CRITICANO GLI ALTRI
I NOSTRI POLITICI, CHE NON LEGIFERANO SU FINE VITA E
La storia del piccolo Charlie Gard – il bambino britannico con una malattia incurabile per il quale è stata decisa da medici, scienziati e tribunali, Corte europea dei diritti compresa, la disattivazione dei sistemi che lo tengono artificialmente in vita – spezza il cuore. Ai suoi genitori vanno tutto l’affetto e la solidarietà possibili. Ma in tutti i Paesi del mondo, compreso il suo, nessuno ha strumentalizzato questo caso quanto ha fatto l’Italia. La nostra classe politica, mai riuscita a produrre uno straccio di legge su fine vita e testamento biologico, si è sentita in compenso largamente in diritto di esternare su questa dolorosissima vicenda, spesso in maniera del tutto disinformata, come se fosse in possesso di informazioni che tribunali, medici e scienziati britannici e internazionali ignoravano. Come se loro, i nostri politici, fossero i buoni, e gli altri i cattivi, i disumani, che per qualche motivo misterioso e malvagio decidevano a cuor leggero di privare della vita un bambino indifeso e di far soffrire crudelmente i suoi genitori.
Il povero Charlie Gard soffriva di una sindrome da deplezione del Dna mitocondriale, gli organuli che forniscono energia alle cellule, una malattia genetica che porta danni irreparabili a molti organi vitali e al cervello. Ha vissuto intubato e collegato ai macchinari che lo tenevano artificialmente in vita la maggior parte dei suoi pochi mesi. I medici hanno seguito i protocolli per alleviare le sue grandi sofferenze, mentre i genitori hanno del tutto comprensibilmente cercato qualsiasi alternativa possibile alla sua perdita. Hanno scoperto per esempio che negli Stati Uniti, a New York, si sta sperimentando in laboratorio una terapia che ha permesso di allungare la vita di poche settimane a topi con una malattia simile. Ma i ricercatori americani che stanno sperimentando sui topi hanno detto che Charlie non avrebbe tratto alcun vantaggio da una terapia ancora sperimentale e mai testata sull’uomo, e che il viaggio negli Stati Uniti avrebbe aggiunto ulteriori sofferenze al bambino, provato da mesi e mesi di terapia intensiva. I giudici della Corte Suprema hanno tenuto in considerazione tutti questi aspetti, le valutazioni degli esperti e le sentenze già emesse nel Regno Unito, lavorando nell’interesse e a tutela dei suoi diritti.
La Corte Suprema britannica ha scritto infine una sentenza molto umana e approfondita, come ha fatto la Corte europea dei diritti dell’uomo. Erano tutti d’accordo che nell’interesse del piccolo i macchinari dovessero essere staccati. Per quanto ingiusto, doloroso e disumano questo possa apparire. Di fronte a casi strazianti come questo bisognerebbe avere rispetto delle sentenze e del dolore di chi soffre, e non cercare una ribalta mediatica effimera, superficiale e disinformata, come purtroppo in Italia non pochi hanno fatto.