È sbagliato andare in vacanza a Lampedusa?
Se sia giusto o sbagliato fare turismo su un’isola dove arrivano persone in stato di estrema miseria e nei cui pressi altre perdono la vita è parte di un problema più generale relativo a quanta distanza dobbiamo mettere tra noi e le tragedie del mondo perché il nostro viaggiare sia un’attività moralmente lecita», spiega Corrado Del Bò, professore di Filosoa del diritto all’Università di Milano e autore del libro Etica del turismo. Responsabilità, sostenibilità, equità (Carocci). «Credo che non sia moralmente sbagliato fare turismo se nel mondo succedono tragedie, mentre lo è se queste si consumano sotto i nostri occhi. La richiesta che i drammi siano fuori dal nostro campo visivo può certo sembrare ipocrita, ma a me pare che ssi un criterio convincente per distinguere quando il turismo è moralmente lecito e quando non lo è». L’autore del saggio ricorda le immagini dei turisti stesi a prendere il sole a qualche decina di metri dai teli bianchi che coprivano i morti dello tsunami che devastò le coste del Sud-Est asiatico nel 2004. «Questo però non è il caso di Lampedusa», spiega Del Bò, «che è un’isola di circa 20 chilometri quadrati in cui solo alcune aree sono interessate dai drammatici eventi che sappiamo. E dobbiamo fare attenzione a usare con troppa disinvoltura un criterio geograco: nessuno probabilmente sosterrebbe che dobbiamo smettere di andare in Sicilia perché in alcuni punti del suo territorio (di oltre 25 mila chilometri quadrati) si vericano tragedie analoghe a quelle di Lampedusa». O in Italia, in generale, perché ai suoi porti attraccano le navi con i migranti.