Vanity Fair (Italy)

Quando scrivo una canzone sono nudo

Dall’Usignolo d’Oro alla prima band, dalla messa rock alle radio libere, dagli «insuccessi» di Sanremo alle grandi tournée. VASCO ROSSI piace a quattro generazion­i di fan che lo festeggera­nno, in 220 mila, al concerto-record per i suoi 40 anni di canzoni.

- di ENRICA BROCARDO foto MICHAEL PUTLAND

IN DISCOTECA PER RIEMPIRE LA PISTA METTEVA SUBITO GIANNA DI RINO GAETANO: LA PRIMA SERA CENTO PERSONE, NEL GIRO DI POCHE SETTIMANE ERANO GIÀ DUEMILA

Il primo concerto di Vasco non se lo ricorda neppure lui. Il Vasco Modena Park del 1° luglio è la settecento­ttantunesi­ma volta che sale sul palco, giusto per fare i conti all’ingrosso. Ma due fatti sono incontesta­bili. Che con questa festa si celebrano 40 anni di canzoni e che nessuno al mondo prima di lui aveva messo insieme 220 mila spettatori paganti in una volta sola. Vasco Rossi, si sa, è nato a Zocca nel 1952. Da Modena ci sono circa due ore di autobus e 700 metri di altitudine. Che allora, a di„erenza di oggi, signi…cavano passare da un mondo all’altro. Dalla campagna alla città. Il piccolo Vasco mette piede a Modena per la prima volta da solo a 10 anni. Vestito e pettinato per benino dalla mamma, arriva in corriera, attraversa il parco Enzo Ferrari, quello del concertone appunto, e va a prendere lezioni di canto. Deve prepararsi alla …nale del concorso Usignolo d’Oro che si tiene in città. Vincerà con il punteggio massimo e il suo nome …nirà per la prima volta sui giornali.

Ma facciamo un salto in avanti: Sanremo 1982. Quando partecipa per la prima volta al festival con Vado al massimo, in pochi fuori dai con…ni dell’EmiliaRoma­gna lo conoscono. Eppure, a partire dalla vittoria a quello Zecchino d’Oro di provincia, non aveva smesso neppure per un secondo di fare musica. Intorno ai 14 anni aveva fondato la sua prima band, i Little Boys, a 16 aveva cominciato a comporre canzoni, a suo dire tutte orrende. E più o meno alla stessa età suonava la chitarra in un’orchestra di liscio. Nel 1973 aveva organizzat­o la sua prima messa rock (che sarebbe rimasta l’unica nonostante il grande successo), due anni dopo aveva fondato una delle prime emittenti libere, Punto Radio (che fu venduta al Partito comunista nel 1979 per ripianare i 70 milioni di lire di debiti accumulati), e aperto una discoteca con un gruppo di amici. Nel frattempo studiava all’università – Economia e commercio e poi Pedagogia – e leggeva: testi di …loso…a, psicanalis­i, teatro. Le strofe facili delle sue canzoni arrivano, …n dall’inizio, da letture complicate. Insomma, parecchia roba prima ancora di arrivare al 1977, l’anno del suo primo 45 giri Jenny/Silvia (pubblicato dall’etichetta Borgatti, specializz­ata in liscio) e della prima esibizione pubblica di cui ci sia traccia, il 16 giugno all’istituto superiore Corni di Modena. Probabilme­nte una festa di Punto Radio di cui, come succedeva a quei tempi, Vasco non era l’attrazione principale. Nessun dubbio, invece, sul debutto uœciale: in piazza Maggiore a Bologna, nel maggio del 1979. A proporgli il concerto era stato l’impresario Bibi Ballandi, che da poco aveva cominciato a lavorare nell’agenzia del padre e che lo conosceva come dj. «All’epoca, Vasco lavorava al Kiwi di Piumazzo, una discoteca in provincia di Modena», ricorda Ballandi, «aveva un carisma incredibil­e. Per riempire la pista metteva subito Gianna di Rino Gaetano. La prima sera ci saranno state cento persone, nel giro di poche settimane erano diventate duemila». Si commuove a ricordare quel periodo. La band di piazza Maggiore era nata nel sottoscala degli uœci bolognesi di suo padre Iso. «Arrivarono con i cartoni delle uova per isolare le pareti. Suonavano giorno e notte. Ho capito subito che era un genio». L’anno precedente era uscito il suo primo album, Ma che cosa vuoi che sia una canzone, con dentro un brano come La nostra relazione. Seguito, nel 1979, da Non siamo mica gli americani. Tra le tracce del 33 giri, Albachiara. In pochi se lo ricordano, ma Vasco era già Vasco allora: Anima fragile, Non l’hai mica capito, Siamo solo noi (singolo e album) e molte altre canzoni «leggendari­e» le ha scritte tra il 1977 e il 1981. A spingerlo a incidere dischi era Gaetano Curreri dei futuri Stadio. Vasco, in realtà, non ne aveva nessuna voglia. Mentre a Bibi Ballandi si deve il primo passaggio in Tv all’Altra domenica di Renzo Arbore con la canzone (Per quello che ho da fare) faccio il militare. Arbore fu uno dei primi a credere in lui: «Ecco un nuovo Battisti, ma diverso».

Aproposito, per chi non se lo ricordasse, pur di evitare la leva Vasco si autodenunc­iò come farmaco-dipendente. Amfetamine, nello specifico. Per dirla con parole sue, «piuttosto che buttare via un anno ho preferito sputtanarm­i». Nonostante quello di piazza Maggiore fosse stato un concerto improvvisa­to con un gruppo messo su in fretta e furia, il successo fu immediato. E così, Vasco e la sua band continuano a suonare. Si esibiscono alle Feste dell’Unità, nelle boccio‚le, anche in locali semivuoti. «A Torino, è capitato di fare un concerto con dieci paganti. Un’altra volta ci siamo trovati in un teatro tenda nel Reggiano in mezzo al fango», ricorda il produttore Guido Elmi, al ‚anco di Vasco da allora ‚no a oggi, con l’eccezione di una brutta rottura che si consuma ai tempi di Liberi Liberi (1989) e che verrà ricucita tre anni dopo con l’album Gli spari sopra. Vasco elimina i lenti dalla scaletta per evitare possibili contestazi­oni – in quegli anni piuttosto frequenti – e tira avanti. Il divertimen­to e le ragazze non mancano e, comunque, ormai ha deciso che deve farcela e ci mette tutta la sua determinaz­ione. Il numero di concerti e il pubblico crescono anno dopo anno. Una progressio­ne lenta. Inframmezz­ata da alcune svolte. La prima nel 1983. L’allora organizzat­ore di Sanremo Gianni Ravera gli chiede di partecipar­e di nuovo al Festival. Vasco porta Vita spericolat­a, si piazza penultimo (l’anno prima era arrivato ultimo), ma il 45 giri vende bene. E, poi, lo stesso anno c’è la vittoria al Festivalba­r con Bollicine. Quando viene arrestato per detenzione di cocaina nel 1984, Vasco ha già pubblicato sei album, uno all’anno. Non che non sia famoso. Eppure, in quegli anni, l’idea di poter radunare decine di migliaia di persone ai concerti è inconcepib­ile per qualunque artista italiano. «Quando, alla ‚ne degli anni Ottanta, feci 15 mila persone a Reggio Emilia, pensavo di aver raggiunto il massimo», mi disse.

Èil suo manager di allora, Enrico Rovelli, nel 1989, a proporgli di tentare, per l’estate successiva, gli stadi: San Siro a Milano e il Flaminio a Roma. Tania Sachs che inizia a lavorare per Vasco come u˜cio stampa proprio in quell’occasione e che, da allora, è sempre rimasta al suo ‚anco, ricorda come la notizia viene accolta, per usare un eufemismo, senza troppa enfasi. «Uscì un articolo su Panorama in cui si parlava dei grandi concerti della stagione. Vasco stava su due righe e in copertina c’era Sting. “Sai, in cover mettono sempre i più belli”, gli disse il suo amico e collaborat­ore di sempre Floriano Fini per consolarlo». Quell’anno a Milano arrivano in 70 mila, 45 mila a Roma. Si calcola che in questi 40 anni, Vasco abbia radunato 20 milioni di persone. Su di lui sono stati scritti centinaia di libri. Ne sono usciti tre solo in questi giorni: Il giovane Vasco. La mia favola rock di Marco Mangiarott­i (Poligra‚ci Editoriale, pagg. 127, € 15) sugli inizi, Vasco da rocker a rockstar di Michele Monina (PaperFirst, pagg. 196, € 16) e XL - 40 anni di canzoni (con i miei commenti) (Mondadori, pagg. 530, € 20), aggiorname­nto del volume del 2005 con tutti i suoi 176 testi. Il fan club ha 26 mila iscritti, a loro è riservato l’ingresso il 29 giugno al soundcheck di Modena (hanno aderito in 12 mila). La maggior parte dei fan, spiega il responsabi­le Luigi Lamarina, «ha fra i 35 e i 60 anni, ma il pubblico che lo segue copre quattro generazion­i». Perché Vasco piace così tanto? Si potrebbero trovare tante risposte. Ma una, credo, sta in quello che mi disse anni fa: «Quando scrivo una canzone sono nudo, sono veramente me stesso come non sarei mai davanti a una persona e quando la canto sul palco torno con la mente al momento in cui l’ho composta e riprovo le stesse emozioni. Quando senti qualcuno esprimere un qualcosa che non avresti il coraggio di dire, capisci che non sei da solo e tutto diventa molto più sopportabi­le».

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