua famiglia viveva durante la Prima guerra mondiale: il futuro couturier vedeva le signore di provincia strapparsi di mano le rare riviste femminili che arrivavano ogni tanto dalla capitale e correre dalle sarte per farsi confezionare i vestiti alla moda. Sogni da indossare per sfuggire, almeno apparentemente, agli orrori del conitto. È pensando a loro che, qualche anno più tardi, disegna il celebre tailleur Bar, il primo, quello con la giacchina di shantung color crema perfettamente modellata sul corpo della mannequin e abbinata alla gonna plissé svasata, che regala un incedere essuoso del tutto nuovo. Buttandosi alle spalle paura, cupezza e restrizioni, Dior vuole restituire alle donne il gusto per la leggerezza e l’arte di piacere: «Sottolineavo la vita e il volume dei anchi, mettevo in evidenza il petto. Per
dare più struttura ai miei modelli, feci foderare quasi tutti i tessuti di percalle o ta età, riprendendo così una tradizione da tempo abbandonata», dirà lui stesso parlando della sua rivoluzione. Una rivoluzione che ha potuto vivere in prima persona per appena dieci anni: la notte del 24 ottobre 1957, lo stesso anno in cui conquista (ed è il primo stilista francese a vantare un tale successo) la copertina del prestigioso Time, Christian Dior muore per un attacco cardiaco mentre si trova a Montecatini, in Toscana. Lo scettro, per suo stesso volere, passa a Yves Saint Laurent, che ha appena 21 anni. Il resto è storia. I creativi che si avvicendano alla guida della maison sono tutti straordinariamente talentuosi e dotati di forte personalità, ma perfettamente in grado di portare avanti, arricchendolo, lo spirito originario di Dior. Lo si capirà vedendo la mostra, che segue una linea cronologica e contemporaneamente si sviluppa attraverso ambienti simbolici, ricreati dalla scenografa Nathalie Crinière: ci sono una galleria d’arte, una strada, un boudoir, i viaggi, un giardino meraviglioso. I luoghi insomma da cui nasce l’ispirazione. Non può mancare nemmeno l’atelier, il tempio del savoir-faire e della tecnica, due elementi senza i quali l’haute couture non potrebbe esistere. E visto che una delle espressioni più alte della sartoria sono gli abiti da sera, ecco che una sezione sarà trasformata in sala da ballo per accogliere i modelli più straordinari. «Ti troverai senza soldi ma le donne ti aiuteranno, è grazie a loro che farai fortuna». Secondo la leggenda fu esattamente questo che una cartomante disse a Christian Dior leggendogli la mano quando aveva 14 anni. Così è stato. Seduta in prima la alla slata del 1947 c’è Marlene Dietrich, che da quel giorno rimane fedele allo stile della griffe sul set e nella vita. Elizabeth Taylor riceve l’Oscar come migliore attrice nel 1961 con l’abito Soirée à Rio. Grace Kelly annuncia il suo danzamento con Ranieri di Monaco fasciata in un bustino di seta bianca e nel 1967 tiene a battesimo la prima boutique Baby Dior. L’elenco è lunghissimo e scandisce tutta la storia della maison, arrivando no alle muse più recenti come Charlize Theron e Jennifer Lawrence. A loro piuttosto che a Lady Diana o alle divine già nominate sono appartenute alcune delle straordinarie creazioni esposte a Les Arts Décoratifs. Una curiosità: la prima volta che gli abiti di Dior sono entrati all’interno del museo parigino è stato il 30 novembre 1955, in occasione di un’esposizione sugli ebanisti francesi del XVIII secolo. Le modelle del grande sarto, vestite da sera, slavano tra i mobili in mostra, quasi a sottolineare l’appartenenza naturale della moda alle arti applicate e il ruolo determinante di Christian Dior nella storia del costume.