UN BACIO UNA PISTOLA
Non gli somiglia solo fisicamente. Ha anche deciso di fare il suo stesso mestiere, perché gli piacciono i set e le scene d’azione (pure quelle d’amore). Così, SCOTT EASTWOOD non ha problemi a parlare di papà Clint. Anche se ci ringrazia per la domanda sulla mamma
Sei glio di Clint Eastwood, gli somigli come una goccia d’acqua, fai l’attore. Puoi prenderla male, come farebbero in molti («niente domande su mio padre, io sono io»), oppure prenderla bene, come fa Scott, e citare il papà di continuo, con aetto e gratitudine. «Mi ha insegnato molto». Racconta di avere imparato a guidare a 13 anni sul pick-up del ranch di Clint. E di avere scoperto, grazie a lui, quanto sia importante allenarsi ogni giorno, n da ragazzino. «Sulla ginnastica, mio padre è una specie di macchina, avevo 15 anni quando mi ha dato le prime dritte sul sollevamento pesi. Poi, certo, ho dovuto impegnarmici io». Diciamo che l’impegno si vede, perché il
sico di Scott Eastwood non passa certo inosservato. Non a caso, al cinema sta interpretando ruoli che potremmo de nire degni di un Clint 2.0. Azione, un po’ di ironia, un tocco di romanticismo ma senza smancerie. Ha debuttato a vent’anni, come ovvio, in un lm del padre (Flags of Our Fathers) e per un po’ non ne ha nemmeno usato il cognome, preferendo quello della madre, Reeves. E quindi, sì, quello Scott Reeves che interpretava Trey in Gran Torino ( danzato della vicina di casa Hmong) era sempre lui, il quarto glio del regista. In seguito si è ripreso il
cognome di papà e ne sta facendo buon uso: Fury con Brad Pitt, Snowden diretto da Oliver Stone, il blockbuster Suicide Squad, ma soprattutto Fast & Furious 8 dove, in un certo senso, ha sostituito il defunto Paul Walker che, tra l’altro, era un suo caro amico. Le automobili (belle, veloci) sono di nuovo al centro del prossimo lm in cui lo vedremo: Overdrive, in uscita il 23 agosto. Girato a Marsiglia e dintorni, racconta di due ladri d’auto d’epoca. Assieme a Scott, coprotagoniste del lm sono una Bugatti del 1937 e una Ferrari 250 GTO del 1962. Le auto, questo grande mito da maschio alfa, fanno parte della sua vita, nel bene e nel male. Tre anni fa, la ragazza di Scott, Jewel Brangman, morì in un incidente proprio come Paul Walker. Ma la vita continua, e il cinema pure. Quindi il giovane Eastwood, senza paura e forse in cerca di catarsi, si impegna come un matto. «Mi piace la complessità delle scene d’azione, il modo in cui le prepariamo prima, è una forma di coreograa. Quando posso, faccio da solo, senza usare la controgura. Il nostro è un lavoro molto sico, l’esperienza diretta aggiunge valore, oltre a essere divertente. Amo l’adrenalina di questi momenti». Scott si interrompe un attimo e poi aggiunge: «Guardi, alla ne, credo che sia proprio per fare questo genere di cose che sono diventato attore. Avere una pistola e poi baciare una ragazza!». Ride. Confessa che vorrebbe lavorare ancora con il padre, «il mio regista preferito, comunque». Ma aggiunge che non gli dispiacerebbe essere diretto da Ridley Scott o fare qualcosa con Denzel Washington, «attore strepitoso». Denzel adesso è diventato anche regista, gli dico. «Lo so, è bravissimo. E mi dicono che è velocissimo, un po’ come Ridley Scott e come mio padre. Il che, per un regista, è una grandissima virtù». Appena ha guadagnato un po’ di soldi, ovviamente, Scott si è comprato una macchina: «Era una Ford Crown Victoria del ’91», ricorda. «Se diventassi molto ricco vorrei una Ferrari, la macchina più sexy che esista. Il colore? Potrei farmene fare una con la stampa animalier? No, scherzo. Facciamo pure rossa. Banale, ma se è la prima, deve essere rossa». Parliamo di ragazze (ne ha una, Maddie Serviente, li hanno fotografati insieme spesso negli ultimi mesi), dice di essere un tipo molto romantico ma aggiunge che tra una cena con una bellissima donna noiosa e una birra con gli amici, preferirebbe la seconda. Gli domando che professione avrebbe scelto in alternativa al cinema e non resiste a buttare lì un’altra battuta, promuovendo Overdrive: «Il ladro di macchine! Vabbè, scherzo. Da piccolo volevo fare il pompiere o il poliziotto, come tutti i bambini, ma non avevo chissà quali ambizioni». Lavorare in questo ambiente ed essere accusati di nepotismo è quasi scontato. «All’inizio, nessuno mi prendeva sul serio. Sei il glio di Clint Eastwood, recitare sarà un hobby, mica sei un vero attore, mi dicevano. Infatti, io pensavo che non sarei durato molto, invece le cose cominciano a funzionare. E mi piace. Mio padre mi ha coinvolto nei suoi progetti e questa è stata la mia fortuna iniziale, ma poi ho dovuto fare da me. Non ha mai telefonato a nessuno dicendo “Ciao, sono Clint Eastwood, prendi mio glio nel tuo lm”». Eppure il rapporto con il padre è chiaramente la chiave della sua storia personale che non deve essere stata facilissima, a dispetto di questa apparenza solare, delle battute e delle risate con cui si racconta. Mentre stava con Sondra Locke, Clint ebbe una relazione con un’assistente di volo, Jacelyn Reeves, da cui ha avuto due gli: Scott appunto, e Kathryn. Per qualche anno, Scott e la madre hanno vissuto alle Hawaii, per poi trasferirsi in California, dove tuttora vivono. «La mia infanzia hawaiana è stata bellissima», ricorda. «Stai in contatto con la natura, è una vita senza fronzoli, non so se mi spiego. Conta solo l’Oceano. Si pesca, si fa surf, si cammina in paesaggi meravigliosi. Non c’è bisogno d’altro». Gli chiedo che tipo sia sua madre e risponde con un sorriso entusiasta: «Quanto mi piace questa domanda! Mi chiedono sempre di papà e di lei mai niente. Dunque: è la mia migliore amica, mi ha insegnato l’importanza di essere sinceri, credo che abbia fatto di me una brava persona».