Vanity Fair (Italy)

UN BACIO UNA PISTOLA

- di PAOLA JACOBBI foto GREG LOTUS

Non gli somiglia solo fisicament­e. Ha anche deciso di fare il suo stesso mestiere, perché gli piacciono i set e le scene d’azione (pure quelle d’amore). Così, SCOTT EASTWOOD non ha problemi a parlare di papà Clint. Anche se ci ringrazia per la domanda sulla mamma

Sei glio di Clint Eastwood, gli somigli come una goccia d’acqua, fai l’attore. Puoi prenderla male, come farebbero in molti («niente domande su mio padre, io sono io»), oppure prenderla bene, come fa Scott, e citare il papà di continuo, con aetto e gratitudin­e. «Mi ha insegnato molto». Racconta di avere imparato a guidare a 13 anni sul pick-up del ranch di Clint. E di avere scoperto, grazie a lui, quanto sia importante allenarsi ogni giorno, n da ragazzino. «Sulla ginnastica, mio padre è una specie di macchina, avevo 15 anni quando mi ha dato le prime dritte sul sollevamen­to pesi. Poi, certo, ho dovuto impegnarmi­ci io». Diciamo che l’impegno si vede, perché il

sico di Scott Eastwood non passa certo inosservat­o. Non a caso, al cinema sta interpreta­ndo ruoli che potremmo de nire degni di un Clint 2.0. Azione, un po’ di ironia, un tocco di romanticis­mo ma senza smancerie. Ha debuttato a vent’anni, come ovvio, in un lm del padre (Flags of Our Fathers) e per un po’ non ne ha nemmeno usato il cognome, preferendo quello della madre, Reeves. E quindi, sì, quello Scott Reeves che interpreta­va Trey in Gran Torino ( danzato della vicina di casa Hmong) era sempre lui, il quarto glio del regista. In seguito si è ripreso il

cognome di papà e ne sta facendo buon uso: Fury con Brad Pitt, Snowden diretto da Oliver Stone, il blockbuste­r Suicide Squad, ma soprattutt­o Fast & Furious 8 dove, in un certo senso, ha sostituito il defunto Paul Walker che, tra l’altro, era un suo caro amico. Le automobili (belle, veloci) sono di nuovo al centro del prossimo ‚lm in cui lo vedremo: Overdrive, in uscita il 23 agosto. Girato a Marsiglia e dintorni, racconta di due ladri d’auto d’epoca. Assieme a Scott, coprotagon­iste del ‚lm sono una Bugatti del 1937 e una Ferrari 250 GTO del 1962. Le auto, questo grande mito da maschio alfa, fanno parte della sua vita, nel bene e nel male. Tre anni fa, la ragazza di Scott, Jewel Brangman, morì in un incidente proprio come Paul Walker. Ma la vita continua, e il cinema pure. Quindi il giovane Eastwood, senza paura e forse in cerca di catarsi, si impegna come un matto. «Mi piace la complessit­à delle scene d’azione, il modo in cui le prepariamo prima, è una forma di coreogra‚a. Quando posso, faccio da solo, senza usare la contro‚gura. Il nostro è un lavoro molto ‚sico, l’esperienza diretta aggiunge valore, oltre a essere divertente. Amo l’adrenalina di questi momenti». Scott si interrompe un attimo e poi aggiunge: «Guardi, alla ‚ne, credo che sia proprio per fare questo genere di cose che sono diventato attore. Avere una pistola e poi baciare una ragazza!». Ride. Confessa che vorrebbe lavorare ancora con il padre, «il mio regista preferito, comunque». Ma aggiunge che non gli dispiacere­bbe essere diretto da Ridley Scott o fare qualcosa con Denzel Washington, «attore strepitoso». Denzel adesso è diventato anche regista, gli dico. «Lo so, è bravissimo. E mi dicono che è velocissim­o, un po’ come Ridley Scott e come mio padre. Il che, per un regista, è una grandissim­a virtù». Appena ha guadagnato un po’ di soldi, ovviamente, Scott si è comprato una macchina: «Era una Ford Crown Victoria del ’91», ricorda. «Se diventassi molto ricco vorrei una Ferrari, la macchina più sexy che esista. Il colore? Potrei farmene fare una con la stampa animalier? No, scherzo. Facciamo pure rossa. Banale, ma se è la prima, deve essere rossa». Parliamo di ragazze (ne ha una, Maddie Serviente, li hanno fotografat­i insieme spesso negli ultimi mesi), dice di essere un tipo molto romantico ma aggiunge che tra una cena con una bellissima donna noiosa e una birra con gli amici, preferireb­be la seconda. Gli domando che profession­e avrebbe scelto in alternativ­a al cinema e non resiste a buttare lì un’altra battuta, promuovend­o Overdrive: «Il ladro di macchine! Vabbè, scherzo. Da piccolo volevo fare il pompiere o il poliziotto, come tutti i bambini, ma non avevo chissà quali ambizioni». Lavorare in questo ambiente ed essere accusati di nepotismo è quasi scontato. «All’inizio, nessuno mi prendeva sul serio. Sei il ‚glio di Clint Eastwood, recitare sarà un hobby, mica sei un vero attore, mi dicevano. Infatti, io pensavo che non sarei durato molto, invece le cose cominciano a funzionare. E mi piace. Mio padre mi ha coinvolto nei suoi progetti e questa è stata la mia fortuna iniziale, ma poi ho dovuto fare da me. Non ha mai telefonato a nessuno dicendo “Ciao, sono Clint Eastwood, prendi mio ‚glio nel tuo ‚lm”». Eppure il rapporto con il padre è chiarament­e la chiave della sua storia personale che non deve essere stata facilissim­a, a dispetto di questa apparenza solare, delle battute e delle risate con cui si racconta. Mentre stava con Sondra Locke, Clint ebbe una relazione con un’assistente di volo, Jacelyn Reeves, da cui ha avuto due ‚gli: Scott appunto, e Kathryn. Per qualche anno, Scott e la madre hanno vissuto alle Hawaii, per poi trasferirs­i in California, dove tuttora vivono. «La mia infanzia hawaiana è stata bellissima», ricorda. «Stai in contatto con la natura, è una vita senza fronzoli, non so se mi spiego. Conta solo l’Oceano. Si pesca, si fa surf, si cammina in paesaggi meraviglio­si. Non c’è bisogno d’altro». Gli chiedo che tipo sia sua madre e risponde con un sorriso entusiasta: «Quanto mi piace questa domanda! Mi chiedono sempre di papà e di lei mai niente. Dunque: è la mia migliore amica, mi ha insegnato l’importanza di essere sinceri, credo che abbia fatto di me una brava persona».

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